La RAI ha trasmesso a distanza molto ravvicinata tre inchieste giornalistiche riguardanti il mondo dell’allevamento, coerenti con quelle a cui ci avevano abituato in passato Milena Gabanelli (Report) e Giulia Innocenzi (Animali come noi), solo per citare le firme più famose.

La prima in ordine di tempo è stata la puntata “I divoratori del pianeta” del 28 Marzo 2020 di Mario Tozzi nella trasmissione Sapiens: un solo pianeta. La seconda e la terza sono la puntata della trasmissione Indovina chi viene a cena, ideata e condotta da Sabrina Giannini, del 29 Marzo 2020, intitolata “Il virus è un boomerang”, e la puntata del 5 Aprile 2020 intitolata “Cosa mangeremo”.

Tutti e tre i reportage, in continuità con trasmissioni analoghe di periodi precedenti, hanno accusato l’allevamento intensivo d’inquinare il pianeta, di arrecare gravi sofferenze agli animali e di essere in parte responsabile di creare le condizioni di diffusione di gravi malattie nell’uomo.

Le reazioni non si sono fatte attendere. Il 2 Aprile 2020 i Presidenti di ASSICA (Nicola Levoni), UNAITALIA (Antonio Forlini), ASSOCARNI (Luigi Cremonini), ASSALZOO (Marcello Veronesi), ASSOLATTE (Giuseppe Ambrosi) e Carni Sostenibili (Giuseppe Pulina), ossia delle associazioni della filiera agroalimentare italiana dei prodotti di origine animale, hanno scritto una lettera, presumibilmente alla RAI e alla politica, contestando le suddette trasmissioni per il loro mettere in cattiva luce la produzione di latte e carne italiana. Non si è fatta attendere neppure la reazione di Agrinsieme con due lettere di disappunto sui contenuti delle trasmissioni sopra citate, una indirizzata al presidente della RAI Marcello Foa e l’altra a Teresa Bellanova, Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, e siamo convinti che non tarderà ad arrivare la reazione della Coldiretti (pubblicata in seguito all’articolo qui).

Certamente, in un momento come questo in cui il nostro paese sta soffrendo moralmente ed economicamente per via della COVID-19 e sta dimostrando una solidarietà sociale sorprendente, queste inchieste giornalistiche sono veramente fuori luogo.

Gli ultimi tempi ci hanno visto tutti spettatori di trasmissioni RAI che mettono sotto accusa gli allevamenti intensivi e delle reazioni delle associazioni di categoria e dei sindacati agricoli. Sembrerebbe però che dai fatti nulla cambi e che la diffidenza e il disappunto dei consumatori verso l’allevamento intensivo cresca costantemente, nonostante le pubblicità rassicuranti dell’industria agro-alimentare e dei Consorzi di Tutela dei prodotti a denominazione.

Quella che manca a mio avviso è un dialogo sereno e pacato tra le parti. Un dialogo in cui si possano confrontare le ragioni e trovare delle soluzioni. Ci sono indubbiamente degli aspetti dell’allevamento dei “food animals” che infastidiscono la coscienza dei consumatori e che necessitano di dialogo, e forse di qualche passo indietro.

L’ultima puntata di “Indovina chi viene a cena”, ossia quella del 5 Aprile 2020, nella parte relativa alle bovine da latte mette a nudo una debolezza della filiera del latte bovino che con un po’ di buona volontà e consapevolezza del primato dei consumatori potrebbe essere facilmente risolta.

Già nella puntata “Sorella mucca” di Animali come noi del 27 Marzo 2017 di Giulia Innocenzi, abbiamo visto un giornalismo d’inchiesta inedito. Questa trasmissione ha rappresentato una realtà e un dialogo a cui noi operatori siamo abituati ma che “sbattuto in faccia” senza filtri ai consumatori ha sortito un effetto devastante.

A questo modo di fare giornalismo d’inchiesta si deve contrapporre una dialettica nuova e che non dia l’impressione che le lobby degli allevatori e dell’industria agroalimentare possano tarpare le ali alla libertà della stampa.

E poi, come abbiamo scritto più volte, se ci sono aspetti della zootecnia che tutti insieme abbiamo costruito che suscitano indignazione nella gente e che difficilmente possono essere narrati è bene lavorarci e rapidamente perché, come disse Enrico di Navarra nel 1500, “Parigi val bene una messa”.