In un articolo pubblicato sulla rivista “Agronomy” si riportano l’analisi, i risultati e le raccomandazioni scaturite da uno studio promosso dalle Società e dalle Organizzazioni scientifiche italiane che raccolgono i ricercatori del settore.
- In che direzione è andata la ricerca a vantaggio dell’agroalimentare biologico nazionale e come si è mossa l’innovazione per il e del settore in Italia negli ultimi 10 anni?
- Come è stata sostenuta?
- Quali iniziative vanno adottate per rimuovere gli ostacoli a uno sviluppo del complesso ricerca e innovazione (R&I), sia nel concreto operativo che nel quadro della politica a suo supporto?
Sono questi i temi di uno studio che, promosso dalle Società e dalle Organizzazioni scientifiche italiane che raccolgono i ricercatori che si occupano di agricoltura organica, analizza le modalità di erogazione e accesso ai finanziamenti per lo sviluppo di ricerche sul bio e l’implementazione dei programmi, partendo dall’esame dei principi e delle metodologie che la comunità scientifica italiana attenta al biologico considera irrinunciabili per una ricerca di qualità in questo settore.
Dall’esame dei 70 progetti di ricerca ed innovazione finanziati nel periodo 2009-2018 in Italia, rispettivamente dal Mipaaf e dalle Amministrazioni Regionali attraverso i PSR, emerge un eccesso di specializzazione ed una dimensione frammentaria, con una difficoltà a realizzare interventi di lungo periodo (e respiro) e su una scala più ampia e sistemica: un limite che è in gran parte imputabile alla carenza di una pianificazione nazionale e di finanziamenti certi, come pure ad un carente coordinamento tra organismi centrali e regioni.
Nel dettaglio, il finanziamento complessivo della ricerca nel biologico nel 2009-18 ad opera del Mipaaf è stato di poco più di 21 milioni di euro (come dire lo 0,094% del valore di mercato del settore nella media del periodo. Per capirsi, il target europeo fissato per la ricerca nella strategia Europa 2020 è 3% del PIL). Di questi, circa il 30% dei finanziamenti è stato destinato ai progetti di analisi di mercato e alle attività di supporto all’Amministrazione sul fronte normativo, mentre una quota assolutamente marginale è stata destinata alle ricerche sulla qualità degli alimenti biologici e la loro trasformazione.
I 53 progetti regionali innovativi rivolti all’agricoltura biologica, per un totale di 14,3 milioni di euro (meno del 10% dell’intero finanziamento disponibile), hanno invece sostenuto iniziative destinate ad una definizione più rapida di soluzioni. La limitata numerosità di progetti approvati, di poco superiore al 9% dei finanziamenti concessi con tali strumenti, nonostante il biologico superi ormai il 15% della superficie agricola nazionale, è però compensata dal notevole attivismo delle aziende bio che figurano in più di un terzo delle iniziative di innovazione finanziate dalle Regioni.
Il protagonismo degli operatori socio-economici del biologico aiuta a far emergere un’ulteriore chiave di lettura offerta dallo studio. L’analisi evidenzia infatti una percentuale relativamente elevata di progetti di ricerca ed innovazione con approccio multi/interdisciplinare, ma anche la necessità sollevata dalla comunità scientifica di migliorare ulteriormente questo approccio, come anche di intensificare la partecipazione di tutti gli attori coinvolti per garantire lo scambio e l’interazione di saperi e la democratizzazione della ricerca, accorciando la distanza tra tavola, campo e laboratorio. Per la stessa ragione, la comunità scientifica nazionale vicina al bio è orientata per un approccio open source, limitando al massimo il ricorso a brevetti. I ricercatori segnalano anche la necessità di risolvere il cortocircuito che deriva dalla attuale applicazione delle norme sugli aiuti di stato da parte del Mipaaf, che limita la possibilità di finanziare direttamene i privati che si impegnano a svolgere attività di ricerca, riducendo la possibilità di un loro coinvolgimento attivo nei progetti.
La necessità di un processo maggiormente partecipativo vale anche nel rapporto tra ricercatori, produttori ed istituzioni. “Possiamo affermare che le istituzioni in Italia hanno saputo cogliere solo parzialmente la spinta che veniva dalla comunità scientifica nazionale del biologico e dagli attori del settore”, si legge nelle conclusioni del lavoro, che suggerisce alcune raccomandazioni specifiche per garantire una ricerca di alta qualità, ovvero:
- un coinvolgimento efficace e paritetico degli operatori nei percorsi di R&I in biologico;
- una rapida revisione delle procedure di finanziamento dei produttori che operano come co-ricercatori, bypassando le incompatibilità degli Aiuti di Stato;
- una maggiore interazione tra operatori della ricerca stimolando la cooperazione tramite bandi di ricerca aperti;
- un ampliamento dei fondi destinati alla ricerca a vantaggio del biologico;
- permettere una concorrenza tra i progetti di innovazione non confinata ad una “riserva indiana” destinata al bio, come avviene in talune regioni italiane;
- una migliore articolazione dei percorsi di ricerca e d’innovazione tale da rispondere ad un più coordinato disegno strategico di sviluppo del settore.
Tali suggerimenti possono aiutare l’Italia a concorrere agli obiettivi dello European Green Deal e della strategia Farm to Fork (dalla azienda agricola al piatto) i quali fissano la soglia del 25% di biologico sui terreni agricoli europei entro il 2030 per migliorare la sostenibilità del sistema alimentare – praticamente dopodomani.
L’Italia deve fare uno sforzo in questa direzione ed un primo passo è evitare di definanziare ulteriormente il settore della ricerca bio come potrebbe accadere con l’approvazione del Disegno di Legge 988/2018 che spalmerebbe in altri ambiti i fondi raccolti con la tassa del 2% sui fertilizzanti e i pesticidi di sintesi chimica che, ai sensi della Legge 488/99, vanno primariamente destinati al potenziamento delle attività di ricerca per il settore.
L’articolo originale, pubblicato sulla rivista scientifica Agronomy, può essere liberamente scaricato al link riportato di seguito.
Levers and Obstacles of Effective Research and Innovation for Organic Food and Farming in Italy
by Stefano Canali1-2, Daniele Antichi 2-3, Simona Cristiano 4, Mariangela Diacono 2-5*,Valentina Ferrante 6-7, Paola Migliorini 8-9, Francesco Riva 10, Alessandra Trinchera 1-2, Raffaele Zanoli 11-12 and Luca Colombo 2-13.
1) Council for Agricultural Research and Economics, Research Centre for Agriculture and Environment (CREA-AA), Via della Navicella 2-4, 00184 Roma, Italy.
2) Italian Research Network for Organic Research (RIRAB), 00159 Roma, Italy.
3) Department of Agriculture, Food and Environment, University of Pisa, Via del Borghetto 80, 56124 Pisa, Italy.
4) Council for Agricultural Research and Economics, Research Centre for Policy and Bioeconomy (CREA-PB), Via Po 14, 00198 Roma, Italy.
5) Council for Agricultural Research and Economics, Research Centre for Agriculture and Environment (CREA-AA), Via Celso Ulpiani 5, 70125 Bari, Italy.
6) Department of Environmental Science and Policy (ESP), Università degli Studi di Milano, Via G. Celoria 10, 20133 Milan, Italy.
7) Italian Association for Organic and Biodynamic Animal Production (Zoo.Bio.Di.), 20133 Milano, Italy.
8) Department of Agriculture, University of Gastronomic Sciences, Piazza Vittorio Emanuele, 9, Bra (CN), 12060 Pollenzo, Italy.
9) European Association for Agroecology (Agroecology Europe), Rue Crotière 36, B-7530 Gaurain-Ramecroix, Belgium.
10) Council for Agricultural Research and Economics, Central Administration, Project Research Management Office (CREA-AC), Via Po 14, 00198 Roma, Italy.
11) Department of Agricultural, Food and Environmental Sciences (D3A), Università Politecnica delle Marche, Via Brecce Bianche, 60131 Ancona, Italy.
12) Italian Research Association on Organic Farming (GRAB-IT), 00159 Ancona, Italy.
13) Italian Foundation for Research in Organic and Biodynamic Agriculture (FIRAB), Via Pio Molajoni 76, 00159 Rome, Italy.
*Author to whom correspondence should be addressed.
Agronomy 2020, 10(8), 1181; https://doi.org/10.3390/agronomy10081181