La spesa delle famiglie per gli acquisti agroalimentari registra una ulteriore lieve flessione nel secondo trimestre 2016, che porta il cumulato del primo semestre 2016 a -1,2 punti percentuali rispetto al primo semestre del 2015. Tale flessione, dopo la lievissima ripresa del 2015 (+0,3% su base annua) ed il calo dell’anno ancora prima (-1,1% nel 2014 rispetto al 2013), è il riflesso di un mercato ancora molto incerto, dove la pacata dinamica inflattiva ha in parte celato, per alcune tipologie di prodotto, l’andamento calante delle quantità acquistate. Nella fase di bassa inflazione che ha caratterizzato il 2015 e questo primo stralcio di 2016, secondo quanto sostenuto da Istat nel suo rapporto annuale 2016, la variazione del reddito lordo si è tradotto quasi interamente nella crescita del potere di acquisto delle famiglie, tornato ad aumentare per la prima volta dal 2008. Questo ha permesso una buona ripresa della spesa per i beni durevoli, e per i servizi alberghieri e ricreativi, non sempre accompagnata da un egual recupero della spesa improntata per i generi alimentari, interessati da una dinamica comunque inflativa fino al 2015 e che rappresentano, in base sempre ai dati Istat, il 17,7%del totale consumi delle famiglie residenti (va evidenziato che nonostante l’attuale ripresa del potere di acquisto, questo resta inferiore del 10% ai livelli pre-crisi del 2008-2009). Se infatti nel 2015 si era registrata un lieve recupero della spesa per l’agroalimentare, i dati elaborati da Ismea sui risultati dei Panel Nielsen (“vendite presso la distribuzione” ed “acquisti delle famiglie”), evidenziano per questo primo semestre 2016, una nuova contrazione della spesa. La tendenza degli acquisti in valore rimane negativa per molti comparti di analisi, soprattutto, ancora una volta, per i prodotti proteici che rappresentano un terzo della spesa totale per l’agroalimentare.
Tab 1. – Dinamica degli acquisti domestici nazionali di prodotti agroalimentari – Variazioni e quote %*
Una contrazione che coinvolge in questo caso, oltre ai prodotti alimentari, anche le bevande, che vedono il loro peso sul totale della spesa scendere da 11,2 a 10,7 punti percentuali. In tale scenario, alcuni distinguo sono tuttavia doverosi, per le diverse e contrapposte tendenze seguite dai comparti del “fresco sfuso” rispetto a quelli del “confezionato”. In particolare, i prodotti confezionati (provvisti di codice EAN) con un’incidenza complessiva di quasi i due terzi (63%) sul carrello della spesa, hanno segnato in questo primo semestre del 2016 una dinamica positiva con un recupero sui valori del 2015 del +1,2%, per il contributo soprattutto dei derivati dei cereali, della frutta e del segmento ittico, segmenti in cui il prodotto confezionato dotato di codice EAN rappresenta rispettivamente il 73% il 44,8% ed il 42% del venduto in termini di spesa. Al contempo i prodotti freschi, venduti per lo più a “peso variabile” (senza Codice EAN), hanno segnato una evidente flessione della spesa, nell’ordine del -5,8% su base annua, alla quale hanno contribuito i forti cali dei prodotti carnei (-6,9%) e lattiero-caseari (-5,9%), per i quali il canale dello sfuso rappresenta, rispettivamente, il 90% e il 33% del totale vendite. Ad eccezione degli olii, anche tutti gli altri prodotti venduti senza Codice EAN è stata rilevata una tendenza flessiva. Nello specifico dei beni alimentari, tra i comparti che hanno riportato un trend di crescita positiva, nel primo semestre 2016, si ravvisano solo quello dei prodotti ittici e quello della frutta. Ai prodotti ittici le famiglie italiane hanno dedicato il 7,4% della loro spesa agroalimentare complessiva, (era il 7,2% nel 2015). L’aumento della spesa per gli ittici nel suo complesso nel primo semestre è del 2% (rispetto al primo semestre del 2015, dopo il +4,3% nel 2015 rispetto al 2014) e risulta trainato soprattutto dal prodotto fresco e decongelato per il quale la spesa cresce del 4%; mentre restano pressoché stabili gli acquisti di conserve (+0,1%) ed affumicati (-0,3%), che continuano a rappresentare- in termini di spesa- quasi un quarto del comparto (22%). Il 50% della spesa è invece rappresentato dal prodotto fresco, il 19% dal congelato ed il 9% dai prodotti salati e affumicati. Per quanto riguarda la spesa destinata alla frutta, il primo semestre 2016 registra un aumento tendenziale del +1,1%, cui contribuiscono gli agrumi (+5,8%), ma soprattutto la frutta in guscio (+9,2%). In lieve flessione la spesa per la frutta trasformata (-0,7%) trainata in basso dalla contrazione di acquisti di succhi di frutta (3,6%). La spesa per ortaggi, invece, nel primo semestre del 2016 torna leggermente a comprimersi (-1,4%), con cali del 2,1% nel caso specifico dei prodotti di IV gamma e dello 0,6% per i prodotti trasformati, per la flessione della spesa per le conserve di pomodoro e, in modo minoritario, per quella di surgelati (-0,4%). Le patate, di converso, registrando un trend positivo (+16,2%), hanno contribuito a contenere il risultato negativo dell’intero comparto. Nel 2015, l’aggregato, sospinto da una tendenza inflazionistica, aveva registrato a valori correnti una crescita del 2,1% (su base annua), cui però corrispondeva in volume una contrazione del 2,4%. Le maggiori contrazioni, (spesso a seguito delle questioni socio-culturali in voga relative ad etica e salute), si registrano per i prodotti carnei, con una spesa in forte contrazione già nel 2015 ed una flessione di pari entità anche nei primi sei mesi del 2016. Più da vicino, la spesa destinata ai prodotti del settore ha registrato, nei primi sei mesi dell’anno in corso, una contrazione tendenziale complessiva del -6,1%, che ha investito tutti i segmenti, dunque non più solo le carni rosse ma anche le bianche. La situazione di debolezza dei consumi appesantisce oltremodo il dato già negativo del 2015 (-5,7% rispetto al 2014). Tali dinamiche stanno portando ad un’erosione progressiva della quota di spesa destinata a questo comparto, passata nel 2016 al 10,5% dall’11,2% del 2014, con una riduzione della sua importanza relativa sulla spesa alimentare complessiva. Anche a livello di singolo comparto, si osserva che le dinamiche che stanno caratterizzando l’incipit del 2016 sono la prosecuzione di quanto osservato nell’anno lasciato alle spalle. Così, in riferimento alle carni suine, nel primo semestre del 2016 si è assistito ad un calo molto evidente (del -9,1% in valore), sulla scia delle flessioni già registrate nel 2015 (-8,8% in valore, rispetto al 2014).
Seguono le carni bovine, per le quali l’arretramento – di 5,7 punti percentuali – si rivela di pari entità a quello osservato nel 2015, e quindi le carni avicole, per le quali invece il calo del primo semestre del 2016 (-4,5%) risulta più forte di quello medio riportato nel 2015 ( -1,1% in valore). Per quanto riguarda i salumi, nel primo semestre 2016 si registra una importante flessione della spesa (5,6%), che aggrava i cali dei due anni precedenti: del -1% la flessione del 2015; del -2,2% quella del 2014 corrispondenti verso il 2013. In particolar modo le flessioni riguardano i prodotti elaborati, come i wurstel, che segnano, rispetto all’analogo periodo dello scorso anno, una flessione della spesa del 19%, con un’importante perdita di quote di mercato da ascriversi, oltre che ad un a contrazione dei volumi venduti, anche ad una riduzione del prezzo medio di vendita, per il negativo effetto dei comunicati dei media post dichiarazione dell’OMS dell’autunno 2015 Nel complesso risulta in riduzione anche la spesa sostenuta per l’acquisto di prosciutti sia crudi (-4,4%) che cotti (-3,8%).
Resta negativo, ed anche in lievissimo peggioramento rispetto al dato del 2015, il bilancio del comparto lattiero caseario: alla flessione registrata nel 2015 (-3,4%), si aggiunge quella del -3,4% del primo semestre 2016 su base annua, in valore. Il comparto, cui viene destinato il 14% della spesa agroalimentare complessiva, continua a soffrire del trend negativo dei consumi di latte (che rappresentano circa un quinto del totale comparto) per i quali nel 2016 si registra una contrazione della spesa del 6,1%, (più accentuata nel caso del fresco rispetto all’UHT). Anche la spesa per formaggi, sulla scia di quanto osservato nel 2015, mostra generalizzate flessioni (-3,4% nel complesso), che investono soprattutto i semiduri ed i molli, mentre si attenua il trend negativo dei duri. L’unico segmento che non riporta una dinamica di spesa negativa sembra essere quello degli yogurt per i quali la spesa risulta assolutamente invariata rispetto all’analogo periodo del 2015. Per quanto riguarda la spesa dei derivati dei cereali – segmento che rappresenta nel primo semestre 2016 il 14,6% del totale spesa familiare per beni agroalimentari – dopo la lieve flessione registrata nel 2015 (-0,5% in valore, su base annua), nella prima metà del 2016 essa replica gli stessi livelli di spesa di inizio 2015 (+0,1%). Tale stabilità è frutto della dinamica immutata su fondo cedente dei tre principali segmenti ,pane e sostituti, pasta secca e prodotti della prima colazione (che da soli rappresentano più del 64% del comparto e che hanno registrato dinamiche stabili-calanti rispettivamente dello 0,3%, 0% e 0,8%), combinato con le dinamiche positive degli altri prodotti di minor quota, quali il riso (con spesa in crescita del +3,6%), gli gnocchi (con spesa incrementata del 2,7%), la pasta fresca (+1,8%), le basi per pizza (+3,8%) ed i dolci da ricorrenza (+6,8%); prodotti che sommati insieme rappresentano il 20% della spesa per il comparto dei derivati dei cereali. Infine, l’analisi del comparto delle bevande alcoliche e analcoliche, indica anche per i primi sei mesi del 2016 una lieve tendenza flessiva dopo l’aumento del 2015 (+3,2% rispetto al 2014). In particolare nel 2015 la spesa sostenuta per l’acquisto di acque minerali (che rappresentano il 30% di quanto speso per le bevande) aveva segnato un incremento dell’8,9% su base annua, per un aumento corrispondente nei volumi di oltre 7 punti percentuali. Dinamica questa confermata anche nel primo trimestre 2016, con una spesa che cresceva del 5% rispetto all’analogo periodo dello scorso anno, poi affievolitasi nel secondo trimestre, fino a portare la crescita complessiva della spesa nel semestre al +1,6%. Le birre, a fronte di un aumento contenuto nei volumi (+0,4%), avevano segnato nel 2015 un incremento di spesa di quasi 6 punti percentuali, il tutto grazie alla diffusione di prodotti artigianali di maggior pregio; consolidato il nuovo atteggiamento di acquisto, la spesa complessiva del primo semestre 2016 torna a riallinearsi con quella del 2015 (-0,1%). I vini, che nel 2015 rappresentavano il 2,6% della spesa media annua di ciascuna famiglia, hanno segnato in questo primo frangente una flessione della spesa (-4,1%) alla quale hanno contribuito soprattutto gli sfusi, mentre un maggior interesse è stato rilevato per gli spumanti che hanno messo a segno un incremento del 10,8% in termini di spesa. Quest’ultimo item, nel primo semestre del 2016 segna la migliore performance, sempre in termini di spesa, tra le bevande alcoliche ed analcoliche.
Fonte: Ismea