All’ombra dell’allevamento intensivo di pianura e dei media ci sono le tante e caleidoscopiche realtà degli allevamenti di montagna. Lontani dagli acronimi americani della FE, IOFC, PR, CR, HDR, ICSI e dalla cultura dei protocolli e spesso dalla lingua italiana ci sono, e sono tanti, i piccoli allevamenti di vacche dove si produce un latte che generalmente non si diluisce nel mare di quello che sta diventando sempre più una commodity, ma diventa materia prima di quell’eccellenza italiana spesso sconosciuta e a diffusione locale. Sono modalità di allevare le vacche da latte ovviamente non esportabili nella pianura ma è grave quando avviene il viceversa. Ho avuto modo di conoscere Simone, Arnaldo, Domenico, Giuseppe, Pietro, Modesto, Cesare, Ezio, Bruno Pagani e Bruno Roncari, gruppo affiatato di allevatori della Lessinia (Verona) che condividono un rapporto romantico con il loro essere allevatori di montagna. Le loro vacche utilizzano da Aprile a Novembre il pascolo su prati permanenti talmente “scomodi” da non essere utilizzabili in altro modo se non per produrre latte. Celestino detto “il barba”, papà di Simone, è un purista dell’essere un Alpino e con i suoi simboli, carisma e simpatia contribuisce al grande affiatamento del gruppo. Merito anche di Giovanni Battista Tonon e del suo caseificio quello di rendere possibile la sopravvivenza e di dare dignità a questa realtà. Tutti allevamenti biologici, ovviamente, che producono un latte che Giovanni Battista trasforma in una mozzarella molto apprezzata dai francesi e che presto utilizzerà l’STG “latte fieno”. Una piccola filiera che crea ricchezza da un latte prodotto da vacche pienamente inserite nel ciclo naturale e che offre un prodotto buono e sano alla gente che lo consuma. Nonostante le grandi difficoltà giornaliere di spostare le bovine su pascoli più rigogliosi, di portarle a mungere e la ovvia bassa produzione nessuna lamentela è uscita dagli “eroi della Lessinia”. Il mantra della crisi e della catastrofe imminente non appartiene al loro pensare e al loro parlare, abituati come sono al duro lavoro e al condividere con la natura la loro sopravvivenza.
L’amore che hanno per la loro terra e le loro tradizioni e il sentirsi un gruppo prevalica le difficoltà e l’aspettativa di guadagnare sempre di più. Questo non significa che sia sbagliato che gli allevamenti di pianura seguano la logica del profitto e della massima efficienza, gestendo la loro attività come se fosse una qualsiasi impresa che produce una materia prima e dove la regola dell’economia di scala è quella auspicabile. Il latte di questi allevamenti però finisce nell’inghiottitoio delle commoditiy dove deve competere a livello globale e il suo prezzo viene stabilito da persone e in luoghi per lo più sconosciuti. Latte dietro il quale esiste comunque anche in pianura una storia da raccontare.
Dopo una giornata con loro e sulla via del ritorno alla così detta normalità, sono tante le doverose riflessioni.
Buona parte del territorio del nostro paese sono zone montane, dove a stento sopravvive una zootecnia invisibile ai più ma che ha una grande importanza nel tramandare le tradizioni locali, custodire il territorio e perché no, il gusto, i sapori e la salute della gente che mangia i loro prodotti.
Sono economie del risparmio e della frugalità ben lontane dall’inevitabile modello di gestione dell’agricoltura di pianura dove liquidità e possibilità di crescere sono il viatico del profitto. Dove le vacche sono parte integrante della famiglia.
I due modelli di allevare le vacche e di interpretare l’esistere non sono comparabili e nessuno è migliore dell’altro ma, certamente, non possiamo unificare né prezzi e né destinazione del latte prodotto da queste realtà così diverse.
Degna di plauso la piccola filiera degli “eroi della Lessinia”, definizione non ufficiale ma molto adatta. Bene il supporto del Caseificio Tonon che ha creduto in loro al punto di definire questa progetto “sostenibile, sano e onesto”. Probabilmente, anzi sicuramente, a breve si completerà questa filiera con l’ingresso del produttore industriale di pizze Roncadin e la distribuzione a cura di Alce Nero.