Il postpartum, nella bovina da latte, è il periodo compreso tra il parto e la completa involuzione dell’utero (Sheldon et al., 2008). In questo particolare periodo della vita riproduttiva della bovina si verificano alcuni eventi importanti, quali l’involuzione uterina, l’eliminazione della contaminazione batterica, la rigenerazione endometriale e il ritorno del ciclo ovarico (Arthur, 2001). Diversi approcci farmacologici sono utilizzati per condizionare l’evolversi del postpartum, tutti incentrati sul modulare l’attività contrattile dell’utero. Attualmente, negli allevamenti bovini, sono ampiamente usati farmaci ecbolici quali ossitocina, farmaci ossitocino-simili e analoghi naturali/sintetici delle PGF2α (Giama et al., 1976; Lindell e Kindahl et al., 1983; Vigo et al., 2001).
È stato dimostrato che il parasimpatico modula l’attività contrattile dell’utero, favorendo la vascolarizzazione e stimolando la secrezione dalle ghiandole cervicali (Hammarstrom, 1989; Yuko et al., 1996). Tali attività sono mediate dal neurotrasmettitore acetilcolina che si lega ai recettori muscarinici, M2 e M3. Il legame con il recettore M2 impedisce il rilassamento dell’utero, il legame con il recettore M3 ne promuove la contrazione (Kitazawa et al., 2008). La distribuzione del recettore è influenzata dall’ormone predominante: l’attività estrogenica stimola la sintesi del recettore M2, riducendo quella del recettore M3. Entro le 24 ore successive al parto, gli estrogeni sono ancora presenti in alte concentrazioni e, pertanto, i recettori M2 sono i sottotipi del recettore muscarinico maggiormente espressi (Katsuhiko et al., 2014).
Recentemente, inoltre, è stato dimostrato che anche l’utero possiede un “attivatore” della contrattilità, simile a quelli presenti a livello cardiaco o intestinale. A differenza del cuore, l’utero presenta numerosi pacemakers distribuiti attraverso tutto l’organo che si devono contrarre in maniera coordinata (Young, 2018).
Partendo da tali premesse, l’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare l’effetto della somministrazione, entro 24 ore dal parto, di un farmaco antimuscarinico, la scopolamina (Spasmolax®-ATI Srl-Ozzano dell’Emilia, Bologna, Italia), per indurre e regolarizzare l’involuzione uterina nelle vacche da latte. La scopolamina è un antagonista competitivo dei recettori muscarinici e svolge attività parasimpaticolitica, in quanto blocca il sistema parasimpatico. A differenza dell’atropina, altro farmaco parasimpaticolitico, la scopolamina risulta in forma non-ionizzata, presentando in tal modo una maggiore liposolubilità e, conseguente, miglior capacità di attraversamento delle membrane cellulari. La scopolamina è usata nel controllo degli spasmi della muscolatura liscia; per esempio, è utilizzata come spasmolitico contro ipermotilità gastroenterica, uterina, urinaria, biliare e bronchiolare (Booth et al., 1988; Rossi e Cuomo, 2005).
Sono state selezionate 40 vacche dopo il parto, tra la terza e la quinta lattazione, tutte esenti da malattie infettive e infestive, con parti eutocici e senza ritenzione placentare.
Le bovine sono state divise in due gruppi: gruppo T (trattato con scopolamina butilbromuro 40 mg/100 kg PV, entro 24 h dal parto Spasmolax®, ATI, Srl- Ozzano dell’Emilia, Bologna, Italia) e gruppo C (trattato con 2 ml/q di soluzione salina, NaCl 0,9%).
Le vacche sono state monitorate a T0, entro 24 ore dalla somministrazione, T7, T14, T28 e T40 rispettivamente al 7°, 14°, 28° e 40° giorno dopo il parto, misurando i livelli di idrossiprolina (HYP), un importante marker dell’involuzione uterina. Mediante esame ecodoppler sono state effettuate la misurazione del diametro del corno uterino e la valutazione dell’indice di pulsatilità e di resistenza, a livello di arteria uterina media. Sono stati, inoltre, considerati gli indici riproduttivi, monitorando l’intervallo parto-concepimento e le percentuali di gravidanza.
Dall’analisi dei dati ottenuti è risultato che l’HYP ha presentato concentrazioni più elevate nel gruppo T rispetto al gruppo C, con una differenza statisticamente significativa a T7 e T40. Ciò indica un maggiore riassorbimento della componente “collagene” e, quindi, una migliore involuzione uterina. Tale risultato è stato corroborato dai reperti ecografici che mostrano una riduzione del diametro uterino da T7 a T40, con valori più bassi nelle bovine trattate rispetto a quelle controllo. Per quanto riguarda l’indice di pulsatilità dell’arteria uterina media è stato riscontrato un aumento nel gruppo trattato rispetto al controllo, con una differenza statisticamente significativa a T7. È stato, infine, osservato un migliore intervallo parto-concepimento e una percentuale di gravidanza più alti nel gruppo T.
Da questi risultati è possibile ipotizzare che la scopolamina abbia temporaneamente bloccato le contrazioni dell’utero, nel post partum, per la durata della sua emivita (2-3 ore) e, che, in seguito alla scomparsa dell’effetto farmacologico indotto dalla scopolamina, l’utero abbia iniziato a contrarsi più efficacemente e in maniera regolare (effetto rebound) (Teixeira, 2013).
Pertanto, possiamo concludere che la scopolamina è una valida alternativa all’approccio farmacologico con sostanze ecboliche tradizionali, come prostaglandine e ossitocina, nella gestione del post partum delle vacche da latte. È preferibile, infatti, che si abbia una regolarizzazione della contrattilità uterina piuttosto che ipocinesia (contrazioni poco frequenti, o di breve durata o poco intense), o ipercinesia (contrazioni molto frequenti, prolungate o intense) o addirittura discinesia (contrazioni irregolari, propagazione anomala, o abnorme elevazione del tono basale). Tali aberrazioni della fisiologica contrattilità, non essendo funzionali, bloccano o ritardano la restitutio ad integrum del tessuto.
Bibliografia
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