Questa lettera si rivolge solo a chi ha voglia di capire come stanno realmente le cose, ben sapendo che “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”. L’umanità ha pagato, e sta pagando, un prezzo inaudito a causa delle ideologie fondamentaliste sia in campo religioso che sociale. Tanta gente ha sofferto per questo e poche volte è riuscita a difendersi.  Negli ultimi tempi l’atteggiamento di chi ha molto accesso ai media nei confronti degli allevamenti delle vacche da latte ha raggiunto livelli di inaudita violenza, diffondendo pregiudizi a cui “noi che chiamiamo vacca la mucca” non riusciamo a replicare perché quasi mai coinvolti. Questo non per “complotti”, ma semplicemente perché la verità non sempre si ha voglia di ascoltarla e l’argomento “il vero rapporto dell’uomo con la natura” a volte è doloroso da affrontare perché non è mai stato completamente metabolizzato dall’umanità.

Il rapporto tra l’uomo e Madre Natura è sempre stato difficile e controverso.   Se si volesse affrontare l’argomento con disinteressata sincerità e reale voglia di migliorare le cose, questo livello di guerriglia urbana e rurale non si sarebbe mai raggiunto. Comunque, per chi ha voglia d’ascoltare, le cose stanno così come le descriverò.

L’uomo si è evoluto sulla terra dovendosi confrontare con gli altri esseri viventi. La lotta per la sopravvivenza e l’affermarsi del più adatto hanno plasmato gli esseri viventi e orientato i rapporti tra loro. L’uomo ha guidato l’evoluzione di alcune specie viventi ed esse a loro volta hanno condizionato l’evoluzione genetica e culturale dell’uomo. I bovini, le pecore, le capre, il cavallo, il maiale, il pollo, il cane e il gatto hanno stretto con l’uomo un ancestrale patto di mutua e reciproca sinergia, scambiandosi protezione, cibo, affetto e quant’altro e che gli ha permesso di colonizzare il pianeta a svantaggio delle innumerevoli specie selvatiche estinte o relegate nei pochi spazi “naturali” che l’uomo ha deciso di concedergli.  Madre Natura ci ha plasmato affinchè il più adatto generi più prole possibile e sempre più adatta. Questo è il vero vantaggio evolutivo. L’uomo, attraverso la gigantesca impalcatura culturale che ha costruito, ha abbellito la terra e trovato infinite, e spesso contradditorie, ragioni alle vere motivazioni del perché domare la natura alle sue necessità.

L’umanità, nel suo lungo percorso evolutivo, ha via via stretto alleanze funzionali con alcune specie selvatiche, sia predatori come lui (cane e gatto) che prede (tutte le altre), domesticandole. Con ognuna di esse ha stretto collaborazioni con finalità diverse che andavano dalla caccia, la difesa congiunta da altri predatori, la guerra, il mutuo rifornirsi di cibo o anche semplicemente per affetto. Nel lungo percorso evolutivo dell’uomo si sono avvantaggiati quelli individui che meglio hanno saputo trarre vantaggio dalla cooperazione con le specie addomesticate. Chi meglio ha saputo interagire con altri uomini e meglio sinergizzare, ad esempio, con i cani, ha avuto maggiore fortuna con la caccia, ottenendo quindi un migliore e più frequente accesso a nutrienti fondamentali come la carne, utile per la forza fisica e lo sviluppo cerebrale.

Chi ha saputo meglio gestire la domesticazione dei ruminanti ha avuto un enorme vantaggio evolutivo. Un esempio su tutti è quello del latte. Madre natura ha premiato quegli uomini che sapevano gestire meglio bovini, ovini e caprini e che erano in grado di digerire il latte da adulti. La frequenza nella popolazione umana degli individui con lattasi persistente anche in età adulta ne è l’esempio più tangibile. Un maggiore accesso a carne e latte, soprattutto in tenera età, ha dato ad alcuni individui più salute, forza, intelligenza e longevità e quindi la possibilità di generare più prole anche maggiormente adatta all’ambiente da essi occupato. La nascita delle razze, sia umane che animali, è dovuta a specifici e peculiari migliori adattamenti ad un preciso habitat ma la ragione primaria è quella prima esposta.

Con tutti gli altri essere viventi che condividono con l’uomo il pianeta, i rapporti sono invece molto difficili. Lotta senza esclusione di colpi con microrganismi, insetti, topi e quant’altro che sono pericolosi per l’uomo e gli altri esseri viventi che ha domesticato, comprese le specie vegetali. Atteggiamento di precaria tolleranza con gli esseri viventi non dannosi all’uomo e ai suoi interessi.

Ma quali vantaggi ha dato questa alleanza con l’uomo a prede e predatori domesticati? Le stesse avute dall’uomo, ossia la possibilità di diffondersi sul pianeta generando più prole possibile. Queste sono le ferree, apparentemente spietate e crudeli leggi di Madre natura che l’uomo ha sempre conosciuto, ha sempre avuto enormi difficoltà ad accettare ma dalle quali non può davvero esimersi. Le ha sempre metabolizzate con strutture culturali complesse e lo sta facendo anche adesso ma con mezzi ancor più sofisticati.  Lo scarso interesse dei media, o meglio delle persone, alle “leggi della natura” non meraviglia perché antichissimo. Diventa però un problema quando diventa motivazione di atteggiamenti giustizialisti perché nelle grandi e antiche democrazie occidentali la “propria libertà finisce quando inizia la libertà altrui”. Poi oggi l’animalismo e, più in generale, certi atteggiamenti verso l’agricoltura, sono diventati veri e propri business proprio per il facile accesso e l’incentivo dei media.

Ma torniamo ai ruminanti domestici. La non conoscenza degli esseri viventi porta l’uomo ad assumere spesso l’esecrabile atteggiamento dell’antropomorfizzazione, ossia del credere che gli animali provino gli stessi disagi, le stesse emozioni e abbiano le stesse preferenze degli uomini. L’uomo cerca da sempre questo negli animali. Molte razze di cani e gatti vengono selezionate per assomigliare sempre più all’uomo. E’ un’espressione comune nel giudicare bello uno spazio naturale dire “sembra finto”, ossia costruito dall’uomo. Un diffusissimo errore di fondo nel giudicare il benessere degli animali, siano essi domestici che selvatici, è proprio l’antropomorfizzazione.

Esempio emblematico è come l’uomo gestisce il rapporto con cani, gatti e cavalli, cioè animali allevati per lo più per scopi affettivi o sportivi. Queste specie hanno avuto un enorme vantaggio dall’essere state domesticate dall’uomo. In particolare, a predatori come il cane e il gatto l’uomo ha tolto l’incubo del procacciarsi giornalmente il cibo. Gli ha offerto in cambio ricoveri confortevoli, cura per le malattie e la possibilità di onorare l’impegno con Madre natura di diffondersi sul pianeta. Queste specie hanno dovuto però in cambio subire il duro trattamento genetico e comportamentale dell’antropomorfizzazione. Chi si ribella subisce l’esclusione dalla riproduzione che è la pena più dura che la natura infligge al “non adatto”. Gli adatti hanno dovuto rinunciare a molti dei comportamenti tipici della loro specie e, più in generale, alla libertà.

Alle prede che l’uomo ha domesticato analoga sorte. Non ci sono differenze tra animali allevati dall’uomo per cibarsene, o per cibarsi di cose che loro producono come il latte, dagli animali allevati per sport e affetto.  Li accumuna però il fatto che gli dobbiamo rispetto come lo dobbiamo in generale alla natura, e rispetto è l’ossimoro di antropomorfizzazione. Rispetto è creare quelle condizioni di vita che si avvicinano il più possibile a quelle che avrebbero avuto se fossero state ancora selvatiche, nell’ambito delle regole poste dall’uomo alla natura. E’ difficile e sconcertante per gli allevatori sentirsi fare lezioni di benessere degli animali d’allevamento da chi non ha mai fatto un’esperienza diretta e culturale dell’etologia dei ruminanti domestici. Sorprendente e sospetto è anche il rifiuto ideologico ad ogni forma di dialogo e confronto. Alcuni esempi relativi alle vacche da latte possono aiutare chi ha interesse ad ascoltare a comprendere meglio alcuni aspetti.

Il benessere della vacca da latte, al di là dell’essere una precauzione etica, è un fattore di produzione. Questo concetto deve essere ribadito senza se e senza ma. Il dolore e la sofferenza sono assolutamente incompatibili con la produzione di latte e la riproduzione. La maggior parte degli allevatori è soprattutto per questo motivo che ha dotato gli allevamenti di superfici di riposo ampie, confortevoli e non scivolose, di sistemi raffrescamento per l’estate, di spazzole per grattarsi, riparo per le intemperie, pronta cura per le malattie, acqua e cibo a volontà.

Due sono le controversie con l’opinione pubblica. La prima è il non accesso al pascolo, caratteristica diffusa negli allevamenti più grandi. Noi addetti ai lavori sappiamo bene che le vacche hanno poca voglia di lasciare i loro ricoveri per uscire all’esterno. Il fare passeggiate e sport, ossia attività che richiedono un dispendio energetico fine a se stesso, non appartengono agli animali. Essi non sanno che lo sport fa bene. Sono sviluppi culturali tipici della specie umana. Le bovine, anche avendo a disposizione la possibilità di uscire all’esterno, lo fanno solo in alcune ore della giornata se non fa troppo caldo o non fa troppo freddo, e se non ci sono insetti fastidiosi o rischi di predatori nelle vicinanze. L’erba certamente gli è gradita, ma non così fortemente rispetto al cibo che gli viene offerto. Facendo un confronto, ormai i cani e i gatti, che sembrerebbero esclusi dall’attenzione degli animalisti fondamentalisti, preferiscono di gran lunga crocchette e scatolette al cibo fresco.  La seconda controversia è l’allontanamento precoce e sistematico del vitello dalla madre. Condividiamo questa precauzione sanitaria con la medicina umana perché i primi contatti dei bambini e dei vitelli con l’ambiente esterno sono rischiosi per la loro salute. Esiste una profonda analogia tra quanto avviene nelle nursery dei bambini e quello che accade in quelle dei vitelli. Ben sanno allevatori e genitori quanti problemi crei alla salute di bambini e vitelli incontrare i coetanei negli asili nido e nelle vitellaie.

Certo è che come avviene in ogni comunità umana non tutto è sempre perfetto. Esistono persone, e tra queste ovviamente anche allevatori, che maltrattano gli animali, o meglio che non gli concedono il dovuto benessere, ma che così facendo maltrattano in primis se stessi perché animali impauriti e mal tenuti non producono assolutamente alcun reddito. Come avviene in ogni civiltà umana, esistono regole e leggi da rispettare e chi “delinque” deve essere sempre punito. Questo è quanto avviene anche per chi non rispetta gli animali e chi non rispetta l’ambiente. Ma chi vuole eticamente difendere i diritti e il benessere degli animali da reddito e dell’ambiente, e non ha altri fini ideologici o economici, ben lo sa. La ricerca scientifica sta continuamente accumulando conoscenze per rendere sempre più a “misura di bovine” e di rispetto per l’ambiente gli allevamenti.

Il medico veterinario, ossia degli animali, al pari dei colleghi che si occupano delle persone, esercita la professione sia nella sanità pubblica che privata unicamente per questo obiettivo. Chi arringa le folle sui diritti degli animali il più delle volte lo fa partendo da un presupposto sbagliato nelle fondamenta. Quello che viene percepito come rispetto etologico degli animali ha il gravissimo vizio di fondo dell’antropomorfizzazione.

La Società Italiana di Buiatria è disponibile per i media per ogni confronto sul tema del benessere e della tutela dei diritti dei bovidi, anche perché è nella sua mission.

Questa lettera è scritta da Alessandro Fantini, Presidente della Società Italiana di Buiatria, ossia dei medici veterinari che si occupano della salute e del benessere dei bovini e delle bufale.