Tina S. Nielsen1, Galam Khan2, Jennifer Davis2, Karin B. Michels3,4 e Leena Hilakivi-Clarke2
1 Department of Animal Health and Bioscience, Welfare and Nutrition, Faculty of Agricultural Sciences, University of Aarhus, Aarhus, Denmark
2 Lombardi Comprehensive Cancer Center and Department of Oncology, Georgetown University, DC
3 Obstetrics and Gynaecology Epidemiology Center, Brigham and Women’s Hospital, Harvard Medical School, Boston, MA
4 Department of Epidemiology, Harvard School of Public Health, Boston, MA

 

DOI: 10.1002/ijc.25313     Int. J. Cancer : 128, 12–20 (2011) © 2010 UICC

 

Storia: ricevuto il 16 Ottobre 2009; Accettato il 9 Febbraio 2009; Online il 15 Marzo 2010

Sponsor della sovvenzione: National Cancer Institute; Numero della sovvenzione: U54 CA000970

Corrispondenza a: Leena Hilakivi-Clarke, Department of Oncology, Georgetown University Medical Center, NRB, Room E407, 3970 Reservoir Rd, NW, DC 20057, USA, Tel.: 202-687-7237, Fax: + 202-687-7505, E-mail: clarkel@georgetown.edu

 

Il latte vaccino contiene elevati livelli di estrogeni, progesterone e di fattore di crescita insulino-simile 1 (IGF-1) tutti associati al cancro al seno. Abbiamo indagato se l’esposizione prepuberale al latte nei ratti sia in grado di influenzare lo sviluppo della ghiandola mammaria e la carcinogenesi della mammella. A dei ratti Sprague-Dawley sono state somministrate come bevanda sia del latte intero che dell’acqua di rubinetto a partire dal  quattordicesimo giorno dopo la nascita (PND) fino al trentacinquesimo PND e, successivamente, solo normale acqua di rubinetto. La carcinogenesi mammaria è stata indotta dalla somministrazione (al PND 50) di 7,12-Dimetilbenzantracene. L’esposizione al latte ha aumentato di 10 volte i livelli di E2 circolanti al PND 25 (p <0.001) e ha accelerato l’apertura vaginale (VO), che segna l’insorgenza della pubertà, di 2,5 giorni (p <0.001). Tuttavia, i ratti esposti al latte in età prepubere hanno mostrato una riduzione della tumorigenesi mammaria carcinogeno-indotta; Cioè in essi la latenza tumorale era più lunga (p <0.03) e l’incidenza era più bassa (p <0,05) rispetto ai ratti di controllo. Ai PND 25 e 50, le ghiandole mammarie dei ratti esposte al latte avevano significativamente meno gemme delle estremità terminali (TEB) rispetto ai soggetti di controllo esposti all’acqua di rubinetto (p <0.019). I livelli di proteina ER-α erano elevati nei TEB e nei lobuli dei ratti a cui veniva fornito il latte, rispetto ai ratti abbeverati con l’acqua di rubinetto (p <0.019) ma non sono state osservate variazioni nell’espressione di proteina ciclina D1, nella proliferazione cellulare o nell’apoptosi. Al PND 50 i livelli di mRNA dell’IGF-1 si sono ridotti nelle ghiandole mammarie dei ratti esposti al latte durante la pubertà. I nostri risultati ci suggeriscono che, nei ratti, bere il latte prima dello sviluppo della pubertà riduce il rischio futuro di sviluppare un cancro mammario. Questo potrebbe essere dovuto ad una diminuzione del numero dei TEB e ad una riduzione dell’espressione di mRNA dell’IGF-1 nelle ghiandole mammarie di animali a cui viene somministrato il latte.

 

Parole chiave: latte bovino, cancro al seno, esposizione prepuberale, modello animale

Abbreviazioni: DMBA:7,12-dimetilbenzoantracene; E2:17β-estradiolo; ER:recettore degli estrogeni; IGF-1: fattore di crescita insulino-simile 1; MAPK: proteina chinasi attivata dai mitogeni; PND: giorni post nascita; TEB (Terminal End Bud): gemma dell’estremità terminale; VO: apertura della vagina

 

Il latte bovino e i prodotti lattiero-caseari fanno parte della dieta quotidiana di molte persone. Il latte tuttavia contiene livelli elevati e rilevabili di numerosi ormoni e fattori di crescita, che sembrerebbero essere associati ad un aumento del rischio di sviluppare un cancro al seno, inclusi estrogeni, progesterone, leptina e fattori di crescita insulino-simili (IGF).1-4  Studi animali5-8 e alcuni studi umani9-12  suggeriscono che il latte sia in grado di aumentare il rischio di sviluppare un cancro al seno; Tuttavia, la maggior parte degli studi ha riportato che non vi è alcuna variazione del rischio associata all’assunzione di latte13-15 mentre alcuni, addirittura, hanno riportato un effetto protettivo del latte stesso.16-18 L’effetto protettivo è stato evidenziato principalmente nei confronti del cancro al seno che si può sviluppare nella pre-menopausa.16,17  Il latte assunto in età pediatrica o il consumo di latticini da parte degli esseri umani adulti è stato associato ad una diminuzione del rischio di sviluppare un cancro al seno17,19-21; Questo consumo può avere un effetto protettivo contro il cancro al seno sia in premenopausa che in postmenopausa.20,21  Un fattore che contribuisce ad avere dei risultati conflittuali riguardanti il rapporto tra il consumo di latte e il rischio di cancro al seno potrebbe essere potenzialmente una differenza nella risposta agli ormoni presenti nel latte, la quale dipende dallo stadio di sviluppo del seno al momento dell’esposizione. È stato suggerito che le tempistiche delle esposizioni ai composti estrogenici, inclusi gli ormoni endogeni e quelli provenienti dalla dieta, determinano se essi siano in grado di aumentare, ridurre o di non avere alcun effetto sul rischio di sviluppare un cancro al seno.22 In modelli animali, ad esempio, le esposizioni in utero aumentano il rischio di cancro al seno e aumentano anche il numero di gemme dell’estremità terminale (TEB) che sono i principali bersagli della trasformazione maligna nella ghiandola mammaria dei roditori e ne ritardano la differenziazione.23 Al contrario, esposizioni agli estrogeni in età pre-pubere, riducono il rischio di cancro alla mammella e sono associate ad una riduzione del numero di TEB, della proliferazione cellulare e ad un aumento dell’apoptosi all’interno delle TEB stesse.24,25  Gli studi animali che indagano riguardo il ruolo del latte intero, a basso tenore di grassi o magro sulla tumorigenesi mammaria sono tutti focalizzati sull’effetto dell’esposizione al latte dopo il trattamento con il cancerogeno mammario 7,12-dimetilbenzantracene (DMBA).5-8 In questi studi, l’alimentazione con il latte viene iniziata 24 ore/una settimana dopo la somministrazione di DMBA ed è continuata per 20 settimane. Si è riscontrato come il latte sia stato in grado di aumentare l’incidenza del tumore mammario, il numero dei tumori e il volume dei tumori, indipendentemente dal contenuto di grassi del latte, rispetto ai ratti che avevano ricevuto acqua o liquidi che erano bilanciati come il latte per quanto riguarda il contenuto di energia e nutrienti. Nel presente studio ci siamo chiesti se il consumo di latte vaccino in età prepuberale influenzasse la tumorigenesia mammaria cancerogeno-indotta e se questo consumo fosse associato a dei cambiamenti nei biomarcatori precedentemente associati ad un alterato rischio di sviluppare il cancro al seno; tra questi abbiamo esaminato principalmente: la morfologia della ghiandola mammaria, la proliferazione cellulare e l’apoptosi, l’espressione del recettore degli estrogeni α (ER-α) e il fattore di crescita insulino-simile (IGF-1) nella ghiandola mammaria.

Materiali e Metodi

Animali e trattamenti

Dai Charles River Laboratories (Wilmington, MA) sono state acquistate femmine incinte di ratti Sprague-Dawley che sono state alloggiate singolarmente in gabbie di plexiglass standard a temperatura e umidità costanti e sottoposte ad un ciclo di luce-buio di 12 ore. Tutti gli animali sono stati nutriti ad libitum con AIN93G (American Institute of Nutrition) una dieta semi-purificata per tutta la durata dell’esperimento. Il giorno dopo la nascita dei cuccioli, i maschi sono stati rimossi e le femmine sono state scambiate tra le varie madri per evitare ogni effetto di cucciolata. Ogni madre nutrice aveva un totale di 10 cuccioli femmina. Lo studio è stato eseguito in conformità con le appropriate normative istituzionali e federali. Quando i cuccioli hanno raggiunto i 14 giorni di età, le madri sono state suddivise in 2 gruppi (6 madri per gruppo,  n= 60 cuccioli femmina per gruppo) ai quali sono stati somministrati o acqua di rubinetto (ratti di controllo) o latte intero commerciale contenente il 4% di grassi acquistato in un  supermercato locale (ratti esposti al latte). Ogni giorno è stato fornito latte fresco al gruppo esposto al latte. Dal momento che in uno studio precedente non si era riscontrata alcuna differenza nel peso corporeo o nella carcinogenesi mammaria tra i ratti a cui veniva fornita acqua di rubinetto o un liquido con una composizione nutrizionale simile a quella del latte,7 abbiamo scelto di dare acqua di rubinetto al gruppo di controllo. Dopo lo svezzamento, al giorno postnatale (PND) 22, i cuccioli sono stati alloggiati 3 per gabbia e hanno continuato a ricevere lo stesso liquido fornito prima dello svezzamento fino al PND 35; Da questo giorno in avanti tutti i ratti hanno ricevuto acqua di rubinetto. Poiché i cuccioli vengono nutriti finché non vengono svezzati, anche se iniziano a consumare i pellet alimentari a circa PND 16 e occasionalmente possono anche bere direttamente dal beverino, nel presente studio i cuccioli di ratto sono stati esposti al latte vaccino durante la loro prima settimana di vita principalmente attraverso le loro madri nutrici. Tuttavia, dopo lo svezzamento, al PND 21, hanno consumato il latte vaccino o l’acqua di rubinetto direttamente dal beverino, per un totale di altre 2 settimane.

Livelli sierici di estradiolo

Al PND 25 sono stati sacrificati da ciascun gruppo 5 cuccioli di ratti di controllo e 8 cuccioli di ratto esposti al latte e il loro sangue è stato raccolto mediante puntura cardiaca. Il siero è stato separato e mantenuto a -80°C fino all’uso. Il livello di 17β-estradiolo (E2) è stato determinato utilizzando un kit EIA della Alpco Diagnostics (Windham, NH) secondo le istruzioni del produttore.

Insorgenza della pubertà, apertura vaginale (VO)

Dal PND 25 al 42, i ratti sono stati esaminati giornalmente per valutare l’apertura vaginale (VO). Nel ratto di Sprague-Dawley la VO si verifica tipicamente attorno al PND 32-34 e rappresenta la fase iniziale del raggiungimento della maturità sessuale. I ratti sono stati registrati positivi per il VO quando la vagina ha mostrato una completa canalizzazione e pervietà.

Morfologia della ghiandola mammaria. La morfologia della ghiandola mammaria è indicativa del livello di suscettibilità nello sviluppare un cancro mammario. In particolare, noi e altri studiosi abbiamo scoperto che un aumento del numero di TEB porta come conseguenza ad un aumento del rischio di sviluppare tumori mammari (rivisto in Rif. 23). I cambiamenti della morfologia della ghiandola mammaria, sia tra i ratti esposti all’acqua del rubinetto che tra quelli esposti al latte, sono stati evidenziati (al PND 25 e 50) nella quarta ghiandola mammaria di 6 fino a 8 ratti per gruppo. L’analisi delle strutture epiteliali mammarie nell’intero gruppo si è basata sulla valutazione visiva e sull’analisi dell’immagine assistita da computer. Abbiamo sviluppato una scala visiva per valutare i modelli di crescita delle cellule epiteliali mammarie.26  In questo studio, le seguenti caratteristiche delle ghiandole mammarie identificate sono state valutate in doppio cieco utilizzando una scala a 5 punti per la densità di (0: nessuna struttura rilevata, 5: numerose strutture): (i) strutture alveolari tra il linfonodo e la periferia delle diramazioni epiteliali e (ii) strutture lobulari tra il capezzolo e il linfonodo. Inoltre, è stato contato il numero di TEB nella periferia distale delle diramazioni epiteliali (definito come zona C da Russo e Russo27).

Immunoistochimica. Abbiamo determinato la proliferazione cellulare, l’apoptosi e l’espressione di ER-α e ciclina D1 nelle ghiandole mammarie dei ratti di 50 giorni. Sono stati impiegati sei ratti per gruppo e le loro terze ghiandole sinistre sono state fissate in tampone di formalina  al 10% per una notte a 4°C, disidratate con etanolo graduato e incorporate in paraffina. Il tessuto incorporato è stato tagliato in sezione (5 μm) e montato su vetri rivestiti con silano. Inclusione e montaggio sono stati eseguiti presso il laboratorio di istopatologia del Lombardi Comprehensive Cancer Center (lombardi.georgetown.edu/research/resources/indopathology).

Proliferazione cellulare –saggio PCNA

Utilizzando l’immunoistochimica per l’antigene di proliferazione nucleare (PCNA), è stata determinata la proliferazione cellulare. Salvo diversa indicazione, tutti i materiali per il test PCNA sono stati forniti dal kit Vectastain Elite ABC (Vector Laboratories, Burlingame, CA). Le sezioni sono state deparaffinate in xilene, idratate attraverso alcoli graduati e riscaldate nel forno a microonde per il recupero di antigeni con la soluzione Antigen Retrieval Solution per 20 min. Le sezioni sono state quindi incubate in H2O2 al 3% per 15 minuti per bloccare i perossidi endogeni. Le sezioni sono state lavate in soluzione salina con tampone fosfato contenenti 0,1% Triton X-100 per 20 minuti al fine di ridurre legami non specifici e sigillate con Vectastain Blocking Serum per 20 minuti. Le sezioni di tessuto sono state incubate per 4 giorni a 4°C con l’anticorpo primario contro il PCNA (Santa Cruz Biotechnology, Santa Cruz, CA) ad una diluizione di 1:700. Dopo diversi lavaggi, le sezioni sono state trattate con un anticorpo secondario (biotinilato, IgG anti-coniglio) per 1 ora a temperatura ambiente, seguito da un trattamento con avidina e con un complesso di perossidasi del rafano biotinilato per 30 minuti a temperatura ambiente. Le sezioni sono state lavate e il complesso antigene-anticorpo è stato visualizzato mediante incubazione con il cromogeno 3,3’-diaminobenzidina per 1 minuto, poi lavato e colorato a contrasto per 45 secondi con Vector’s Hematoxylin QS Nuclear Counterstain. L’indice di proliferazione è stato determinato calcolando la percentuale di cellule che avevano la colorazione PCNA positiva (sono state contate solo le cellule colorate scure) separatamente per le TEB, per le strutture lobulo-alveolari (LA) e per i dotti (circa tra le 1.000 cellule per struttura e per ghiandola). Le sezioni sono state valutate pedissequamente con l’aiuto dell’Image Tool Software.

Apoptosi – saggio TUNEL (Terminal deoxynuclotidyl transferase

dUTP Nick End Labeling)

I nuclei contenenti DNA degradato nelle sezioni delle ghiandole mammarie sono stati colorati usando il saggio TUNEL, un kit ApopTag Peroxidase (Millipore, Billerica, MA, S7101) per la rilevazione della apoptosi in situ, come raccomandato dal produttore e come descritto in precedenza.28 La percentuale di cellule andate incontro ad apoptosi è stata determinata calcolando la percentuale di cellule apoptotiche sia mediante la colorazione positiva sia con la valutazione istologica di almeno 1.000 cellule per struttura (TEB, LA o dotti).

Espressione del ER-α e proteina ciclina D1

Per la determinazione dell’espressione dell’ ER-α e della proteina ciclina D1, sezioni di tessuto mammario sono state trattate inizialmente come descritto per il saggio PCNA. Queste sezioni sono state successivamente incubate per tutta la notte a 4°C con anticorpi primari contro l’ER-α (MC-20, IgG policlonali di coniglio) nel rapporto 1:100, o contro ciclina D1 (DCS-6, IgG monoclonali di topo) (Santa Cruz Biotechnology ) nel rapporto di 1: 700. Dopo diversi lavaggi, le sezioni sono state trattate con anticorpi secondari (biotinilati, IgG anti-capra e anti-topo per ER-α e ciclina D1) e la successiva procedura è identica a quella precedentemente descritta per la colorazione del PCNA.

Espressione dell’m-RNA dell’IGF-1

Le terze ghiandole mammarie di destra provenienti da sei gruppi di ratti dell’età di 50 giorni sono state prelevate per l’analisi, mediante Real Time PCR, dell’espressione dell’mRNA del fattore di crescita insulino-simile 1 (IGF-1). Il tessuto mammario è stato raccolto e immediatamente conservato nel ghiaccio secco. L’RNA è stato purificato utilizzando il kit RNeasy Lipid Tissue Mini Kit (Quiagen, Valencia, CA) secondo le istruzioni del produttore. Il cDNA è stato inversamente trascritto a partire da 50 μg/ml di RNA totale inserito utilizzando il kit Taqman Reverse Transcription sempre come descritto dal produttore (Applied Biosystems, Foster City, CA). La Real Time PCR è stata eseguita con l’ABI Prism 7900 Sequence Detection System usando il Master Mix per la PCR, i primer e le sonde per IGF-1 (Rn_00710306_m1) (Applied Biosystems). La sonda è stata coniugata alla 6-carbossilfluouresceina fosforamidite (colorante FAM) all’estremità terminale denominata 5’ con un quencher non fluorescente situato all’estremità terminale detta 3’. L’RNA 18S di Applied Biosystems è stato utilizzato come controllo endogeno. Tutti i campioni sono stati eseguiti su piastre da 384 pozzetti in triplice copia per il gene target e per il controllo endogeno. I risultati sono stati valutati mediante la quantificazione relativa dell’espressione genica utilizzando il metodo ΔΔCT.

Tumorigenesi mammaria

Al PND 50, a 49 ratti del gruppo di controllo e a 24 del gruppo del latte sono stati somministrati 10 mg di 7,12-dimetilbenzantracene (DMBA) (Sigma Chemical Co., St. Louis, MO) mediante sonda gastrica oro-esofagea. Nei nostri studi precedenti, è stato dimostrato che 10 mg di DMBA sono in grado di indurre lo sviluppo di tumori in circa due terzi del gruppo di controllo e questo ci ha consentito quindi di valutare sia la riduzione sia l’aumento della carcinogenesi.24  A partire dalle 6 settimane dopo la somministrazione di DMBA, gli animali sono stati esaminati una volta alla settimana mediante palpazione per verificare la comparsa di tumori. La crescita del tumore è stata misurata utilizzando un calibro e per ognuno di essi sono state registrate l’estensione, la larghezza e lo spessore. Gli endpoint per l’analisi dei dati erano (i) la latenza della comparsa del tumore, (ii) il numero di animali con tumori (incidenza del tumore) e (iii) il numero di tumori per animale (molteplicità tumorale). Gli animali sono stati sacrificati quando il peso del tumore raggiungeva il 10% circa del peso corporeo totale. Tutti gli animali rimanenti, inclusi quelli che non hanno sviluppato tumori, sono stati sacrificati 18 settimane dopo la somministrazione del DMBA.

Analisi statistiche

I risultati dei livelli di estradiolo sierico, di mRNA dell’IGF-1 e di alcuni aspetti del tumore mammario (latenza e molteplicità) sono stati analizzati utilizzando il t-test. Il numero di cellule proliferanti o apoptotiche e i livelli proteici di ER-α e ciclina D1 sono stati determinati utilizzando ANOVA a due vie con l’esposizione al latte e le strutture epiteliali mammarie (lobuli, TEB e dotti) come variabili indipendenti. Anche la morfologia della ghiandola mammaria a 25 e 50 giorni di vita (densità delle gemme alveolari, dei lobuli e numero di TEB) è stata analizzata usando ANOVA a 2 vie. Le curve Kaplan-Meier sono state utilizzate per confrontare le differenze tra VO e incidenza del tumore, seguite dal test dei ranghi logaritmici. Tutti i test sono stati eseguiti utilizzando il software SPSS SigmaStat e le differenze sono state considerate significative se il p-value era inferiore a 0.05.

Risultati

Livelli sierici di estradiolo e peso corporeo

I livelli sierici di E2, misurati al PND 25, sono risultati superiori nei ratti esposti al latte dal 14° PND in poi, piuttosto che nei ratti di controllo che hanno consumato acqua di rubinetto per tutta la durata della loro vita (t = 4.49, df = 11, p <0.001) (Figura 1a). I pesi corporei sono stati determinati ai PND 50 e 75. Non sono state osservate differenze tra i ratti di controllo e quelli esposti al latte (Fig. 1b).

 

Figura 1. (a) Livelli di estradiolo sierico al giorno post nascita(PND) 25 (n = 5-8/gruppo). Significativamente diverso l’uno dall’altro: *p ˂0.05. (b) Peso corporeo al PND 50 e 75 (n= 4-6/gruppo, medie ± SEM mostrato). I ratti di controllo e quelli esposti al latte non erano diversi gli uni dagli altri

Apertura vaginale

I ratti esposti al latte in età prepuberale sono andati incontro ad un inizio precoce della pubertà, determinato mediante la valutazione dell’età al VO, rispetto al gruppo di controllo (Log Rank =23.755, p <0.001) (Fig. 2). L’età alla quale il 50% (30 dei 60 ratti) dei ratti ha mostrato un’apertura vaginale (VO) è stata di 35,5 giorni per il gruppo di controllo e di 33,0 giorni per il gruppo che consumava latte.

Figura 2. Effetti dell’esposizione al latte sull’apertura vaginale ( n = 60 per gruppo). I ratti sono stati esposti al latte o all’acqua di rubinetto tra il PND 14 e il 35, dopo di che sono stati tutti esposti all’acqua di rubinetto. L’apertura vaginale (VO) si è verificata piuttosto precocemente nei soggetti del gruppo latte: p < 0.001.

Tumorigenesi mammaria

La latenza tumorale (il tempo che è intercorso tra la somministrazione del DMBA e la comparsa del primo tumore rilevabile per animale) era più lunga nei ratti esposti al latte rispetto ai ratti di controllo (t = 2.19, df = 71, p <0.03) (tabella 1). La percentuale di ratti per gruppo che ha sviluppato tumori (incidenza del tumore) è stata più bassa negli animali esposti al latte rispetto a quelli del gruppo di controllo con acqua (Log Rank = 3.84, p <0.05) (Fig. 3). Il numero medio di tumori per animale (molteplicità) era minore nei ratti che avevano consumato latte durante il periodo prepuberale rispetto ai soggetti di controllo, ma questa differenza non ha raggiunto una significatività statistica (t = 1.62, df = 71, p <0.10) (Tabella 1 ).

Figura 3. Effetti dell’esposizione prepubere al latte sull’incidenza del tumore ( n = 49 nel gruppo di controllo e n = 24 nel gruppo del latte). I ratti esposti al latte hanno mostrato una significativa diminuzione dell’incidenza del tumore mammario: p < 0.05.

Tabella 1. Effetto dell’esposizione prepuberale al latte nella cancerogenesi mammaria indotta da DMBA

Latenza tumorale, molteplicità tumorale, incidenza tumorale. I risultati sono in media ± SEM salvo diversa specificazione.

Morfologia della ghiandola mammaria

Il numero totale di TEB è stato contato nelle ghiandole mammarie dei ratti di 25 e 50 giorni. I dati indicano che le ghiandole mammarie di ratti esposti al latte prima della pubertà contengono significativamente meno TEB rispetto alle ghiandole mammarie dei ratti di controllo che consumano l’acqua di rubinetto (F(1,18) = 6.67, p <0.019) (Figura 4a). Secondo precedenti studi,27 le ghiandole mammarie di ratti di 25 giorni contenevano significativamente più TEB rispetto alle ghiandole di ratti di 50 giorni (F(1,18) = 39,72, p <0,001). Le densità di gemme alveolari e lobuli all’interno dell’epitelio dell’albero duttale mammario sono stati determinati utilizzando una scala visiva. Non è stata osservata alcuna differenza nella densità delle gemme alveolari tra i ratti esposti all’acqua del rubinetto e tra quelli che hanno consumato il latte prima della pubertà (Figura 4b). La densità dei lobuli, comunque, è risultata essere influenzata dall’età, osservando ghiandole mammarie ottenute da ratti con PND 50 che contenevano significativamente più lobuli rispetto a quelle ghiandole ottenute da ratti con PND 25 (F(1,18) = 37.81, p < 0.001) (Figura 4c). Inoltre, i ratti a cui veniva somministrato il latte tendevano ad avere una densità lobulare inferiore rispetto ai ratti di controllo (F(1,18) = 4.02, p < 0.060).

Figura 4. Effetti dell’esposizione prepuberale al latte sulla morfologia della ghiandola mammaria al PND 25 e 50. (a) È mostrato il numero totale delle gemme dell’estremità terminale (TEBs) e (b) della densità delle gemme alveolari e (c) dei lobuli determinato visivamente utilizzando una scala compresa tra 0 e 5. I ratti esposti al latte hanno meno TEBs ( p < 0.019) e una densità lobulare più bassa ( p < 0.060) rispetto a quelli di controllo. Inoltre il numero di TEBs era più basso ( p < 0.001) e la densità dei lobuli era più elevata ( p <0.001) al PND 50 rispetto al PND 25. I valori sono espressi in media ± SEM, n = 5-6 per gruppo.

Proliferazione cellulare e apoptosi

L’esposizione al latte in età prepuberale non ha influenzato la proliferazione delle cellule mammarie (valutata mediante la colorazione PCNA) o il numero di cellule apoptotiche (valutate utilizzando il saggio TUNEL), nelle strutture lobulo-alveolari, nei TEB o nei dotti, se comparata ai ratti di controllo e determinati al PND 50 (Fig. 5). Comunque differenti strutture epiteliali mostravano livelli significativamente diversi di colorazione con PCNA (F (2,30) = 5.26, p <0.011) o di cellule apoptotiche (F (2,27) = 7.68, p <0.002). Le TEB contenevano più cellule proliferanti e cellule che sono andate incontro ad apoptosi rispetto ai dotti (p <0.008 e p <0.002 rispettivamente).

Figura 5. Effetto sulla ghiandola mammaria dell’esposizione prepuberale al latte (a) proliferazione cellulare (colorazione PCNA), valutata su scala visiva da 0 a 5, e (b) numero di cellule apoptotiche per 1.000 cellule nelle TEB, nelle strutture lobulo-alveolari (lobuli) e nei dotti. Ogni valore rappresenta la media ± SEM, n = 5-6 ratti/gruppo. Il gruppo esposto al latte non differiva da quello di controllo con l’acqua di rubinetto, ma quando comparati ai dotti, le TEB contenevano più cellule proliferanti (p <0,008) e cellule andate incontro ad apoptosi (p <0,002).

Espressione dell’ ER-α e della ciclina D1

I livelli dell’ ER-α sono stati determinati mediante l’immunoistochimica e quantizzati utilizzando una scala visiva che ha preso in considerazione il percentile delle cellule colorate positivamente (punteggio 0-5) e l’intensità della colorazione (punteggio 0-3). Quando questi punteggi sono stati combinati, le ghiandole mammarie dei ratti esposte al latte al PND 50 contenevano più cellule ER-positive, rispetto alle ghiandole dei ratti di controllo (F (1,27) = 33.83, p <0.001) (Fig. 6a). Questa differenza è stata osservata nei lobuli e nelle TEB, ma non nei dotti (F per interazione F (2,27) = 3.70, p <0.038). Nei ratti di controllo, le prime 2 strutture contenevano meno cellule positive all’ER-α rispetto ai dotti (F (2,27) = 5.50, p <0.01), mentre non sono state osservate differenze tra le diverse strutture nel gruppo di ratti esposti al latte. I livelli di proteina ciclina D1 non sono stati influenzati dall’esposizione prepuberale al latte (Fig. 6b) e nemmeno la sua espressione è diversa nelle differenti strutture epiteliali.

Figura 6. Effetti dell’esposizione prepuberale al latte sull’espressione di (a) ER-α e (b) ciclina D1 determinata utilizzando l’immunoistochimica sulle gemme dell’estremità terminale (TEB), sulle strutture lobulo-alveolari (lobuli) e sui dotti. Ogni valore rappresenta la media ± SEM, n = 5-6 ratti / gruppo. Rispetto ai ratti di controllo esposti all’acqua di rubinetto, i ratti esposti a latte hanno espresso livelli significativamente più elevati di ER-α ( p < 0.001). Inoltre, i dotti dei ratti di controllo hanno espresso in modo significativo più ER-α rispetto ai lobuli o alle TEB ( p < 0.01); Questo non è stato osservato nel gruppo del latte (interazione: p < 0.038).

Espressione dell’mRNA dell’IGF-1

L’assunzione di latte prima della pubertà è stata associata ad una significativa riduzione dell’espressione dell’mRNA dell’IGF-1 nelle ghiandole mammarie (determinata utilizzando la Real Time PCR ) al PND 50 (t = 2.58, df = 9, p <0.03) (Fig. 7).

Figura 7.  Livelli di mRNA dell’IGF-1 nella ghiandola mammaria di ratti di 50 giorni d’età misurati mediante RT-PCR. I valori sono espressi in media ± SEM, n = 5-6 per gruppo, significativamente diverso dal gruppo di controllo: * p < 0.05.

Discussione

L’unica fonte di nutrizione per i mammiferi appena nati è il latte specie-specifico, ottenuto attraverso l’allattamento. Dopo lo svezzamento esso non viene più consumato, ad eccezione degli esseri umani che continuano a consumare latte e latticini per tutta la loro vita. Inoltre i costituenti del latte vaccino, di quello umano e di quello di ratto sono tutti diversi.29,30 Abbiamo scoperto che l’assunzione di latte vaccino prima dell’inizio della pubertà poteva ridurre il rischio di sviluppare tumori mammari nei ratti. Questo risultato è in linea con gli studi sull’uomo i quali suggeriscono che il consumo infantile di latte vaccino sia associato ad una diminuzione del rischio di sviluppare un cancro mammario.17,19-21  Precedenti studi fatti sugli animali, hanno dimostrato che il consumo di latte in età adulta può promuovere la crescita di tumori mammari indotti da sostanze carcinogenetiche.5,8 I risultati degli studi umani sono però incoerenti.9-11,13-18 Questi risultati conflittuali, nei ratti e nelle donne, riflettono il fatto che gli effetti del latte vaccino dipendono anche dall’età durante la quale esso viene consumato. Infatti sta diventando sempre più chiaro che l’età, nella quale un individuo è esposto a vari componenti alimentari o ad ormoni, determina come venga influenzato il rischio di sviluppo di cancro al seno.22 Nei modelli animali, ad esempio, un’esposizione agli estrogeni prima24 e poco dopo l’inizio della pubertà31, in particolar modo a livelli che imitano quelli elevati dell’ambiente estrogenico in gravidanza,32 fornisce una protezione per tutta la vita contro la cancerogenesi mammaria. Al contrario, le esposizioni estrogeniche dopo l’iniziazione tumorale mammaria promuovono una crescita maligna.33,34 Il latte contiene elevati livelli di estrogeni e di altri ormoni e fattori di crescita.35 Il latte ottenuto da bovine non gravide o durante il primo trimestre della gravidanza contiene 0-60 ng/l di estrogeni (liberi e coniugati), mentre durante il secondo e terzo trimestre di gravidanza i livelli possono aumentare  oltre i 1.600 ng/l.1 I calcoli per una tipica mandria di bovine da latte occidentali, effettuati usando il modello dinamico SimHerd,36 dimostrano che il 42% del latte commerciale è prodotto da vacche gravide, delle quali la metà è nel loro secondo e terzo trimestre. Per questo, in seguito agli alti livelli di estrogeni in tarda gravidanza, i livelli sono alti anche nel latte commerciale.35 I livelli di estrogeni non dipendono dal contenuto dei grassi del latte dovuto agli estrogeni coniugati, che sbilanciano la maggior parte di questi ormoni, essendo immagazzinati nella frazione acquosa del latte.4,35 Abbiamo misurato i livelli di E2 circolanti al PND 25 e abbiamo scoperto che i livelli erano 10 volte più alti nel gruppo che consumava il latte che nel gruppo di controllo che beveva acqua di rubinetto. Tuttavia poiché la VO, che indica l’inizio della pubertà, si è verificata mediamente 2,5 giorni prima nei cuccioli esposti al consumo di latte rispetto a quelli di controllo (PND 33 vs 35,5) e siccome non abbiamo misurato il contenuto di estrogeni nel latte, è possibile che l’aumento rifletta almeno in parte anche l’avvicinarsi della produzione di estrogeni ovarici. Tuttavia, il nostro riscontro è in linea con uno studio precedente che indica che i ratti adulti che consumano latte hanno livelli circolanti di estradiolo ed estrone più elevati rispetto ai topi mantenuti con acqua di rubinetto.6  Inoltre, è stato riportato che il consumo di latte negli esseri umani possa aver portato ad un aumento dei livelli di E2.37 È quindi possibile che la ridotta suscettibilità alla tumorigenesi mammaria nei ratti e, forse, negli esseri umani che consumano latte prima della pubertà, sia causata da un aumento dell’attività estrogenica prepuberale. Oltre a ridurre il rischio futuro di sviluppare un cancro mammario, le esposizioni estrogeniche prepuberali, tra cui l’esposizione alla genisteina un isoflavone contenuto nella soia con proprietà estrogeniche, alterano la morfologia della ghiandola mammaria e l’espressione di ER-α.24,38 Le modifiche a carico della ghiandola mammaria includono una riduzione nel numero di TEB.23 Abbiamo scoperto che anche l’esposizione prepuberale al latte riduce i TEB. Dal momento che i TEB sono i siti di trasformazione maligna nella ghiandola mammaria dei roditori,27 e oltre il 90% dei tumori del seno umano originano da strutture simili, chiamate unità terminali dutto-lobulari,39,40 l’esposizione prepuberale al latte può ridurre il successivo rischio di sviluppare un cancro mammario eliminando le strutture che danno origine alla neoplasia. Il ruolo dell’effetto dell’ER-α  sul rischio di sviluppare un cancro al seno resta da determinare. Sebbene il legame di E2 all’ ER-α e la successiva attivazione di questo recettore inducano un aumento mediato da estrogeni della proliferazione delle cellule tumorali del seno33,34 e dato che alcuni studi suggeriscono che elevati livelli di espressione di ER-α nei tessuti mammari normali li facciano considerare ad alto rischio per lo sviluppo di un cancro al seno41, altri studi collegano un’alta espressione di ER-α mammario ad un basso rischio di cancro al seno.42  Questi risultati contrastanti riflettono i molteplici ruoli che questo recettore ha all’interno della ghiandola mammaria. Da un lato, gli estrogeni promuovono la crescita attraverso l’ER-α, ma dall’altro l’ER-α stesso è espresso nelle cellule mammarie luminali differenziate43 e non nelle cellule staminali, che sembrano essere le cellule d’origine del cancro al seno.44  Abbiamo riscontrato che i livelli di proteina ER-α erano significativamente più elevati a PND 50 nelle ghiandole mammarie di ratti esposti al latte prima dell’inizio della pubertà. Questo aumento non è stato associato a cambiamenti significativi della proliferazione cellulare mammaria, suggerendo che i bersagli finali dell’attivazione di ER-α, da parte del latte, non includono geni legati ad un aumento della proliferazione cellulare. In linea con questa conclusione, non sono stati osservati cambiamenti nell’espressione della proteina mammaria ciclina D1 tra il gruppo di ratti che consumava latte e i gruppi di controllo. Pertanto, l’aumento dell’espressione di ER-α dovuto all’ingestione di latte può riflettere una maggiore popolazione di cellule luminali differenziate. Gli studi epidemiologici indicano che le donne che manifestano precocemente la pubertà hanno un aumento del rischio di sviluppare un cancro al seno. Sembra pertanto contraddittorio che le esposizioni estrogeniche prepuberali, che riducono il rischio di cancro al seno, accelerino l’insorgenza della pubertà,24 come riscontrato anche qui in quei ratti che consumavano latte e che presentano elevati livelli di E2. Tuttavia, poiché l’insorgenza della pubertà è determinata da molteplici fattori, alcuni dei quali possono essere presenti nel latte e/o differenti in un individuo che consuma latte, non si conosce l’origine della precoce VO osservata in questo studio. Inoltre, in precedenza abbiamo evidenziato come il legame tra l’inizio della pubertà e l’aumento del rischio di cancro al seno possa riflettere anche l’ambiente ormonale uterino22 che può accelerare l’insorgenza della pubertà e aumentare quindi la successiva tumorigenesi mammaria, e non solo le esposizioni in età puberale. Il latte contiene fattori di crescita simili all’insulina, inclusi sia IGF-1 che IGF-2.45 I livelli sono ulteriormente aumentati nelle vacche a cui è stato somministrato ormone della crescita bovina ricombinante per migliorare la resa del latte.46 I bambini che consumano latte hanno livelli circolanti di IGF-1 più elevati rispetto a quelli che non lo fanno.47-49 Quando sono stati misurati i livelli di IGF-1 in soggetti adulti che consumavano latte durante l’infanzia, ma che non lo facevano più regolarmente nelle fasi successive della crescita, si è scoperto che i loro livelli erano ridotti rispetto ai non bevitori.50,51 Nello studio attuale non abbiamo misurato i livelli circolanti di IGF-1, ma se diminuiscono nell’età adulta, ciò potrebbe spiegare la riduzione della tumorigenesi mammaria nei ratti che consumano latte prima della pubertà. L’IGF-1 potrebbe svolgere un ruolo nell’eziologia del cancro mammario in premenopausa.52 Inoltre, i topi transgenici che sovraesprimono IGF-1 nella ghiandola mammaria mostrano una maggiore suscettibilità alla tumorigenesi mammaria indotta da carcinogenetici.53 L’IGF-1 è anche un potente mitogeno delle linee cellulari del cancro della mammella ER-positivo.54  Infatti favorisce la progressione neoplastica attraverso l’attivazione di ER-α mediante la via della proteina chinasi attivata da mitogeno (MAPK),55; la via MAPK è un fattore chiave nell’indurre la proliferazione cellulare strettamente correlata al carcinoma mammario.56 L’IGF-1 è espresso sia nello stroma che nell’epitelio, dove svolge un ruolo nella mediazione della proliferazione delle cellule epiteliali e nell’induzione della normale ramificazione duttale.57 L’IGF-1 è anche importante  per la formazione delle TEB.58 Abbiamo determinato l’espressione dell’mRNA dell’IGF-1 nelle ghiandole mammarie di ratti esposti al latte e in quelli di controllo e abbiamo rilevato che questa espressione si è significativamente ridotta al PND 50. Questo risultato è in accordo con una diminuzione del numero delle TEB nei ratti esposti al latte, suggerendo che la riduzione della carcinogenesi mammaria, osservata in questi soggetti esposti in età prepubere, può essere correlata ad una riduzione a livello mammario dell’mRNA dell’IGF-1. In sintesi, abbiamo riscontrato che l’assunzione prepuberale di latte vaccino riduce la successiva suscettibilità allo sviluppo di tumori mammari. L’effetto protettivo può essere dovuto anche ad un aumento del pattern estrogenico prepuberale che nei ratti è noto ridurre il rischio di tumore mammario futuro.24 L’effetto protettivo potrebbe anche essere correlato a una riduzione prolungata dell’espressione mammaria  di IGF-1 e del numero delle TEB.

Ringraziamenti

Gli autori ringraziano il dottor Walter C. Willett della Harvard School of Public Health per aver fornito l’idea per questo studio e per i suoi commenti sul manoscritto.

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