Lo scopo di questa review è puntualizzare alcuni dei termini e delle condizioni cliniche riferibili alla morfologia, alla struttura, alle componenti ed ai difetti della placenta nella specie bovina. L’adozione di una terminologia comune, chiara, precisa, univoca e comprensibile nell’ambito della riproduzione bovina permetterebbe uno scambio di conoscenze scientifiche e cliniche più efficiente tra ricercatori e medici veterinari. Ad esempio, il termine “ritenzione di placenta” andrebbe sostituito con “ritenzione delle membrane fetali”, viste le maggiori conoscenze della struttura e delle componenti placentari.

Struttura e componenti

Il termine placenta si riferisce ad entrambe le componenti, materna (endometriale) e fetale. Con la dizione “placenta fetale” viene inteso il corioallantoide, mentre per membrane fetali si indicano l’amnios ed il corioallantoide.

In precedenza la placenta bovina era definita di tipo sindesmocoriale, ma la classificazione corrente la descrive di tipo “cotiledonata sinepiteliocoriale”. L’epitelio uterino persiste nonostante sia inizialmente modificato in placche di sincizi ibridi materno-fetali originati dalla migrazione e dalla fusione di  cellule trofectodermiche (che derivano dall’epitelio esterno della blastocisti) ed epiteliali uterine (UE). Le cellule trofoblastiche binucleate giganti (TGCs) si fondono con le UE in cellule che possiedono fino ad otto nuclei. Queste placche vengono sostituite da nuove UE verso il giorno 40 di gestazione; i sincizi di TGC-UE sono quindi transitori. Il termine “sin” descrive la presenza di sincizi feto-materni mentre “epiteliocoriale” è riferito alla semplice interdigitazione microvillare tra trofoblasto ed epitelio uterino nel resto della placenta. L’aggettivo  “cotiledonare” indica la presenza di aree specializzate di proliferazione trofectodermica chiamate cotiledoni. Il placentoma è formato dall’interdigitazione tra i villi del corion (cotiledoni) e le cripte materne all’apice delle caruncole. Normalmente sono presenti da 80 a 90 caruncole (estremi 75 – 120) nell’utero della bovina.

Il corion è formato dal trofectoderma e dal mesoderma non vascolarizzato e prende anche il nome di “somatopleura”. Esso produce delle pliche di tessuto che circondano l’embrione e lo racchiudono formando un sacco a contenuto liquido, l’amnios. Al giorno 35 di gestazione l’embrione con il suo sacco amniotico completamente formato viene definito “vescicola amniotica”. Terminata la formazione dell’amnios, dalla porzione terminale dell’intestino embrionale emerge una vescicola endodermica; questa formerà l’allantoide. “Splancnopleura” è il nome attribuito alla parete del sacco vitellino. L’allantoide è in continuazione con il tratto urogenitale dell’embrione e raccoglie i prodotti di scarto di quest’ultimo. L’allantoide è riccamente vascolarizzato e fondendosi con il corion (a formare l’allantocorion) si espande nei cotiledoni assumendo il ruolo fondamentale di organo deputato agli scambi gassosi. Fino al giorno 45 di gestazione le due membrane appaiono ancora ben distinguibili microscopicamente: l’allantoide è formato da cellule appiattite mentre il corion da cellule epiteliali cuboidali. A partire dal giorno 50-60 la fusione è completata.

I placentomi si presentano come strutture elevate, semicircolari, lisce e piatte; inizialmente sono individuabili sono nell’area di impianto dell’embrione ma dal giorno 60 inizia la loro espansione nel corno gravido. Essi sono distinguibili macroscopicamente a partire dal 37 giorno.  I placentomi sono circondati dalla giustapposizione di tessuto ghiandolare uterino e trofoblasto (aree interplacentomali). In corrispondenza degli sbocchi delle ghiandole uterine sono concentrati i fagociti del trofoblasto (embrionale); essi permettono l’uptake delle secrezioni ghiandolari tramite endocitosi e/o fagocitosi.

Come anticipato in precedenza, il trofectoderma o trofoblasto è lo strato epiteliale che circonda la blastocisti. Questo ha una grande capacità di espansione, invasione, fusione cellulare, produzione ormonale, assorbimento di nutrienti, trasporto selettivo e resistenza alla risposta immunitaria materna. Durante la progressione della gravidanza le cellule uninucleate del trofoblasto (UCTs) si differenziano o in UTCs mature oppure nelle TGCs. Le UTCs mature possiedono granuli citoplasmatici legati alle membrane che vengono gradualmente rilasciati nella circolazione materna. La giunzione microvillare è formata dalla interdigitazione dei microvilli del trofectoderma e dell’epitelio uterino; intervallate tra le giunzioni vi sono lacune vascolari dove gli eritrociti materni sono fagocitati dalle UTCs e fungono da riserva di ferro per il feto. Le UTCs producono interferone τ, implicato nel riconoscimento materno della gravidanza. La produzione di interferone τ raggiunge il suo massimo al giorno 17 e prosegue fino a circa 35 giorni di gestazione. Le TGCs invece sono responsabili della secrezione di lattogeno placentare, progesterone, estrogeni, prostaglandine. Le glicoproteine associate alla gravidanza (PAGs) sono sintetizzate sia dalle UTCs sia dalle TGCs.

Altra popolazione cellulare placentare è rappresentata dai macrofagi. Il loro numero all’interno del tessuto connettivo cotiledonare incrementa fino a dieci volte verso l’ottavo mese di gravidanza. Si suppone che siano implicati nella risposta immunitaria fetale, anche se in corso di placentite micotica, batterica e da lieviti possono trasportare l’agente patogeno dalla placenta al feto attraverso le vene ombelicali. I macrofagi che risiedono nei placentomi appartengono ai cluster di differenziazione CD68+CD14+MHC classe II- e spesso anche al CD11b mentre i macrofagi caruncolari esprimono CD68+CD14+MHC classe II+ e sono privi del CD11b. Si ipotizza che possano avere un ruolo nella neutralizzazione della risposta immunitaria materna.

Diagnosi di gravidanza

La diagnosi di gravidanza può essere effettuata tramite palpazione transrettale a partire dal giorno 35 di gestazione con lo scopo di rilevare lo scivolamento delle membrane o “fetal membrane slip”. Approssimativamente nello stesso periodo è possibile percepire anche la vescicola amniotica. Sebbene la bibliografia non sia concorde, gli studi più recenti negano la correlazione tra diagnosi di gravidanza eseguita tramite palpazione transrettale e morte embrionale/fetale. Una revisione sistematica pubblicata prima del 1997 afferma che una palpazione particolarmente vigorosa della vescicola amniotica può essere responsabile di aumentato rischio di “atresia coli”, una anomalia dello sviluppo embrionale nella quale l’ultimo tratto del canale gastroenterico è assente. L’Autore indica come preferibile la tecnica dello scivolamento delle membrane piuttosto che la palpazione della vescicola amniotica durante l’esecuzione della diagnosi manuale di gravidanza. L’uso dell’ultrasonografia permette di evidenziare il sacco allantoideo dal giorno 22 al 27; l’amnios è visibile a partire dal giorno 30 circa. Anche il dosaggio delle PAGs può essere utilizzato per diagnosticare una gravidanza in atto nelle bovine tra i 28 ed i 30 giorni post inseminazione, con valore di riferimento 0.8 ng/mL o maggiori per una diagnosi positiva. La lunga emivita di queste glicoproteine può causare falsi positivi in caso di morte embrionale o fetale. In generale l’utilizzo di questa metodica è molto limitato.

Patologie

Il distacco prematuro delle membrane fetali dalle caruncole materne è spesso responsabile di mortalità perinatale. Si stima una prevalenza del 5-10%; tra i fattori responsabili si ipotizzano le infezioni o una sovrapposizione anormale degli invogli sull’ostio cervicale interno (placenta previa). E’ stata individuata anche una “sindrome del vitello debole” (weak calf syndrome) nella quale le membrane fetali sono espulse assieme al feto, probabilmente a causa di distacco prematuro.

La ritenzione delle membrane fetali invece si verifica nel 5-10% delle bovine da latte quando gli invogli non sono espulsi entro le 12 ore dal parto. L’immaturità placentare è la condizione fondamentale per la patogenesi della ritenzione. Sono stati individuati altri fattori responsabili come flogosi, edema non infiammatorio dei villi (torsione e/o taglio cesareo, distocia), involuzione prematura dei placentomi o iperemia. Ruolo indiretto è attribuito a stress, stagione, sesso del feto, fattori nutrizionali, patologie dell’utero o del feto. Sembra che in embrioni prodotti per trasferimento nucleare da cellule somatiche (SCNT) l’espressione anomala del complesso maggiore di istocompatibilità classe I (MHCI) interferisca con lo sviluppo placentare e di conseguenza influenzi l’insorgenza della ritenzione o favorisca il rigetto materno con perdita della gravidanza.

Lo sviluppo placentare è massimo nella prima parte della gravidanza e può essere influenzato dall’apporto nutrizionale, dallo stress, dall’ipotermia e da infezioni concomitanti.  La vascolarizzazione e la proliferazione placentare possono essere inibite tanto da apporti nutrivi insufficienti quanto eccessivi probabilmente per alterata espressione di fattori angiogenetici. Il fenomeno non è completamente noto ma si ipotizza il ruolo delle leptine, delle insulin-like growth factor e delle loro binding-proteins.

L’idroallantoide è definita come la condizione in cui si ha eccessivo accumulo di liquido allantoideo, anche dieci volte oltre i fisiologici 8-15 litri. In genere si associa a placentazione avventizia, ossia riduzione del numero di placentomi e formazione di villi primitivi, a difetti nella capacità di trasporto selettivo degli elettroliti attraverso la placenta ed alterazione della composizione dei liquidi fetali.

Il freemartinismo è una condizione di anomalo sviluppo sessuale in un feto femmina gemello di un feto maschio. La vicinanza delle membrane fetali permette la creazione di anastomosi vascolari e di una chimera XX/XY. A causa del chimerismo lo sviluppo degli organi riproduttivi del feto femmina è inibito e/o alterato. La condizione si verifica in circa l’80-95% delle gravidanze gemellari con feti di sesso diverso.

 

Bovine placenta: a review on morphology, components, and defects from terminology and clinical perspectives.

Augustine T. Peter

Theriogenology 80 (2013) 693-705