Nello studio l’incidenza della metrite puerperale era 29.7%, mentre per la metrite clinica era 9.6%. Il rischio di contrarre uno dei due tipi di metrite era minore per le bovine pluripare (adjusted odds ratio, AOR = 0.646) rispetto alle primipare. Nel caso di parto distocico, il rischio di sviluppare metrite era AOR = 2.576, rispetto alle bovine con parto eutocico. Anche elevati livelli di NEFA ( cut-off = 431.0 µM; Se = 0.57, Sp = 0.63) prima del parto erano associati ad un maggior rischio di metrite (AOR = 1.001), mentre maggior concentrazioni di IGF-1 (cut-off = 286.0 ng/L; Se = 0.33, Sp = 0.93) esercitavano effetto opposto (AOR = 0.625).

Per la diagnosi di metrite si impiegavano un cut-off di 39.2°C ti temperatura rettale (Se = 0.566, Sp = 0.638) e di 2.6 punti per il BCS (Se = 0.504, Sp = 0.706).

A 100 giorni di lattazione il pregnancy rate era influenzato negativamente dalla precedente comparsa di metrite puerperale (P < 0.001), con un AOR = 0.219 (ossia il rischio di gravidanza si riduceva a circa un quinto nelle bovine che avevano presentato metrite puerperale, rispetto alle clinicamente sane); nel caso della metrite clinica, si otteneva un AOR = 0.984). Il rischio per una bovina di essere vuota a 200 giorni dal parto era influenzato dalla metrite puerperale (P < 0.095) ed era maggiore nelle bovine affette (AOR = 2.096), rispetto alle sane; anche per gli animali affetti da metrite clinica  si osservava un risultato simile (AOR = 0.599). Per quanto riguarda il rischio di gravidanza tra bovine con metrite puerperale e metrite clinica a confronto, questo era minore nella prima categoria di animali (hazard rate = 0.753; P < 0.014). La metrite puerperale prolungava l’intervallo parto-concepimento (mediana = 141.0 giorni), rispetto alla metrite clinica (mediana = 120.0 giorni) o all’assenza di malattia (mediana = 104.5 giorni).

L’ordine di parto influenzava la produzione lattea (P < 0.001), in quanto le multipare producevano maggiormente nel primo e nel secondo periodo della lattazione, mentre le primipare superavano la produttività delle controparti solo a lattazione avanzata.

Le bovine con metrite avevano anche un CS mediamente inferiore rispetto alle sane (2.58 ± 0.02 vs. 2.67 ± 0.02; P = 0.004). I livelli di NEFA, BHB, BUN, IGF-1 erano influenzati dalla presenza di metrite ( P = 0.022, 0.009, 0.010, 0.007, rispettivamente), mentre le concentrazioni di insulina e leptina non sembravano risentire dello status clinico (P = 0.85 e 0.35, rispettivamente).

La somministrazione di Ceftiofur non aveva effetto sul tasso di guarigioni a 21 giorni di lattazione: la percentuale di bovine sane al follow-up era infatti simile tra gruppo trattamento e gruppo controllo, ossia non trattato: 14% e 16%, rispettivamente (P > 0.10). Le bovine trattate con ceftiofur mostravano un maggiore rischio di essere sottoposte a inseminazione a tempo programmato dopo sincronizzazione (timed artificial insemination, TAI), e di gravidanza al momento della TAI, rispetto al gruppo controllo (AOR = 2.126, P = 0.055; AOR = 2.688, P = 0.14, rispettivamente). L’impiego del Ceftiofur riduceva la probabilità di riforma degli animali a causa di infertilità dal 13.6% (controllo) a 1.8% (trattamento), per cui l’AOR per la riforma negli animali trattati era 0.121, P = 0.057). Non si evidenziavano effetti sulla produttività lattea, sia come media giornaliera (26.78 ± 0.75 Kg/giorno vs. 26.41 ± 0.72 Kg/giorno, P = 0.72), sia come produzione cumulativa a 90 giorni dal parto (2,287.37 ± 72.98 vs. 2,418.23 ± 72.98 Kg, P = 0.21), per le bovine controllo e trattate, rispettivamente.

L’evoluzione delle caratteristiche dello scolo vaginale (vaginal discharge, VD) durante il postparto mostrava una progressione costante. Più nello specifico, trasformando il rischio di VD-0 (ossia limpido) in una percentuale, per ogni giorno dopo il parto la probabilità che una bovina mostrasse un VD-0 aumentava dell’11%. Il rischio per un VD-0 al follow-up era maggiore nelle bovine con metrite clinica che in quelle con metrite puerperale (AOR = 1.956, P = 0.013).

 

 

 

 

Metritis in dairy cows: risk factors and reproductive performance

Giuliodori MJ et al.

Dairy Sci. 96:3621-3631

DOI: dx.doi.org/10.3168/jds.2012-5922