Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo” presentato il 14 aprile dall’Istat mette in luce la collocazione del nostro Paese nel contesto europeo e le differenze regionali che lo caratterizzano. In moltio casi l’Italia si colloca sistematicamenteal di sotto della media europea. Permangono divari importanti riguardo alla performance del sistema produttivo nel suo complesso e si rilevano, tra le altre, debolezze nell’ambito dell’economia della conoscenza, della formazione e nel mercato del lavoro. L’Italia occupa però una posizione di primo piano in tema di eccellenze agroalimentari, con il maggior numero di riconoscimenti Dop, Igp e Stg assegnati dall’Unione europea. Importante fattore di competitività delle realtà agricole locali, i prodotti di qualità contribuiscono inoltre al mantenimento e al rafforzamento degli insediamenti umani e dell’attività agricola delle aree interne.

Nel 2015 il Pil pro capite italiano, valutato ai prezzi di mercato, è aumentato dello 0,8% in termini reali rispetto all’anno precedente, ma risulta ancora inferiore a quello del 2012. Misurato in standard di potere d’acquisto (per un confronto depurato dai differenti livelli dei prezzi nei vari paesi), il Pil pro capite dell’Italia risulta inferiore del 4,5% rispetto a quello medio dell’Ue, più basso di quello riferito a Germania e Francia (rispettivamente del 23,6 e 9,2%) e superiore del 5% al prodotto interno lordo spagnolo pro capite.

La quota dei consumi italiani sul Pil si attesta al 79,9% nel 2015, mantenendosi più elevata rispetto alla media dei 28 paesi Ue (76,9%) e ai principali paesi dell’area. L’incidenza degli investimenti è poco meno del 17%, in questo caso inferiore alla media europea.

Tra il 2010 e il 2015 la produttività del lavoro italiana è aumentata dell’1,1%, un ritmo decisamente inferiore a quello medio europeo (+5,1%) e dei principali paesi.

Nel 2016 l’inflazione è risultata negativa per la prima volta dal 1959. A livello territoriale i prezzi al consumo nel Nord-ovest e nel Centro segnano una diminuzione in linea con il dato nazionale, mentre rimangono invariati nel Nord-est e nel Mezzogiorno. A livello europeo, l’Italia è tra i 10 paesi che registrano tassi negativi, a fronte di una crescita dello 0,3% per la media Ue.

Nel 2015 i prezzi delle abitazioni crescono in gran parte dei paesi europei, con un parziale ridimensionamento dei precedenti squilibri. Pur rimanendo fra i quattro paesi con flessioni dei prezzi, in Italia la caduta si è attenuata (-2,6%).

Nel 2016 in Italia l’indebitamento netto in rapporto al Pil è stato pari al -2,4% (-2,7% e -3,0% rispettivamente nel 2015 e nel 2014); il saldo primario (indebitamento netto meno spesa per interessi) è in lieve aumento rispetto al 2015, con una incidenza sul Pil dell’1,5%. Nel confronto europeo, sui dati di indebitamento relativi al 2015 l’Italia risulta allineata alla media dell’Ue.

L’Italia si conferma tra i paesi dell’Ue con un elevato rapporto debito/Pil, salito nel 2016 al 132,6% (6 decimi di punto percentuale in più sull’anno precedente). Nel confronto europeo il valore del nostro Paese è inferiore solo a quello della Grecia (dati 2015).

Nel 2016 la pressione fiscale in Italia scende al 42,9%, in riduzione di 0,7 punti percentuali dal massimo del biennio 2012-2013. Il nostro Paese è fra i paesi con i valori più elevati, superato, tra i maggiori partner, solo dalla Francia (dati 2015).La pubblica amministrazione italiana ha speso nel 2015 circa 13,6 mila euro per abitante, un valore sostanzialmente in linea con quello medio dell’Ue. Tra le grandi economie dell’Unione, Germania, Regno Unito e Francia presentano livelli più elevati, mentre la Spagna spende meno dell’Italia.

Nel 2015 l’Italia si conferma il quarto paese europeo per importanza demografica dopo Germania, Francia e Regno Unito. Il Mezzogiorno continua a essere l’area più popolata anche se è quella cresciuta meno nell’ultimo decennio. Oltre un terzo della popolazione italiana è concentrata in tre regioni: Lombardia, Lazio e Campania. Continuano a crescere l’indice di vecchiaia e quello di dipendenza: al 1° gennaio 2016 ci sono 161,4 anziani ogni cento giovani e 55,5 persone in età non lavorativa ogni cento in età lavorativa. In ambito europeo, l’Italia si conferma al 2° posto dopo la Germania per l’indice di vecchiaia (157,7 e 159,9% nel 2015) e al 5° posto dopo Francia, Svezia, Finlandia e Danimarca per l’indice di dipendenza (55,1% in Italia, 52,6 la media dell’Unione nel 2015).

La dinamica migratoria è sempre positiva nel 2015, ma in rallentamento per il terzo anno consecutivo; restano stabili le iscrizioni dall’estero, ma aumentano le cancellazioni verso l’estero (coloro che lasciano il nostro Paese, di cittadinanza italiana o no). La speranza di vita alla nascita della popolazione residente è stimata in 80,6 anni per gli uomini e 85,1 per le donne nel 2016, in aumento dopo l’eccezionale decremento dell’anno precedente. A livello europeo l’Italia si colloca al 4° posto per entrambi i generi (dati 2014).

Continua a diminuire il numero medio di figli per donna e con 3,2 matrimoni ogni mille abitanti, l’Italia rimane uno dei paesi dell’Ue in cui ci si sposa meno, soltanto Portogallo e Lussemburgo hanno un quoziente di nuzialità più basso. Non solo: nel 2015 in Italia l’incidenza di divorzi è aumentata sensibilmente (13,6 ogni 10mila abitanti da 8,6 nel 2014) anche per effetto dell’entrata in vigore della legge sul “divorzio breve”.

All’inizio del 2016 risiedono in Italia oltre 5 milioni di cittadini stranieri (0,2% in più rispetto all’anno precedente) che rappresentano l’8,3% del totale dei residenti.  Alla stessa data sono regolarmente presenti quasi 4 milioni di cittadini non comunitari (vale a dire gli stranieri non comunitari in possesso di valido documento di soggiorno e gli iscritti sul permesso di un familiare). Dal 2011 il flusso in ingresso di cittadini non comunitari verso il nostro Paese è in flessione: nel corso del 2015 i nuovi permessi rilasciati sono stati il 3,8% in meno rispetto all’anno precedente. La riduzione dei nuovi ingressi ha riguardato soprattutto il Centro e il Mezzogiorno.

Nel mercato del lavoro si riducono i divari tra italiani e stranieri: nel 2015 il tasso di occupazione (20-64 anni) degli stranieri si attesta al 62,4% contro il 60,3% degli italiani. Nell’Unione europea la quota di stranieri occupati è in media leggermente più elevata (63,8%). Il tasso di disoccupazione in Italia diminuisce per entrambe le componenti, ma rimane più elevato per gli stranieri (16,2% contro 11,4% degli italiani).

Il livello di istruzione degli stranieri è inferiore a quello degli italiani. Nel 2015 tra le persone di 15-64 anni la metà degli stranieri ha al massimo la licenza media, il 39,2% ha un diploma di scuola superiore e il 10,8% una laurea (tra gli italiani il 16,0%).

Nel 2015 le famiglie italiane hanno destinato a consumi culturali e ricreativi il 6,7% della loro spesa, un valore decisamente inferiore alla media Ue28 (8,5%) e superiore solo a quelli di Lussemburgo, Cipro, Irlanda, Portogallo, Romania e Grecia. Nel 2016 diminuiscono sia la quota di persone che leggono quotidiani (43,9%, dal massimo di 58,3% del 2006 e da 47,1% del 2015) sia quella di chi legge libri (40,5%, dal 42,0% del 2015). Si conferma in aumento l’utilizzo del web per la lettura di notizie, giornali o riviste; tra i giovani di 20-24 anni il 53,9% va su Internet a questo scopo. Su scala europea l’Italia occupa però l’ultima posizione insieme alla Romania.

Nel 2015 i reati sono in calo rispetto all’anno precedente. A diminuire sono in particolare gli omicidi volontari (0,77 per 100mila abitanti da 0,78 del 2014), i furti denunciati, soprattutto quelli in appartamento (386,5 per 100mila abitanti da 420,9) e le rapine (57,7 per 100mila abitanti da 64.5). Persistono le differenze territoriali: l’incidenza maggiore di omicidi continua a registrarsi in Calabria, la Campania si conferma la regione con il valore massimo di rapine mentre il Centro-Nord presenta i tassi più elevati per i furti denunciati (2.715,7 per 100mila abitanti, circa 1.826 nel Mezzogiorno). Nel confronto europeo, con 0,78 omicidi volontari commessi per 100mila abitanti, l’Italia è in 23ma posizione, sotto la media europea, seguita solo da Polonia, Paesi Bassi, Lussemburgo, Spagna e Austria (dati 2014). Su 10 vittime di omicidio tre sono di sesso femminile: nella metà dei casi l’assassino è il partner o l’ex partner (dati 2015). A livello territoriale, il Nord-est presenta la percentuale più alta di vittime fra le donne. Nel confronto con i paesi europei l’Italia si conferma in una posizione intermedia.

Il sovraffollamento delle carceri è in netta diminuzione per il maggior ricorso a misure alternative alla detenzione e il rischio criminalità si conferma uno dei problemi maggiormente sentiti dai cittadini, ma nel 2016 diminuisce la quota di famiglie italiane che percepiscono un elevato rischio di criminalità nella zona in cui vivono (38,9% da 41,1% del 2015).
In Italia la diseguaglianza, misurata in termini di concentrazione del reddito, è più elevata in Sicilia e più bassa nelle regioni del Nord-est. Nel confronto con i paesi dell’Ue, nella graduatoria in ordine decrescente riferita al 2015, l’indice di concentrazione colloca l’Italia al decimo posto (0,324) insieme al Regno Unito, con un valore poco più elevato di quello medio europeo (0,310). Nel 2015 in Italia l’11,5% degli individui vive in condizioni di grave deprivazione. Il nostro Paese supera di 3,4 punti percentuali la media europea attestandosi al 9° posto tra i paesi con i valori più elevati.

La spesa pubblica in istruzione incide sul Pil per il 4,1% a livello nazionale, valore più basso di quello medio europeo (4,9%) tanto che l’Italia occupa il quartultimo posto. La spesa pubblica per consumi finali in istruzione ha invece una incidenza del 3,6%, raggiunge il 6,0% nel Mezzogiorno – dove è più numerosa la popolazione in età scolare – e scende al 2,9% nel Centro- Nord.Nel 2016 risultano occupate oltre 6 persone di 20-64 anni su 10 (61,6%), ma è forte lo squilibrio di genere a sfavore delle donne (71,7% gli uomini occupati, 51,6% le donne) come il divario territoriale tra Centro-Nord e Mezzogiorno (nell’ordine 69,4% e 47,0%). Nella graduatoria europea relativa al 2015 solo la Grecia ha un tasso di occupazione inferiore a quello italiano, mentre la Svezia registra il valore più elevato (80,5%). L’incidenza del lavoro a termine nel 2016 si conferma invariata al 14,0%, più alta nelle regioni meridionali (18,3%) rispetto al Centro-Nord (12,5%). Cresce con minore intensità la quota di occupati a tempo parziale (18,8%), con una distribuzione piuttosto uniforme sul territorio nazionale. In Europa questa modalità di occupazione è diffusa soprattutto nei paesi nord-occidentali (50,7% l’incidenza nei Paesi Bassi nel 2015), mentre lo è poco nei paesi dell’Est di più recente adesione all’Unione.

Nel 2016 il tasso di disoccupazione scende di 0,2 punti rispetto al 2015, attestandosi all’11,7%, soprattutto per la riduzione della componente maschile. Rimangono forti le differenze territoriali: nel Mezzogiorno è in cerca di lavoro quasi una persona su cinque. Nella graduatoria europea decrescente, l’Italia è al 6° posto (dati 2015).

Nel 2014 la spesa sanitaria pubblica italiana si attesta intorno ai 2.400 dollari pro capite a fronte degli oltre 3.000 spesi in Francia e dei 4.000 in Germania (fonte Ocse). Le famiglie italiane hanno contribuito alla spesa sanitaria complessiva per il 23,3%, la quota è in leggero aumento. In Italia i decessi per tumori e malattie del sistema circolatorio sono stati rispettivamente 25,8 e 31,0 ogni 10mila abitanti nel 2014. Nel Mezzogiorno la mortalità per tumori si conferma inferiore alla media nazionale, mentre quella per malattie del sistema circolatorio è più elevata. La mortalità per queste cause è in continua diminuzione e inferiore alla media europea (27,4% e 38,3% dati 2013). Il tasso di mortalità infantile, importante indicatore del livello di sviluppo e benessere di un paese, continua a diminuire, nel 2014 in Italia è di 2,8 per mille nati vivi, tra i valori più bassi in Europa.

In Italia la spesa per la protezione sociale nel 2014 è il 30% del Pil e il suo ammontare per abitante sfiora gli 8 mila euro l’anno. Sia in termini pro capite sia di quota sul Pil il nostro Paese presenta valori superiori alla media dell’Ue. La spesa per prestazioni sociali (19,3% del Pil nel 2014; quasi 5.155 euro pro capite) è solo in parte coperta dai contributi sociali (14,1% del Pil): l’indice di copertura previdenziale risulta infatti inferiore a 100, anche se in lieve aumento rispetto all’anno precedente. Rispetto al 2013 è aumentata ancora l’incidenza sul Pil della spesa per le pensioni (17,0%).

Nel 2015 si contano in Italia 167.718 esercizi ricettivi con più di 4,8 milioni di posti letto, in crescita rispettivamente del 5,9% e dello 0,6% rispetto al 2014. L’offerta italiana è superiore a quelle di Germania, Spagna e Francia, ma inferiore, tra le altre, all’offerta di Croazia, Austria e Grecia.

Gli effetti della crisi economica si riflettono in un calo del numero delle imprese (scese nel 2014 a poco meno di 61 ogni mille abitanti), ma il nostro Paese si conferma tra i primi in Europa per densità di attività produttive. I principali partner (Francia, Germania e Spagna) presentano valori più bassi, mentre otto paesi (Repubblica Ceca, Portogallo, Slovacchia, Svezia, Grecia, Slovenia, Paesi Bassi e Malta) hanno un numero di imprese per mille abitanti più elevato. La dimensione media delle imprese italiane, pari a 3,8 addetti, è di gran lunga inferiore al valore medio europeo (5,8). Sotto il profilo territoriale, il numero di dipendenti si conferma più basso nel Mezzogiorno (2,8).

Si è interrotta la perdita di competitività delle imprese italiane che ha caratterizzato il biennio 2012-2013; nel 2014 le imprese italiane hanno prodotto mediamente circa 125 euro di valore aggiunto per addetto ogni 100 euro di costo del lavoro unitario. Le regioni del Nord-ovest fanno registrare i livelli di competitività più elevati, mentre il Mezzogiorno registra valori inferiori alla media nazionale. L’analisi a livello europeo mette in risalto la situazione di sofferenza delle imprese italiane, al terzultimo posto della graduatoria nel 2013: una competitività inferiore caratterizza solo le imprese di Francia e Grecia.

Nel 2015 la rete autostradale italiana si estende per 6.943 km e rappresenta poco più del 9% di quella europea, con un leggero aumento nell’ultimo anno in rapporto alle autovetture registrate (1,86 Km per 10 mila vetture). L’Italia è tra i paesi dell’Unione a più bassa intensità autostradale, ben lontana dai valori di Spagna, Francia e Germania.  Nel 2015 l’Italia dispone di una rete ferroviaria pari a 27,5 km ogni 100mila abitanti, con una disponibilità sostanzialmente analoga nel Centro-Nord e nel Mezzogiorno. In ambito europeo, il nostro è tra i paesi con estensione al di sotto della media, seguito solo da Regno Unito, Portogallo, Grecia e Paesi Bassi.

Nel 2014 la spesa per ricerca e sviluppo in Italia aumenta sia in termini assoluti sia in rapporto al Pil (1,38%); il valore è inferiore a quello medio europeo (2,04%), ancora distante dall’obiettivo nazionale della Strategia Europa 2020 (1,53%) e dal target europeo del 3%.

L’Italia si conferma tra i paesi più densamente popolati dell’Unione europea: nel 2015 la densità della popolazione è di 201 abitanti per Km2, con un aumento di quasi nove abitanti dal 2005.

Nel 2015 continua il calo nella produzione di rifiuti urbani: 486,2 kg per abitante, quasi due in meno rispetto all’anno precedente. A livello territoriale, le maggiori quantità di rifiuti urbani si raccolgono nel Centro Italia; Emilia-Romagna e Toscana sono i primi produttori, con livelli oltre i 600 kg e ancora in crescita nel 2015. Prosegue la riduzione di rifiuti raccolti e smaltiti in discarica: nel 2015 sono 128,7 kg per abitante, quasi 25 in meno rispetto al 2014. I progressi più importanti si registrano per la provincia autonoma di Bolzano, la Lombardia e il Friuli-Venezia Giulia. La situazione di maggiore criticità si ha in Sicilia, con oltre l’80% di rifiuti urbani conferiti in discarica. Nel contesto europeo, l’Italia si colloca poco sopra la media sia per i rifiuti raccolti sia per quelli smaltiti in discarica (rispettivamente 474 e 132kg per l’Ue). La raccolta differenziata, fattore strategico per la corretta gestione dei rifiuti, nel 2015 ha superato, con il 47,5%, l’obiettivo del 45% previsto dalla normativa nazionale per il 2008. Nella raccolta differenziata esiste ancora un forte divario tra Nord, Centro e Sud. Le performance migliori sono quelle della provincia autonoma di Trento e del Veneto, dove si supera il 65%, obiettivo previsto per il 2012. Con il 12,8% la Sicilia si conferma la più lontana dai target europei.

I prodotti agroalimentari di qualità si confermano una componente significativa del comparto agroalimentare italiano e il nostro Paese registra anche nel 2015 il numero di certificazioni più elevato a livello comunitario (278). I prodotti agroalimentari di qualità italiani coprono oltre un quarto del totale (27,5%) dei riconoscimenti Dop, il 17,4% dei riconoscimenti Igp e il 3,8% di quelli Stg rilasciati dalla Unione europea.

L’agriturismo conferma la tendenza strutturale alla crescita: tra il 2005 e il 2015 le aziende agrituristiche sono aumentate del 45,1%, poco più del 36% è gestito da donne.

Nel 2015 si assiste a una inversione di tendenza sia dei consumi elettrici sia della produzione lorda di energia elettrica, che crescono rispettivamente del 2% e dell’1,1% rispetto al 2014, interrompendo dunque l’andamento negativo in essere dal 2012.  Nel 2015 è diminuita la produzione lorda elettrica da fonti rinnovabili e la sua incidenza sul consumo interno lordo di energia elettrica (33,2% contro 37,3% del 2014). Sul territorio, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili si conferma in quantità nettamente superiore alla richiesta interna in Valle d’Aosta e nelle province autonome di Trento e Bolzano. Con una quota del 33,4%, l’Italia si posiziona sopra la media Ue per consumi di energia elettrica generata da fonti rinnovabili (27,5% nel 2014).

Fonte: Conferenza delle Regioni e delle Province autonome