A. A. Schoemaker1,*, A. B. Sprikkelman1,*, K. E. Grimshaw2,*, G. Roberts2,3, L. Grabenhenrich4, L. Rosenfeld5, S. Siegert5,6, R. Dubakiene7, O. Rudzeviciene7, M. Reche8, A. Fiandor9, N. G. Papadopoulos10, A. Malamitsi-Puchner11, A. Fiocchi12, L. Dahdah12, S. Th. Sigurdardottir13, M. Clausen14, A. Stańczyk-Przyłuska15, K. Zeman15,16, E. N. C. Mills17, D. McBride4, T. Keil4,18 & K. Beyer5
1Department of Pediatric Respiratory Medicine and Allergy, Emma Children’s Hospital, Academic Medical Centre, Amsterdam, Paesi Bassi; 2Clinical and Experimental Sciences Academic Unit, Faculty of Medicine, University of Southampton; 3NIHR Respiratory Biomedical Research Unit, University Hospital Southampton NHS Foundation Trust, Southampton, Regno Unito; 4Institute of Social Medicine, Epidemiology and Health Economics, Charité University Medical Centre; 5Department of Paediatric Pneumology and Immunology, Charité University Medical Centre; 6German Agency for Quality in Medicine, Berlino, Germania; 7Faculty of Medicine, Vilnius University, Vilnius, Lituania; 8Sofia Children’s University Hospital; 9University Hospital La Paz, Madrid, Spagna; 10Department of Allergy, Second Paediatric Clinic, Università di Atene; 11Neonatal Division, Second Department of Obstetrics and Gynaecology, Università di Atene, Atene, Grecia;12Division of Allergy, Department of Pediatrics, Ospedale pediatrico Bambino Gesù, Roma, Italia; 13Department of Immunology, Landspitali-The National University Hospital of Iceland; 14Children’s Hospital, Landspitali-The National University Hospital of Iceland, Reykjavik, Islanda;15Department of Pediatrics, Preventive Cardiology and Immunology, Medical University of Łódz, Polonia; 16Department of Pediatrics, Immunology and Nephrology, Polish Mother’s Health Centre Research Institute Łodz, Polonia; 17Institute of Inflammation and Repair, Manchester Academic Health Science Centre, Manchester Institute of Biotechnology, University of Manchester, Manchester, Regno Unito; 18Institute of Clinical Epidemiology and Biometry, University of Würzburg, Würzburg, Germania.
*Hanno contribuito in egual misura al manoscritto come primi autori.

Per citare questo articolo: Schoemaker AA, Sprikkelman AB, Grimshaw KE, Roberts G, Grabenhenrich L, Rosenfeld L, Siegert S, Dubakiene R, Rudzeviciene O, Reche M, Fiandor A, Papadopoulos NG, Malamitsi-Puchner A, Fiocchi A , Dahdah L, Sigurdardottir STh, Clausen M, Stańczyk-Przyłuska A, Zeman K, Mills ENC, McBride D, Keil T, Beyer K. Incidence and natural history of challenge-proven cow’s milk allergy in European children – EuroPrevall birth cohort. Allergy 2015; 70: 963–972.

Parole chiave:
Studio di coorte dei nuovi nati; allergia al latte vaccino; EuroPrevall; allergia alimentare; intolleranza.

Corrispondenza:
Kate E. Grimshaw, Clinical Experimental Science Academic Unit, Mailpoint 803,
Level F, South Academic Block, Southampton General Hospital Tremona Road, Southampton SO16 6YD, UK.
Tel.: 2381206160 Fax: 2380878847 E-mail: kecg@soton.ac.uk
Accettato per la pubblicazione il 6 Aprile 2015
DOI: 10.1111/all.12630
Edito da: Antonella Muraro

Abstract

Contesto: l’allergia al latte vaccino (CMA, Cow’s Milk Allergy) è uno dei principali e più comunemente riscontrati problemi alimentari durante l’infanzia. Le stime dell’incidenza, basate sulle comunità locali e sulla prevalenza, possono variare notevolmente a causa di possibili errori d’interpretazione riguardanti le presunte reazioni avverse al latte e le differenze tra le varie tipologie di studio, in particolare per quanto riguarda i criteri diagnostici.

Metodi: Sono stati reclutati i bambini provenienti dalla coorte dei nuovi nati dello studio EuroPrevall (condotto in 9 paesi Europei) che presentavano sintomi eventualmente associabili a una CMA, per una valutazione clinica degli anticorpi IgE specifici per il latte vaccino (IgEs), del test cutaneo di prick (SPT) e del test di provocazione orale in doppio cieco controllato con placebo (DBPCFC).

Risultati: In tutta Europa sono stati arruolati 12.049 bambini e 9.336 (77.5%) sono stati seguiti fino ai 2 anni di età. La CMA è stata sospettata in 358 bambini e confermata in 55, con un’incidenza compressiva basata sulle prove dello 0.54% (95% IC 0.41-0.70). Le incidenze nazionali variavano dall’1% (nei Paesi Bassi e nel Regno Unito) a valori < di 0.3% (in Lituania, Germania e Grecia). Di tutti i bambini con CMA, il 23.6% non aveva IgE sieriche specifiche per il latte vaccino, in particolar modo quelli del Regno Unito, dei Paesi Bassi, della Polonia e dell’Italia. Dei bambini con CMA, rivalutati un anno dopo la diagnosi, il 69% (22/32) era tornato a tollerare il latte vaccino, tra questi tutti quelli con una CMA non associata alle IgE e il 57% di quelli con la CMA associata alle IgE.

Conclusioni: Questo unico studio di coorte paneuropeo sui nuovi nati, che ha utilizzato la procedura diagnostica gold standard per valutare le allergie alimentari, ha confermato una comprovata CMA in meno dell’1% dei bambini fino ai 2 anni d’età. I neonati affetti ma senza specifici anticorpi al latte vaccino rilevabili, molto probabilmente sarebbero tornati a tollerarlo uno anno dopo la diagnosi, mentre solo la metà di quelli con specifici anticorpi nel siero sarebbero stati in grado di superare la loro malattia così precocemente.

È difficile valutare la vera prevalenza di tutte le reazioni avverse al latte vaccino durante l’infanzia, a causa dell’eterogeneità nella presentazione e nei criteri diagnostici (1). In precedenza, la maggior parte degli studi di popolazione ha identificato l’allergia alimentare unendo la storia clinica alle eventuali prove di sensibilizzazione allergica e/o ai test di provocazione orale (OFC) (2-6), quindi è probabile che non abbiano identificato le reazioni avverse al cibo dove non c’erano IgE evidenti. Inoltre, mancano dati provenienti dall’Europa orientale e meridionale. Uno degli obiettivi principali del progetto EuroPrevall era quello di reclutare e seguire una coorte paneuropea di neonati per poter valutare l’incidenza complessiva, i modelli di prevalenza e la storia naturale dell’allergia alimentare che si manifesta durante la prima infanzia in tutta Europa (7, 8). Lo studio ha utilizzato un approccio standardizzato, in particolare per quanto riguarda i criteri diagnostici (7-9), e coinvolgeva la coorte di neonati più numerosa utilizzata per un test di provocazione orale in doppio cieco controllato con placebo (DBPCFC), il criterio diagnostico più rigoroso per quanto riguarda le allergie alimentari (10). L’obiettivo dell’analisi attuale era quello di definire l’incidenza complessiva in aree principali e la storia naturale dell’allergia del latte vaccino (CMA) nei bambini fino ai 2 anni di età.

METODI

Progetto dello studio

Lo studio di coorte EuroPrevall sui nuovi nati ha reclutato neonati in nove aree principali di differenti regioni climatiche e culturali europee (8, 9). La metodologia è stata precedentemente descritta in dettaglio (8). Dai genitori è stato ottenuto il consenso informato scritto e la valutazione è iniziata alla nascita del bambino ed è proseguita con un follow-up a 12 e 24 mesi di tutti i partecipanti, indipendentemente dall’allergia alimentare. Al momento del coinvolgimento sono stati raccolti dati relativi a malattie preesistenti (nei parenti di primo grado), allo stato socio-demografico e alle esposizioni ambientali. A 12 e a 24 mesi sono stati raccolti dati sull’allattamento al seno, sulle pratiche di svezzamento e sull’assunzione di cibo da parte del bambino e su tutti gli eventuali sintomi e segni che potevano suggerire la presenza di una malattia allergica (9).

Procedura di reclutamento

Dopo aver ottenuto l’approvazione etica, i centri di studio hanno invitato tutte le donne incinte a partecipare allo studio tra ottobre 2005 e febbraio 2010. A causa della variabilità nella tempistica del ricevimento dell’approvazione etica e nell’ottenimento dei finanziamenti per ulteriori centri aggiuntivi, il reclutamento è iniziato in tempi diversi. I primi centri hanno cominciato nell’ottobre 2005 e gli ultimi a marzo 2007. I centri hanno iniziato il reclutamento sia nel periodo prima della nascita (Islanda e Regno Unito), che in quello dopo(Germania, Polonia, Lituania, Spagna, Italia, Grecia), nei Pesi Bassi i centri di studio hanno reclutato in entrambi i periodi. Secondo il protocollo di studio, qualsiasi neonato reclutato dopo la nascita avrebbe dovuto avere meno di 5 giorni d’età. Ogni centro ha reclutato tra i 1.000 e i 1.500 bambini durante un periodo medio di 1.5 anni. I criteri di inclusione sono stati: età gestazionale minima di 34 settimane complete e punteggio APGAR (misurazione qualitativa del successo di un neonato nell’adattamento all’ambiente al di fuori dell’utero con punteggi da 0 a 10) di almeno sette nei 5 minuti dopo la nascita. Le famiglie che non disponevano di sufficienti capacità linguistiche o comunicative per poter dare il consenso informato o quelle con neonati che partecipavano già ad altri studi di intervento condotti sull’atopia e su altre malattie allergiche sono state escluse dallo studio.

Abbreviazioni: DBPCFCs (Double-Blind, Placebo-controlled food challenges) test di provocazione orale in doppio cieco controllato con placebo; ENT, orecchie, naso e gola; SCORAD, SCOring atopic dermatitis; sIgE, IgE Specifiche; SPT, test cutaneo di prick o prick test.

Identificazione e valutazione dei bambini con sospetta CMA

Potenziali reazioni indicative di malattie allergiche sono state identificate attraverso questionari di follow-up svolti a 12 e a 24 mesi e mediante segnalazione da parte dei genitori. Questa segnalazione è stata incoraggiata mediante delle e-mail periodiche che ricordavano ai genitori di contattare i centri di studio se il loro bambino sembrasse reagire, o avesse reagito, ad un alimento. Se si sospettava un’allergia alimentare, i bambini venivano invitati a sottoporsi ad una valutazione clinica standardizzata, che includeva un esame fisico, il prelievo di un campione di sangue venoso per la valutazione dell’immunoglobulina E (IgE) e/o dei test cutanei (SPT) (8). Ogni caso di allergia alimentare veniva confrontato con due partecipanti di controllo di età corrispondente, valutati mediante esame fisico e per le IgE sieriche specifiche (sIgE) per quell’alimento (8). Un bambino era ritenuto idoneo per il test DBPCFC al latte di vacca se le sue IgE sieriche per le proteine del latte vaccino erano ≥ 0.35 kU/l e/o se il suo SPT al latte vaccino misurava ≥ 3 mm (a meno che il bambino non consumasse regolarmente il latte vaccino senza sintomi); se aveva sintomi oggettivi entro 2 ore dall’ingestione del latte vaccino o se presentava, secondo quello che affermavano i genitori, sintomi ripetuti nel tempo dopo l’ingestione (che sono migliorati con l’eliminazione del latte vaccino dalla dieta, secondo le direzioni del centro di studio). I bambini sono stati invitati a ripetere il test DBPCFC un anno dopo il loro primo DBPCFC positivo, a meno che non stessero già consumando latte vaccino senza sintomi o segni di CMA.

Analisi delle IgE siero-specifiche

Lo screening iniziale delle sIgE (test di screening di Phadia fx5, Thermo Fisher, Uppsala, Svezia) è stato seguito da un’analisi degli specifici anticorpi IgE nel caso in cui il test di screening fosse risultato positivo (Phadia ImmunoCap 250, Thermo Fisher, Uppsala, Svezia). Queste misurazioni sono state effettuate in un unico laboratorio centrale (Charité-Universitätsmedizin Berlin, Berlino, Germania) per tutti i centri di studio.

Test cutaneo di prick o prick test (SPT)

I test SPT sono stati condotti sui bambini sintomatici (casi) con soluzione di latte vaccino per SPT. Dicloridrato di istamina e soluzione salina sono stati utilizzati come controlli positivi e negativi (ALK-Abelló, Hørsholm, Danimarca) come precedentemente descritto (8).

Test di provocazione orale in doppio cieco controllato con placebo (DBPCFC)

I test DBPCFC (Double-Blind, Placebo-Controlled Food Challenge) (8) sono stati eseguiti utilizzando latte in polvere scremato (gruppo Dairy Crest, Esher, Regno Unito e Vreugdenhil, Paesi Bassi) e alla cieca nei confronti delle formulazioni estensivamente idrolizzata (eHF) o delle formulazioni integrate con aminoacidi (AAF) che il neonato stava già consumando. La prova con placebo conteneva solo questa formulazione. Il test DBPCFC era composto da nove step costituiti da dosi crescenti di proteine del latte vaccino, somministrate ogni 20-30 minuti (8). Il test di provocazione giornaliero è stato valutato come reattivo sulla base di segni o sintomi clinici immediatamente manifesti (che hanno portano all’interruzione della procedura) o che sono comparsi non più tardi di 2 ore dopo l’assunzione della dose finale (orticaria, angioedema, arrossamento, vomito, diarrea, rinite, congiuntivite, tosse, dispnea, broncospasmo e calo della pressione sanguigna). Inoltre, anche un peggioramento dell’eczema entro le 48 h dall’inizio del test è stato valutato come segno di reazione quando accompagnato da un aumento documentato dello SCORAD di ≥ 10, che è molto più grande della differenza minima clinicamente importante (MICD) (11). Trascorrevano almeno 48 ore tra i test di provocazione attiva e il controllo con placebo. I risultati dei DBPCFC sono stati: allergico, tollerante o inconcludenti (se il bambino ha reagito sia nei giorni di test attivi che in quelli di placebo) o reattivo nei confronti del placebo (se il bambino ha reagito al test con il placebo ma non a quello di provocazione orale attiva) (8). Se un DBPCFC veniva ritenuto inconcludente, la procedura era ripetuta per stabilire se il bambino fosse allergico o tollerante al latte vaccino. Tutti i bambini che avevano un DBPCFC negativo hanno reintrodotto il latte vaccino nella loro dieta senza sintomi negativi.

Definizione dei casi di CMA associati e non alle IgE

La CMA si basava su una rigorosa definizione dei casi, per eliminare le differenze tra le valutazioni dei centri medici e dei centri di studio, che affliggevano l’interpretazione di sintomi soggettivi come la colica e o di qualsiasi altro apparente cambiamento del comportamento. Poiché tutte le reazioni che portano ad una valutazione del tasso di reattività possono essere classificate come immunologiche, tutti i neonati con un DBPCFC positivo al latte vaccino sono valutati, nel manoscritto, come allergici (CMA) (12). Tuttavia, sono stati osservati due diversi fenotipi, quello con IgE misurabili al di sopra del cut-off diagnostico e quello senza. La CMA associata alle IgE è stata definita come CMA con prove evidenti di sensibilizzazione allergica sulla base di un SPT positivo (con diametro del pomfo ≥ 3 mm) o della presenza di sIgE (≥0.35 kU/l) in qualsiasi stadio del follow-up. La CMA non associata alle IgE è stata definita come una CMA diagnosticata con un DBPCFC con sIgE per il latte < 0.35 kU/l e con un diametro del pomfo dopo SPT < 3 mm.

Analisi statistiche

La stima della dimensione del campione è stata descritta in precedenza (8). Le analisi si sono limitate ai partecipanti con data di nascita valida e sesso. Il livello di educazione è stato codificato in tre categorie principali, tenendo conto anche delle differenze dei sistemi educativi esistenti tra i diversi paesi. Lo stato allergico dei genitori si è basato sulle diagnosi mediche da loro riportate riguardo l’asma, la rinite allergica, l’eczema e le allergie alimentari. Il periodo a rischio e sotto osservazione è stato identificato come l’età alla prima diagnosi o, per i casi con età infantile non documentata, come l’età durante l’ultimo follow-up documentato più 6 mesi, supponendo che i genitori avrebbero segnalato sintomi sospetti anche dopo l’ultimo contatto con il centro di studio. L’incidenza di due anni è stata calcolata a partire dai tassi di incidenza. Abbiamo stimato la probabilità di un test di provocazione positivo per età utilizzando la regressione logistica separatamente per ciascun centro. Le stime riviste dell’incidenza si basavano su correzioni dei possibili casi dei bambini che erano (i) persi al follow-up; (ii) ammissibili, ma non testabili, assumendo come distribuzione dei risultati del test la stessa di quelli che sono stati testati; e (iii) bambini reattivi al placebo o che hanno avuto risultati inconcludenti al test (tutti per centro). Tutti i calcoli statistici sono stati eseguiti utilizzando SAS 9.3 (SAS Institute Inc., Cary, NC, USA).

RISULTATI

Partecipanti

Di tutti i 12.049 bambini coinvolti (51.4% maschi) (Figura 1), 9.336 (77.5%) sono stati seguiti fino ai 2 anni di età e hanno completato il questionario durato 24 mesi. Le caratteristiche di base in quelli persi al follow-up erano simili a quelle dei soggetti che sono stati seguiti fino ai 2 anni di età (Tabella 1). Non siamo stati in grado di raccogliere dati accurati sul numero di neonati arruolabili che non hanno però partecipato allo studio. In quattro dei nove centri abbiamo raccolto dati anonimi (cioè, brevi interrogativi su allergie e livello di istruzione) da 2.320 genitori che non hanno voluto partecipare. I genitori che non hanno voluto partecipare avevano un livello di istruzione inferiore e avevano meno probabilità di avere una storia clinica di asma, rinite allergica, eczema o allergia alimentare rispetto ai genitori partecipanti (9).

Neonati analizzati per la CMA

Un totale di 1.928 genitori ha contattato i centri dello studio credendo che i loro bambini avessero reazioni allergiche (Figura 1). Ulteriori 684 bambini, con potenziali malattie allergiche, tra cui la CMA, sono stati individuati durante i regolari questionari annuali di follow-up. Sulla base di un triage telefonico standardizzato, 1.117 sono stati invitati ad effettuare una valutazione clinica per determinare l’idoneità per un DBPCFC. Un totale di 358 bambini ha soddisfatto i criteri per essere sottoposti ad un DBPCFC sul latte vaccino che variava da 3 (0.3% dei bambini assunti) in Grecia a 108 (11.1%) nei Paesi Bassi (Tabella 2).

Tabella1. Informazioni demografiche sui partecipanti allo studio

A, asma; AR, rinite allergica o E, eczema. I numeri rappresentano la percentuale dei partecipanti se non specificato in altro modo.

Figura 1. Partecipanti inclusi tra i componenti allergici al latte vaccino dello studio di corte sui neonati Europrevall.

 

Tabella 2. Allergia al latte vaccino sulla base del Test di provocazione orale in doppio cieco controllato con placebo (DBPCFC) effettuato dai centri di analisi dello studio di coorte sulle nascite Europrevall.

Di questi bambini, 248 (69%) sono stati sottoposti ad almeno 1 test di provocazione orale per il CM. I valori medi delle sIgE e dei SPT di questi neonati sono stati, rispettivamente, 0.00 (Interquartile Range [IQR] 0.00-1.07) e 0.0 (0.0-3.5). Sono stati rifatti 68 test di provocazione orale per test inconcludenti o per reattività al placebo (n = 14), o per una revisione annuale. Pertanto, in questi bambini sono stati condotti complessivamente 316 test sul CM. Di questi, 60 sono risultati positivi, 242 negativi, 6 inconcludenti e 8 sono stati classificati come reattivi al placebo. Il DBPCFC ha confermato la CMA in 55 casi (22% di 248). La media di sIgE e di SPT per questi neonati era 1.11 (IQR 0.00-5.59) e 3.5 (0.0-5.5) rispettivamente. I genitori di 110 bambini (31%) non hanno approvato l’attuazione del DBPCFC. La media delle loro sIgE e del loro SPT era 0.40 (IQR 0.00-1.30) e 0.0 (0.0-0.0), rispettivamente.

Incidenza della CMA totale

L’incidenza naturale complessiva della CMA confermata in Europa nei primi 2 anni di vita dei soggetti è stata di 0.54% [intervallo di confidenza 95% (IC) 0.41-0.70] (tabella 2). Dopo aver effettuato le correzioni per i bambini (i) ammissibili ma non possibili da testare, (ii) reattivi al placebo o con risultati del test inconcludenti, o (iii) persi al follow-up (per tutti i centri), l’incidenza corretta era dello 0,74% (95% IC 0.56 -0.97%), oscillando dallo 0.00% all’1.29% tra i vari centri (Fig. 2).

Figura 2. Incidenza corretta (per centro di studio) dell’allergia al latte bovino.
Le barre rappresentano l’incidenza corretta (per centro di studio) fino ai 2 anni d’età, per i soggetti idonei ma non testati, per numero di individui reattivi al placebo o per risultati dei test inconcludenti, così come per quelli persi al follow-up. Le barre di errore rappresentano l’intervallo di confidenza al 95% con valori d’incidenza corretti. * Numero ponderato di partecipanti calcolato come persona/anno per intervallo di tempo (in questo caso, 2 anni).

CMA associata alle IgE

L’incidenza complessiva della CMA associata alle IgE è stata dello 0.44% (95% IC 0.31-0.57) con un’incidenza corretta di 0.59% (95% IC 0.43-0.80). Le incidenze nei singoli paesi sono risultate relativamente simili, ad eccezione della Grecia che non aveva casi [0.00% (95% CI 0.00-0.42%)] e dell’Italia e della Lituania con, rispettivamente, uno e due casi (Fig. 2). In Islanda, Germania, Spagna e Lituania, ad ogni bambino con un DBPCFC positivo corrispondeva un test serico positivo per le IgE al latte vaccino.

CMA non associata alle IgE

Solo nel Regno Unito, nei Paesi Bassi, in Polonia e in Italia sono stati individuati bambini con CMA non associato a IgE. L’incidenza corretta variava dallo 0,13% (95% CI 0.0-0.6%) in Italia allo 0.72% (95% CI 0.3-1.5%) nel Regno Unito dove la CMA non associata alle IgE era più diffusa rispetto a quella associata alle IgE (56.3 % Vs 43.7%) (Tabella 2).

Sintomi e segni durante il test DBPCFC
Diciassette bambini con CMA (30,9%) hanno assunto tutte e nove le dosi previste dal test. Tutti tranne uno hanno sviluppato sintomi o segni (entro 2 ore dalla dose finale) che coinvolgevano la pelle, il naso, la gola o il sistema respiratorio in generale. Solo ad un bambino è stato diagnosticato un peggioramento dell’eczema indipendente dal test. La diagnosi è stata fatta dopo che il test era terminato da più di 2 ore con una differenza di SCORAD di +10 unità. I sintomi e i segni descritti differivano tra i bambini con e senza le IgE per il latte vaccino. La maggior parte dei bambini con CMA associata a IgE ha reagito con sintomi o segni cutanei, mentre i bambini con CMA non associata alle IgE presentavano relativamente più sintomi del tratto gastrointestinale (Tabella 3).

Tabella 3. Tutti i sintomi registrati all’epoca del termine del test (o al momento dell’interruzione o fino a due ore dopo la dose finale) tramite sensibilizzazione con IgE.

*Vie respiratorie include rantoli, dispnea, tosse e stridore

Età al momento dell’introduzione del latte vaccino e sviluppo di CMA

Il latte vaccino è stato introdotto nella dieta di quasi tutti i bambini durante il loro primo anno di età (Fig.3).

Sviluppo di una tolleranza un anno dopo la diagnosi

Un totale di 32/55 (58,1%) bambini con CMA sono stati riesaminati un anno dopo la diagnosi con un DBPCFC. I tassi di rivalutazione per i singoli centri variavano dallo 0% (Lituania e Italia) all’80% (Paesi Bassi). Ventidue dei bambini rivalutati (68.8%, 95% CI 50.0-83.9%) erano diventati tolleranti al latte vaccino (Tabella 2). Alla rivalutazione tutti i partecipanti con CMA non associata a IgE tolleravano il latte vaccino, ma solo 13 (56.5%) dei 23 partecipanti con CMA associata a IgE era diventato completamente tollerante.

Figura 3. Età al momento dell’introduzione del latte vaccino e sviluppo di CMA

L’incidenza cumulativa della CMA (linea solida con area ombreggiata che mostra l’intervallo di confidenza del 95% per ogni età) è indicata sull’asse sinistro e la percentuale cumulativa dei neonati per i quali è stato introdotto latte vaccino nella dieta (linea spezzata) sull’asse destro

Discussione

Lo studio di coorte alla nascita EuroPrevall è il più grande studio osservazionale longitudinale basato sulla popolazione e il primo in grado di fornire dati comparabili e internazionali affidabili sull’incidenza sia della CMA associata a IgE sia su quella non associata, nonché sui dati riguardanti la dieta materna a livello internazionale (13). In tutta Europa abbiamo riscontrato un’incidenza di CMA dello 0.54% (0.74% corretta) nei primi due anni di vita e i bambini maggiormente colpiti avevano nel siero anticorpi sIgE nei confronti del latte bovino.

Variabilità dell’incidenza e del tipo di CMA in tutta l’Europa

Nel nostro studio, le incidenze corrette della CMA ottenute dal test si aggiravano tra lo 0% e il 1,3% , con i paesi dell’Europa sudorientale che avevano le stime più basse. I nostri risultati sono stati simili a quelli riportati in una meta-analisi completa con una prevalenza stimata dello 0.6% (95% CI 0.5-0.8) (14). Nella nostra coorte paneuropea, le incidenze di CMA differivano tra i vari paesi. La Grecia ha avuto l’incidenza più bassa (0%) e, sebbene ciò sia un po’ sorprendente, è probabile che sia una scoperta valida, in quanto il protocollo dello studio è stato rispettato, nessun genitore dei bambini idonei ha rifiutato il DBPCFC e il ritardo medio tra idoneità e test era solo di 2 mesi. La varianza osservata in prevalenza potrebbe essere dovuta a differenze riguardanti la dieta materna, le pratiche di svezzamento, la dieta infantile, i fattori (epi)genetici o i fattori ambientali. La valutazione dei diversi potenziali fattori di rischio e di protezione per la CMA è complessa e sarà oggetto di ulteriori analisi. Nella nostra coorte, l’84% dei bambini con CMA confermata ha reagito al DBPCFC con sintomi e segni cutanei, il 20% con sintomi e segni respiratori e il 18% con sintomi e segni gastrointestinali. Una coorte di nuovi nati danese ha mostrato un diverso pattern: il 64% dei soggetti aveva sintomi e segni cutanei, il 59% gastrointestinali e il 33% sintomi respiratori (15). Se le reazioni cliniche alla proteina del latte vaccino non sono cambiate negli ultimi 20 anni, un’altra spiegazione potrebbe essere che nello studio EuroPrevall, i test alimentari di provocazione orale sono iniziati con dosi inferiori di proteine del latte vaccino rispetto allo studio danese. Pertanto, i segni precoci che hanno impedito il proseguimento del test sono stati tra i primi indicatori di una reazione avversa e di solito erano sintomi cutanei. Tuttavia, una recente analisi condotta su 330 bambini con CMA confermata mediante DBPCF in Germania, ha mostrato che il 91% dei soggetti ha avuto sintomi o segni cutanei (16), risultati in linea con quelli della nostra coorte paneuropea. Nuovi riscontri, evidenziati dal nostro studio Europeo, hanno dimostrato che la CMA è principalmente associata alle IgE tranne che nel Regno Unito e nei Paesi Bassi dove circa la metà dei bambini erano colpiti da CMA non associata ad IgE. La presenza di sIgE nella CMA confermata da DBPCFC è stata raramente valutata negli studi basati sulla popolazione ma, in uno studio condotto in Israele (17), sono stati segnalati risultati simili a quelli visti nei bambini dello studio EuroPrevall provenienti dal Regno Unito e dai Paesi Bassi

Sviluppo di una tolleranza al latte vaccino

Nel nostro studio, il 69% dei bambini con confermata CMA ha iniziato a tollerare il latte vaccino ad un anno dalla diagnosi (fino all’età di 30 mesi), risultato simile a quello ottenuto da uno studio di coorte sui nuovi nati danese, nel quale la tolleranza si è sviluppata rispettivamente nel 56% e nel 77% dei bambini di 1 e 2 anni (2) e nei valori più alti dei range riportati, era del 25-77% a 2 anni d’età e del 19-82% a 4 anni (18-21). Tuttavia, queste ultime indagini hanno incluso bambini provenienti da cliniche ambulatoriali che potrebbero risultare più gravemente colpite e quindi non sono paragonabili al nostro campione di studio ottenuto dalla popolazione generale. Inoltre, i dati EuroPrevall sono stati raccolti in modo prospettico con metodi altamente standardizzati, mentre i dati ambulatoriali sono stati raccolti retrospettivamente dalle cartelle cliniche. Inoltre, a tutti i bambini dello studio EuroPrevall con CMA confermata, è stato proposto un DBPCFC annuale indipendentemente dai risultati dei loro test allergici effettuati nel follow-up. Considerando separatamente i partecipanti alla coorte di nati di EuroPrevall con CMA associata e non a IgE, il 57% di questi bambini rivalutati riguardo la CMA associata a IgE e il 100% dei bambini rivalutati sulla CMA non associata a IgE, erano in grado di tollerare il latte bovine quando venivano risottoposti al test dopo un anno . Questa prognosi marcatamente favorevole riguardo la CMA non associata a sIgE è stata osservata anche in precedenti pubblicazioni (2, 22). Inoltre, la maggior parte dei bambini con CMA non associata a IgE che erano diventati tolleranti, aveva segni/sintomi cutanei. Ciò era in linea con le più recenti scoperte fatte negli Stati Uniti (23).

Potenziali limitazioni

L’incidenza di CMA nella nostra coorte di nati era inferiore a quella di alcuni studi precedenti basati sui test di provocazione orale (6, 14, 15). Ciò può riflettere, nel nostro lavoro, una sottostima dell’incidenza a causa di una serie di diversi fattori. In primo luogo, nel nostro studio la diagnosi di CMA si basava su precoci (˂2h) e obiettivi sintomi e segni cutanei, gastroenterici, respiratori o su un documentato, ma ritardato, peggioramento dell’eczema (≥2 h). Alcuni bambini che sono stati considerati come aventi una reazione avversa al latte vaccino dal pediatra coinvolto nello studio, tuttavia, non hanno soddisfatto i criteri del nostro protocollo di studio e pertanto non sono stati definiti come affetti da CMA. Questi bambini differivano da quei bambini che invece soddisfacevano i criteri: mostravano ripetuti sintomi “soggettivi” (ad es. coliche, cambiamenti di comportamento) durante o dopo il DBPCFC o sintomi oggettivi molto più ritardati(anche più di 2 ore dopo la fine del test) rispetto anche al peggioramento dell’eczema. Un secondo motivo della possibile sottostima dell’incidenza è che il 30% dei genitori dei bambini coinvolti ha declinato la proposta di fare un DBPCFC e quindi non è stato possibile confermare la CMA. Tuttavia, il tasso di abbandono del DBPCFC è stato incluso nei calcoli per l’incidenza corretta di CMA e questi sono probabilmente più rappresentativi dell’incidenza effettiva di CMA nei centri di studio. Infine, l’intervallo di tempo intercorso tra la valutazione clinica e il test effettuato (chiamato intervallo del test) sta a significare che alcuni bambini positivi alla CMA potrebbero essere nel frattempo cresciuti rispetto al momento in cui il loro DBPCFC è stato eseguito. Ciò potrebbe significare che non hanno avuto una diagnosi di CMA quando in realtà ce l’avevano veramente. Ciò porterebbe ad una sottostima dell’incidenza. Oltre a influenzare l’incidenza, il notevole numero di genitori che non ha accettato il test di provocazione alimentare riduce anche la rappresentatività del campione popolazione del test rispetto alla popolazione coinvolta nello studio. Questo è stato particolarmente evidente nel centro di studio di Vilnius (Lituania) che, secondo il personale locale, ha spesso avuto difficoltà nel convincere i genitori a ritornare al centro in un altro giorno per i test di provocazione orale. Questi fatti e la mancanza di dati sul numero e sulle caratteristiche dei neonati idonei nati in ogni centro che non hanno partecipato allo studio, fanno si che l’entità di ogni bias di selezione comparsa non possa essere quantificata. Tuttavia, poiché l’intera coorte di nati tendeva a provenire da madri più anziane e più istruite, che vivevano in un ambiente non rurale, è evidente che c’erano almeno un certo numero di errori di selezione e ciò significa che l’applicazione di questi risultati allo studio della popolazione in generale, dovrebbe essere eseguita con cura. Un’ulteriore limitazione dello studio è dovuta al fatto che non siamo riusciti a ritestare un numero sufficiente di bambini con CMA, per essere più sicuri riguardo la percentuale di tolleranza al latte vaccino in età successiva. C’erano differenze centro-specifiche sulla valutazione della reazione, con quei centri dove era presente CMA non associata a IgE che generalmente ritestavano più bambini rispetto a quelli con solo CMA associato IgE. I bambini con allergia associata alle IgE hanno avuto reazioni più gravi ai test di provocazione orale rispetto a quelli con CMA non associata a IgE (tabella 3) e ciò potrebbe aver causato nei genitori dei bambini con CMA associata a IgE, una diminuzione del desiderio di ritestare i loro bambini durante il follow-up. Questi bambini hanno una probabilità più bassa di essere tolleranti al latte vaccino e quindi il nostro tasso di tolleranza del 69%, osservato nei bambini con CMA, può essere sovrastimato. Questo però può essere mediato dal fatto che alcuni bambini non hanno potuto partecipare ai test di follow-up perché nel frattempo avevano manifestato una recente reazione avversa al latte.

Conclusioni

Lo studio di coorte EuroPrevall sui nuovi nati ha impiegato un rigoroso protocollo diagnostico per valutare l’allergia alimentare in 9 centri europei disseminati in diverse regioni climatiche e culturali per ottenere i primi dati affidabili e internazionali sull’incidenza della CMA. Abbiamo mostrato che l’incidenza della CMA in Europa nei primi due anni di vita era <1% (da 0% a 1,3%) e i bambini più colpiti risultavano essere quelli con CMA associata alle IgE. La CMA ha una buona prognosi con i due terzi dei neonati affetti che diventano tolleranti entro un anno dalla diagnosi di allergia. Lo sviluppo di una tolleranza differisce in base alla presenza di IgE per il latte vaccino nel siero dei soggetti analizzati: la tolleranza è del 57% nei bambini con CMA associata alle IgE e del 100% nei bambini con CMA non associata alle IgE.

Ringraziamenti

Ringraziamo tutte le famiglie che hanno partecipato allo Studio di coorte di nascita EuroPrevall e il personale medico e infermieristico degli ospedali partecipanti, specialmente GRE: P. Saxoni-Papageorgiou, P. Xepapadaki, K. Zannikos, E. Emmanouil, A. Vasilopoulou, C. Michopoulou and C. Skordali (P y A Kyriakou Hospital); S. Gavrili and G. D. Vlachos (Alexandra Hospital); A. Malamitsi-Puchner, D. Hasiakos and L. Kontara (Areteion Hospital); N. Paparisteidis (Elena Venizelou Maternity Hospital, Atene, Grecia); ICE: H. Ragnarsdottir, A.G. Gunnarsdottir, H. Sigurdardottir, G.L. Gudjonsdottir (Landspitali – The National University Hospital
Reykjavik) le infermiere del reparto di assistenza prenatale al The Primary Health Care of the Reykjavik Capital Area (Reykjavik, Islanda); GER: S. Travis, S. Paschke-Goossens, S. Siegert, S. Dufour, A. Kafert, K. Dobberstein, G. Schulz, A. Rohrbach, A. Scholz, A. Reich, M. Kulig (Berlino, Germania) and M. Wjst (Monaco, Germania); POL: K. Zeman (Medical University of Lodz, Polonia), J. Wilczynski e L. Podciechowski (Polish Mother’s Memorial Hospital, Lodz, Polonia); SPA: M. Martin-Esteban, S. Quirce, R. Gabriel, J. I. Larco, I. Bobolea and T. Cuevas (Madrid, Spagna); UK: K. Foote, E. Oliver, L. Gudgeon, T. Kemp, R. King, J. Garland, E. Francis, R. Morris, S. Pestridge, K. Scally, E. Gatrell, L. Bellis, A, Acqua, R. Kemp, T. Bryant e NIHR Wellcome Trust Clinical Research Facility (Southampton,
UK); NL: le ostetriche, Zorggroep Almere, Department of Gynaecology and Obstetrics, Flevo Hospital Almere, N.v.d. Berg, De Kinderkliniek Almere, W.M.C. van Aalderen, L Hulshof, NCM Petrus Department of Pediatric Respiratory Medicine and Allergy, Emma Children’s Hospital Academic Medical Center (Amsterdam, Paesi Bassi); LIT: I. Butiene, D. Vaicekauskaite, A. Arlauskiene, J. Zakareviciene and L. Stoskute-Malinauskiene (Lituania); e ITA: A. Martelli, P. Realini and F. Brandi (di Allegria, l’Italian Research Foundation for Childhood Allergy and Asthma), G.R. Bouygue, O. Mazzina, M. Busacca, T. Sarratud e G. Pezzoli (Milano,
Italia).

Fondi

Questo studio di coorte sui nuovi nati è stato condotto nell’ambito dell’iniziativa di ricerca collaborativa EuroPrevall, un progetto integrato e finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del 6th Framework Programme (FOOD-CT-2005-514000). La coorte di nati islandese ha ricevuto ulteriori fondi dal Landspitali, The National University Hospital of Iceland Science Fund e da GlaxoSmithKline Iceland. Quattro studi sono stati finanziati al di fuori di EuroPrevall: la coorte di nati del Regno Unito dall’UK Food Standard Agency; la coorte di nati in Lituana da sovvenzioni senza restrizioni provenienti da Grida e MSD; la coorte di nati Olandese da sovvenzioni senza restrizioni fornite da Nutricia Advanced Medical Nutrition Netherlands, AstraZeneca Netherlands, TEVA Netherlands e GlaxoSmithKline Netherlands; e la coorte di nati italiana da fondi ospedalieri propri e da Allegria – la Fondazione Italiana per la ricerca sull’allergia e sull’asma infantili. Nessuno degli organismi di finanziamento ha avuto alcuna influenza sul progetto di studio, sull’analisi dei dati o sulla preparazione del manoscritto.

Contributi dell’autore

ENCM è stato coordinatore del progetto EuroPrevall; KB è stato ricercatore principale dello studio di coorte dei nuovi nati. TK ha coordinato la coorte dei nuovi nati e DM è stato il responsabile dello studio di coorte dei nuovi nati. LG ha effettuato le analisi statistiche. AAS, ABS, KEG, GCR e LG costituivano il gruppo di scrittura del manoscritto. AAS, ABS, KEG, GCR, LR, SS, RD, OR, MR, AF, NP, AMP, AF, LD, STV, MC, AS e KZ erano coinvolti negli aspetti clinici dello studio. Tutti gli autori hanno approvato il testo finale presentato.

Conflitto di interessi

KEG ha fornito materiale didattico per Danone; GR ha fornito consulenza scientifica a Danone, ALK-Abello e Thermo Fisher; ENCM ha ricevuto sovvenzioni dalla Commissione Europea, dal Biological e Biotechnological Sciences Research Council, dall’UK Standards Food Agency, dalla DBV Technologies, dalla British Technology Strategy Board e dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), ha membri del consiglio in Novartis e nella Food Safety Agency in UK, è consulente per PepsiCo International, è impiegato presso l’Università di Manchester e presso l’Institute of Food Research, ha ricevuto un pagamento per le lezioni presso l’Imperial College, dispone di azioni/stock options in Standard Life e Reacta Biotech Ltd e ha ricevuto supporto per il viaggio da ILSI, dall’European Academy of Allergy and Clinical Immunology, dall’Università di Bologna e dalla British High Commission. KB Kirsten Beyer ha ricevuto finanziamenti per l’attività di ricerca dall’Unione Europea, dalla German Research Foundation, da Berliner Sparkasse, della BEA-Stiftung, dal Food Allergy e Anaphylaxis Network, dalla Food Allergy Initiative, da Danone, Thermo Fisher e DST Diagnostics.

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