Personalmente ho partecipato a 35 delle 72 edizioni della Fiera Internazionale del Bovino da Latte di Cremona ed ogni volta ho portato con me impressioni, diverse da anno in anno. Girando tra gli stand e scambiando battute con colleghi e allevatori, unanime è stata la sensazione sul declino di questa fiera. Questa sensazione, che ormai si respira da diversi anni, non è una cosa positiva per noi che abbiamo a che fare con le vacche. Molti gli spazi lasciati vuoti da espositori che per i costi, o altri motivi, non hanno partecipato e tanti a domandarsi che senso abbia investire così tanto per quattro giorni di fiera.

Per capire il perchè di questo declino è bene approfondire prima le regioni della necessità di una fiera della vacca da latte italiana, specialmente in un momento di “trionfo” della nostra capacità di fare ed esportare formaggi eccellenti in tutto il mondo (+ 7.3% in volume e + 9.4% in valore nei primi sette mesi di questo anno). Molti costruttori di stalle e attrezzature e produttori nel settore dell’alimentazione stanno esportando con grande successo all’estero, dando l’impressione che qualsiasi bene strumentale costruito o utilizzato in Italia abbia un canale preferenziale nelle vendite all’estero. Made in Italy e Italian Style sono percepite infatti come due potenti garanzie internazionali di qualità e saper fare.  Nonostante ci sia una classe politica in perenne campagna elettorale, concentrata a soddisfare i bisogni della “pancia” della gente, ed un generale declino del senso dello stato e del dovere, l’Italia della “partita iva” sta mettendo a segno colpi su colpi, facendo ripartire l’economia del paese soprattutto grazie alle esportazioni.

Ma a cosa serve una Fiera in tutto questo? Cercando nel vocabolario, con il termine fiera è definito quel momento di aggregazione dove chi deve vendere merci incontra i potenziali acquirenti. Nella realtà, almeno nel nostro mondo, una fiera è un raro momento d’aggregazione, complementare a quello ormai sempre più diffuso dei social media, dove ci si vede, ci si saluta, ci si conta, si scambiano idee ed impressioni, si valutano e acquistano prodotti e ci si aggiorna. Tutti aspetti utili per affrontare con più consapevolezza ed efficacia l’anno di lavoro che ci si presenta.

La Fiera di Cremona è sempre stata un po’ il “Capodanno” di chi lavora con le vacche da latte. Questo è quello che è sempre stata la fiera di Cremona, come lo sono il Word Dairy Expo di Madison per gli Stati Uniti e la Royal per il Canada. La nostra Fiera dovrebbe anche essere un momento in cui allevatori e aziende straniere possono apprezzare il nostro saper fare genetica, attrezzature, stalle, alimentazione animale, formaggi e quant’altro, in modo da agevolare il nostro export di beni strumentali e professionalità. Il sentimento di rabbia che ho riscontrato in molti di quelli che ho incontrato è stato proprio sul perché la fiera di Cremona non sia un vero e proprio Dairy Pride in un momento così favorevole per l’Italia nei confronti dei mercati esteri.

Ci vorrebbe poco per incentivare la presenza delle delegazioni o meglio dei visitatori stranieri, per costruire momenti internazionali di confronto e far diffondere una comune percezione della nostra forza e competenza nel produrre e trasformare il latte, dando la serenità e la speranza, soprattutto ai giovani, sul fatto che vale la pena di investire tempo, passione e risorse nell’allevare le vacche e fare formaggi. Lasciamo fuori dalla fiera le “scaramucce” tra sindacati agricoli, come fanno le tante ditte che seppur concorrenti espongono una a fianco dell’altra. Creiamo le condizioni economiche ed organizzative affinchè un operatore possa tornare ad esporre ed organizzare momenti d’ aggiornamento professionale.

Sarebbe importante che le aziende si accordassero per fare pressione sull’Ente Fiera per ridurre i costi ed aggiornare il format. Puntiamo l’indice verso le multinazionali che non partecipano a Cremona non già per ragioni economiche ma per motivazioni spesso di arrogante nazionalismo. Lasciamo fuori dalla Fiera di Cremona la celebre battuta di Michele nel film Ecce Bombo di Nanni Moretti” No, allora non vengo. Che dici, vengo? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Vengo. Vengo e mi metto, così, vicino a una finestra, di profilo, in controluce. Voi mi fate: “Michele vieni di là con noi, dai”, e io: “andate, andate, vi raggiungo dopo”. Vengo, ci vediamo là. No, non mi va, non vengo”.