La medicina veterinaria, o meglio la buiatria, si trova a svolgere impegni sempre più complessi e ciò impone al veterinario di aggiornare le sue conoscenze e i metodi attraverso i quali coniugare l’esperienza professionale con l’acquisizione delle nuove conoscenze offerte dalla ricerca scientifica. La specializzazione in Dairy Production Medicine (DPM) richiede la conoscenza approfondita di tutti quei fattori genetici, ambientali, manageriali, sanitari e nutrizionali che condizionano, in positivo e in negativo, le performance produttive, riproduttive, sanitarie ed economiche della bovina da latte. E’ per questo motivo che si è scelto di focalizzare l’attenzione su quale sia la migliore metodologia di utilizzo della ricerca scientifica, come tema per inaugurare, il 12 Febbraio 2016, la terza edizione del Master di 2° livello in DPM dell’Ateneo di Perugia. Il workshop è stato coordinato da Cristiano Boiti, decano del Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Perugia. Non solo saluti da parte del Rettore dell’Ateneo Franco Moriconi, del Direttore del Dipartimento di Medicina Veterinaria Piero Ceccarelli e di Silvano Severini Direttore Generale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e della Toscana; ma anche i complimenti al Direttore del Master Maurizio Monaci e l’auspicio che la medicina veterinaria sia sempre più protagonista nel garantire ai consumatori cibo di origine animale abbondante e sicuro, sostenibilità e benessere animale, soprattutto in un momento come questo di grande difficoltà per gli allevatori che producono latte bovino. In questo l’intervento di Silvano Severini è stato estremamente esplicito. Maurizio Monaci, in qualità di Direttore del Master in DPM ha spiegato, con il suo solito coinvolgente entusiasmo, le ragioni di questo momento formativo e le difficoltà di questo Master. Ha inoltre ringraziato il Rettore Moriconi per le decisione che ha preso per agevolarne la terza edizione. Alessandro Fantini ha poi inquadrato la DPM nell’attuale contesto produttivo, puntualizzando che l’approccio olistico, ossia plurifattoriale, è tipico della nostra cultura e conferisce alla nostra offerta professionale una grande efficacia e flessibilità, spesso superiore a culture che auspicano la specializzazione, spesso estrema, come quella anglo-sassone. Con qualche dato inequivocabile Fantini ha dimostrato l’efficacia e la vivacità della nostra filiera lattiero-casearia e richiamato l’accademia ad ammodernare la didattica e a dare messaggi positivi a quelli che saranno i buiatri di domani. Molto efficace l’attesissimo intervento di Teresa Anna Cantisani, Direttore della Struttura Complessa di Neurofisiologia dell’Ospedale di Perugia, nonché membro dell’organizzazione “Cochrane” che prende il nome dal famoso epidemiologo inglese suo fondatore che, nel constare che i risultati della ricerca hanno un impatto molto limitato sulla pratica clinica, si auspica di rendere disponibili per tutti i pazienti solo interventi sanitari di documentata efficacia. L’organizzazione no-profit “Cochrane” si occupa di dare un metodo alle Systematic Review e alle Meta-analisys, che ne sono la componente più raffinata, nell’ambito della Evidence Based Medicine (EBM). La Cantisani ha ben spiegato che l’EBM altro non è che “l’uso coscienzioso esplicito e giudizioso delle migliori evidenze aggiornate (dalla letteratura) per prendere decisioni riguardo alla cura dei pazienti individuali”(Sackett DL ed altri 1996). La EBM vede il suo “battesimo” ufficiale nel 1992, attraverso la pubblicazione di una serie di articoli sul Journal of the American Medical Association. Definizione molto esemplificativa è la frase riportata dalla Cantisani che vede nella EBM “un forte richiamo alla necessità di migliorare la qualità delle basi scientifiche della medicina moderna nella quale venivano troppo spesso utilizzati interventi di efficacia non documentata o non utilizzati invece interventi potenzialmente efficaci”. Ci siamo ritrovati anche nella frase citata dalla Cantisani nella quale si affermava che “… sollecitava un atteggiamento ancor più critico, e di sano scettiscismo, nei confronti di quegli interventi sostenuti dalla sola esperienza clinica del singolo medico o tramandata dall’esperienza collettiva di esperti”.  In questo ambito della conoscenza medica esistono la Evidence-Based Veterinary Medicine Association (EBVMA)  e il VetSRve presso l’Università di Nottingham. A Jud Heinrichs, della Penn State University(PA) USA, è stato affidato il complesso tema di come valutare la qualità della ricerca scientifica che il professionista utilizzerà per arricchire sia la sua conoscenza clinica che zootecnica. Molto pratico ed efficacie l’intervento di Heinrichs nello “spaccare il capello in quattro” di lavori scientifici singoli e nel suggerire ai presenti quali aspetti di una ricerca pubblicata possano farne temere una scarsa qualità. Il Workshop inaugurale della terza edizione del master in DPM di Perugia non ha rappresentato solo un momento formale ma ha anche avviato una profonda discussione che Ruminantia® si farà carico di stimolare e che troverà nel Congresso 2016 della Società Italiana di Buiatria un momento di ulteriore approfondimento, sempre in collaborazione con medici in nome del concetto “one health, one medicine”.