La politica e il modello economico e sociale della Cina generalmente spaventa il resto del mondo. Molti paesi europei fino allo scorso secolo, e gli USA ancora oggi, oltre a cercare di migliorare il benessere sociale ed economico della loro gente hanno deciso di esportare la loro cultura nel resto del mondo con finalità spesso non proprio filantropiche e con metodi, a volte, molto aggressivi. La Cina non ha mai avuto questa velleità tutta concentrata com’è nell’arricchirsi. La rivoluzione di Mao Zedong e la nascita della Repubblica Popolare Cinese nel 1943 salvò la Cina dalla guerra civile e dalla colonizzazione distruttiva di molti paesi occidentali ma il prezzo pagato dal gigante asiatico e dalla sua gente fu altissimo. Mao, per dare un forte segnale di discontinuità con il passato imperiale, distrusse letteralmente il passato e i suoi simboli. Arte, cultura e religione furono letteralmente e materialmente cancellate. Dalle ceneri di questa distruzione è nata la Cina di oggi che vive e cresce in una dittatura ampiamente accettata da un popolo che ama essere guidato anche duramente e che non ritiene indispensabili la libertà e la democrazia. Tutti i valori di uno dei popoli più antichi del mondo convergono oggi nel “fare soldi” ad ogni costo mantenendo solo in qualche rituale momento un legame con la “tradizione”.

In questo contesto si sta sviluppando la produzione del latte in Cina che oggi si posiziona al 4° posto nella classifica dei maggiori produttori di latte del pianeta dopo India (154.000.000 di ton.), Europa (153.000.000 di ton.), USA (96.000.000 di ton.) e davanti alla Russia ( 30.000.000 di ton.). Nonostante questi numeri considerevoli le “presunte” 15.000.000 di vacche cinesi sono ben lontane dal fornire latte sufficiente anche solo per la colazione ad una popolazione di quasi 1.400.000.000  individui.   Il modello scelto dai cinesi per crescere in tutti i settori è senza dubbio quello statunitense o americano. Una scuola primaria piuttosto dura, studi universitari piuttosto superficiali e poi via all’estero, meglio se negli USA, a specializzarsi per poi tornare in Cina. Modello ancora idealizzato anche da una parte consistente  della popolazione italiana. Il diktat del governo è andare all’estero per acquisire più know how possibile da riportare poi in patria.

Oggi gli allevamenti di vacche da latte in Cina sono giganteschi, tra i più grandi del mondo, sono impostati sul modello americano e vi si applicano acriticamente alla lettera i “protocolli” americani con un largo uso dei loro prodotti. Fino allo scorso anno il prezzo del latte alla stalla era piuttosto elevato e la combinazione “aiuti di stato” e alto prezzo delle merci hanno generato una catena del valore piuttosto interessante dando ricchezza agli allevatori e a tutto l’indotto. Si pensi solo che una razione cinese per le vacche in lattazione costa il doppio di un’analoga italiana.

Questo modello di sviluppo e la forsennata voglia di arricchirsi stanno però devastando l’ambiente e generando una sempre maggiore diffidenza verso la sicurezza per la salute del latte, soprattutto della fascia più ricca della popolazione che oggi si stima essere di circa 400.000.000 di persone (quasi due terzi dell’intera popolazione europea). In Cina tutte le acque sono inquinate, l’aria delle grandi città è irrespirabile e l’ambiente naturale è devastato con la sua biodiversità sostituita dall’artificiale. Oggi paradossalmente in Cina stanno iniziando a crollare i consumi di latte e conseguentemente il suo prezzo che in questo mese è probabilmente sceso sotto la soglia dei 42 euro/q.le, posizionandosi quindi ben al di sotto del break even point. Il modello dei mega allevamenti cinesi, seppur molto produttivi e focalizzati solo sulla media pro-capite, sta facendo emergere tutte le contraddizioni tecniche dovute all’aver acquisito passivamente tecnologie, prodotti e management straniero senza chiedersi il perché o il percome. Unica referenza necessaria il provenire dall’estero, preferibilimente dagli USA.

Esempio emblematico è il costo della razione. Gli “insegnamenti americani” hanno trasmesso il paradigma che senza fieno di medica non si può fare una dieta per le vacche da latte. La Cina non ha terra a sufficienza per produrla per cui la importa quasi completamente proprio dagli USA al prezzo elevatissimo di oltre 330 euro la tonnellata. Lo stesso dicasi per i DDGS (distillers), spesso pagati oltre i 300 euro. Nel tempo delle “vacche grasse” ciò era giustificato ma ora, con il crollo dei consumi interni di latte cinese e quindi del prezzo del latte, il problema sta diventando molto grave. Come avviene nel resto del mondo il solo aumento della produzione pro-capite non è in grado di controbilanciare i costi di produzione. Gli allevatori cinesi sono quindi smarriti e il loro avere abbandonato l’approccio olistico, una volta tipico della loro cultura, e la mancanza di un’adeguata cultura scientifica di base gli impedisce di trovare una soluzione. Altro esempio è quello della genetica, delle attrezzature di stalla e dei farmaci. La cultura dei copia-incolla acritici ha portato alla costruzione di allevamenti iper-tecnologici popolati da super-vacche che ora stanno mostrando tutte le loro contraddizioni.

La situazione della produzione di latte in Cina l’abbiamo vissuta anche noi in Italia nel nostro recente passato. Una parte sempre più consistente dei nostri allevatori e dei nostri professionisti si sta però ora riappropriando del metodo italiano chiedendosi sempre il perché delle cose e liberandosi dall’idea che solo quello che viene dall’estero è buona cosa. Il nostro paese sta riscoprendo l’orgoglio di essere stato il primo ad avere fortemente caratterizzato le proprie produzioni di latte nei formaggi tipici, e ad aver puntato senza se e senza ma sulla sicurezza alimentare e il rispetto dell’ambiente. E’ tempo di rafforzare ancor più l’orgoglio del nostro saper fare, cioè dell’Italian Style, investendo di più sulla ricerca scientifica e sull’export. La ricerca e la  cultura straniera ci hanno certamente aiutato, e di questo dobbiamo essere grati e riconoscenti, ma il tempo dell’infanzia e dell’adolescenza è finito. Ci aspetta ora l’età adulta che dovremo però affrontare con lo stile italiano che è oggi particolarmente ricercato nella gigantesca parte del mondo in via di sviluppo.