Sorprendente l’affluenza di allevatori alla Tavola Rotonda organizzata dal Consorzio Agrario del Nord-Est (CALV) nella loro sede di Valdaro ( MN), lo scorso 21 Novembre. 140 allevatori di vacche da latte si sono confrontati con i quattro relatori invitati dal CALV a discutere sul tema “Il latte italiano: sfide, costi ed efficienze”. La tavola rotonda moderata da Claudio Casolari, responsabile commerciale del settore zootecnico del Consorzio agrario del Nord-Est, è iniziata dando la parola a Stefano Berni, direttore generale del Consorzio di Tutela Grana Padano. Berni ha più volte ripetuto che questa crisi del latte italiano è dovuta alla mancanza di un piano nazionale che avrebbe dovuto gestire il periodo successivo, ossia l’attuale, alla fine del regime quote latte in Europa. Questa grave inadempienza ha provocato una spaccatura in due negli allevamenti produttori di latte bovino in Italia: quelli che conferiscono all’industria di trasformazioni che stanno operando al di sotto del costo di produzione e quelli, soci di cooperative, che hanno un prezzo del latte alla stalla al limite dei i costi per produrlo. Ovviamente Berni si riferisce soprattutto alla produzione di formaggi DOP come il Grana Padano. Anche incalzato dalle domande, Berni afferma che, nonostante il regime quote latte sia terminato, sarebbe necessario in qualche modo differenziare il prezzo del latte in uno sicuramente più elevato di quello attuale basato sulla produzione storica ed uno inferiore per il latte prodotto in più dopo la fine delle quote. Oggi un Grana Padano di 9 mesi vale euro 6.40/kg e ciò valorizza un prezzo alla stalla di 39 centesimi. Un prezzo del genere dà un margine all’industria di trasformazione molto buono, almeno rispetto allo scorso anno. Il Consorzio di tutela ha investito nel 2015 nove milioni di euro per la sola promozione all’estero e 15 milioni in Italia. Grazie a ciò, e ad altri fattori, l’export è cresciuto molto anche se non è ancora quantificabile l’effetto EXPO 2015. Berni ha reagito ad alcuni appunti fatti dagli allevatori sulla quota formaggio, ricordando che questa decisione è stata presa dai 2/3 dei soci del Consorzio di tutela e quindi dalle 4800 stalle che producono le 4.840.000 forme di GP. Dopo Berni è intervenuto Alessandro Fantini, Presidente della Società Italiana di Buiatria e Direttore della rivista on-line Ruminantia, che ha presentato una panoramica della produzione del latte in Europa e in Italia ricordando che ciò è propedeutico a verificare se c’è ancora una prospettiva per gli allevamenti italiani, specialmente per quelli che producono latte alimentare. Fantini ha puntato il dito sulla disinformazione, che di fatto ha permesso a grossi gruppi industriali come Lactalis, e non solo, di operare una speculazione che ha fatto crollare il prezzo del latte alla stalla in Europa e in Italia e prosperare i loro bilanci. Pochi i numeri necessari per sostenere questa opinione. Nel periodo Gennaio-Agosto 2105 la produzione di latte in Europa è aumentata dell’1.3%, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre di quello destinato al consumo fresco la produzione è diminuita del 2% (dati della Commissione Europea aggiornati al 16 Novembre 2015). Meno aggiornati i dati sui consumi. In ogni caso nel 2014 rispetto al 2013 il consumo pro-capite di latte è addirittura aumentato dell’1.77% in Europa (fonte Commissione Europea). Questi numeri testimoniano che l’effetto dopo quote e la crisi economica non hanno inciso né sulla produzione né sui consumi, mentre hanno dato una “grossa mano” a gruppi come Lactalis per veder crescere il loro margine economico a scapito di una riduzione del prezzo agli allevatori. Fantini valuta molto positivamente la svolta presa dalla battaglia del prezzo del latte in corso in questi giorni in Italia dando anche un suggerimento per renderla ancora più efficace. In Italia il prezzo del latte, sia fresco pastorizzato che UHT, è mediamente molto più alto che nel resto dell’Europa. Le ragioni sono tante, ma una fondamentale è che la dicitura volontaria in etichetta che indica la provienenza del latte da allevamenti italiani attrae gli acquisti dei consumatori  e permette all’industria di trasformazione e alla GDO di aumentare il prezzo di vendita al pubblico. Fantini ha portato l’esempio di Sterilgarda che sulla confezione del latte UHT parzialmente scremato riporta una dicitura che indica una provenienza del latte esclusivamente italiana. Osservando molte confezioni di latte venduto in Italia si può notare che questa dichiarazione è molto diffusa. E allora c’è da chiedersi: “Ma quanto latte, o anche formaggi e latticini non DOP e IGP, viene confezionato così? Ma allora perché in sede di trattativa del prezzo del latte alimentare si porta come paragone il latte nord-europeo bene sapendo che in quelle confezioni, e con quelle dichiarazioni di provenienza, è illegale introdurre latte italiano?” Fantini comunque conclude il suo intervento affermando che, oltre a lottare per il diritto ad un prezzo del latte più remunerativo, bisogna agire sui costi e sull’efficienza dell’allevamento, introducendo di fatto il successivo bell’intervento di Stefano Cozzani. Fantini chiude il suo intervento con una dura considerazione su due aspetti verso i quali il “sistema Italia” deve puntare per mettere in “sicurezza” la sua agricoltura. Il primo è l’intensificare la cooperazione e l’associazionismo a tutti i livelli e il secondo l’importanza del trovare una soluzione autorevole alla piaga delle “scuole di pensiero”, spesso utilizzate dal terziario e dall’industria che produce beni strumentali per l’agricoltura e la zootecnia per fare fatturato ma che, per l’effetto boomerang del “vale tutto e il contrario di tutto”, sta generando confusione e diffidenza presso gli allevatori che reagiscono rallentando i consumi e scoraggiando le industrie del settore a investire in ricerca e sviluppo e formazione. Dopo Fantini è intervenuto Stefano Cozzani, coordinatore degli zootecnici del CALV, il quale ha fatto una panoramica oggettiva di come le proposte tecniche della sua organizzazione siano oggettivamente di valore perché supportate da studi e ricerche. Per arrivare ad una efficienza generale, anche e soprattutto economica, è necessaria pianificazione, ottimizzazione delle risorse e informazione. Cozzani ha dimostrato, e ciò è una grande speranza, che negli allevamenti ci sono ampi spazi di miglioramento o meglio di recupero d’efficienza, citando a sostegno di questa affermazione una vasta bibliografia tra cui spicca il lavoro di Oded Nir che dimostra come una stalla media di 100 bovine possa recuperare oltre 60.000 euro l’anno. Molto bella l’affermazione che “ Il latte è il sottoprodotto della gravidanza” con la quale ha introdotto e spiegato il concetto di come l’alimentazione sia importante ma tanti sono i fattori che concorrono all’efficienza. L’ultimo intervento è quello di Emanuela Manzoli di Dinamica Generale, azienda italiana presente in tutto il mondo anche con sistemi elettronici d’analisi degli alimenti e dell’unifeed. La Manzoli ha ricordato che l’alimentazione rappresenta non meno del 65% dei costi di produzione del latte e che quindi un attento controllo delle analisi degli alimenti, la gestione della sostanza secca degli insilati e la gestione dello scarto in mangiatoia può portare un contributo decisivo alla riduzione del costo alimentare. In un progetto di ricerca (Filigrana) che ha visto coinvolti anche il Consorzio di Tutela del GP, l’Università di Piacenza e la stessa Dinamica Generale, si è quantificato un risparmio da 1.9 a 6 centesimi per ogni litro di latte prodotto derivante dall’adozione della loro strumentazione e di tutte le altre cautele alimentari necessarie.