Sono diversi i fattori ambientali, quali clima, nutrizione e gestione, considerati fonti maggiori di stress in grado di esercitare una certa influenza sulla salute e sulle performance produttive degli animali. Questi stimoli sono tradotti da diversi tipi di recettori e possono esitare in modifiche dell’epigenoma, senza che si verifichino variazioni strutturali del patrimonio genetico dell’animale. Sebbene sia ormai noto che il fenotipo sia la risultante dell’espressione del genotipo cui si sommano gli effetti ambientali, le nostre conoscenze circa le interazioni ed i meccanismi attraverso cui l’ambiente può modulare il fenotipo, lo sviluppo e la suscettibilità alle malattie negli animali sono ancora insufficienti. Comprendere meglio l’effetto dell’ambiente sull’epigenoma, infatti, potrebbe essere utile per predire le performance di un certo genotipo e migliorare la selezione di animali superiori.
L’obiettivo di questo lavoro è esporre brevemente alcuni fattori chiave di tipo ambientale che possono influenzare la fisiologia del sistema endocrino, in particolare nella specie bovina, in modo tale da comprometterne la salute e le produzioni.
Ad esempio, nell’ottica di massimizzare l’efficienza produttiva, l’allevamento moderno si è evoluto in maniera intensiva. Pratiche gestionali quali la conduzione degli animali e lo svezzamento, assieme alle condizioni di ricovero e trasporto, devono essere adeguate al fine di garantire il benessere in quanto questi stessi elementi possono rivelarsi una fonte primaria di stress. L’aumento dei livelli di cortisolo in condizioni di allevamento non idonee si correla con comportamenti di tipo ansioso, aumento della suscettibilità alle malattie e diminuzione della performance riproduttiva. Per tale motivo, il cortisolo è spesso utilizzato per quantificare il livello di stress negli animali allevati. Altri fattori ascrivibili alle condizioni dei ricoveri, che possono influenzare lo stato di benessere dei bovini, sono rappresentati dalla qualità della ventilazione, del raffrescamento, delle pavimentazioni, come anche dalla densità degli animali e dalla frequenza di cambiamento dei gruppi. Una ventilazione insufficiente potrebbe aggravare lo stress indotto dall’esposizione a calore o freddo intensi: l’impatto di queste temperature estreme può variare in base allo stato fisiologico dei bovini. Alcuni autori hanno riportato un aumento repentino del cortisolo in giovani torelli allevati in condizioni di alta densità (1.2 mq per capo) con peggioramento della performance di accrescimento. In torelli ai quali erano assicurati spazi maggiori (4.2 mq per capo) i livelli di interferone-gamma (citochina pro-infiammatoria tipica) sono inferiori rispetto ai controlli (2.7 e 1.2 mq per capo). La densità eccessiva induce maggiori contrasti di tipo sociale per la determinazione della gerarchia ed attiva le ghiandole surrenali: queste rilasciano cortisolo e catecolamine che, a loro volta, influenzano la funzione cardiovascolare, riproduttiva, immunitaria e neurologica. Un fenomeno simile accade quando le bovine sono trasferite in un gruppo sociale differente: la modifica della gerarchia e il tentativo di ristabilire un ordine di dominanza sottraggono tempo allo stazionamento in mangiatoia, da cui ne risulterà minore produzione lattea, soprattutto nelle bovine di rango inferiore. Per quanto riguarda le pratiche di allontanamento dalle madri e di svezzamento dei vitelli, il momento della separazione è stato correlato con l’incremento delle concentrazioni di epinefrina e norepinefrina e con la loro diminuzione una volta che madre e vitello erano di nuovo insieme, in uno studio. E’ stato anche osservato che effettuare lo svezzamento a 89 giorni di vita permetteva ai vitelli di tollerare il trasporto dal luogo di nascita ai feedlot, rispetto ai vitelli di controllo che erano svezzati a 300 giorni di vita. Nello stesso studio, i vitelli svezzati a 89 giorni di età avevano concentrazioni plasmatiche di ceruplasmina (indicatore di stress ed infiammazione) minori e maggior indici di accrescimento, rispetto ai controlli citati in precedenza. Il trasporto dei bovini è spesso necessario per permetterne l’allevamento; questo evento risulta particolarmente stressante ed esita nell’attivazione della corticale surrenale e alterazione del metabolismo glucidico. E’ stato dimostrato che durante i periodo di stress anche i linfociti circolanti possono produrre e rilasciare in circolo l’ACTH, ormone responsabile della liberazione di corticosteroidi a livello surrenale. Ciò può influenzare negativamente sia il metabolismo energetico quanto la risposta immunitaria e quindi la suscettibilità alle malattie.
Anche lo status nutrizionale può influenzare l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi nei bovini. Ormoni quali insulina, ormone della crescita (GH), fattori di crescita insulino-simili (IGF I e II) e leptine sono fondamentali nella regolazione della funzione riproduttiva. Le leptine risultano essenziali durante la pubertà e poi nel postparto e sono positivamente associate alla condizione corporea. La leptinemia e l’espressione delle leptine nei tessuti sono influenzate anche dallo stadio di gravidanza e di lattazione, dall’assunzione di colostro, dai livelli circolanti di insulina, glucosio, glucocorticoidi, GH, acidi grassi (soprattutto acido linoleico) e dal fotoperiodo. Una restrizione nutrizionale infatti può ritardare l’entrata in pubertà delle manze così come può determinare anestro nel postparto nelle vacche. I fitoestrogeni assunti con l’alimentazione possono comportarsi come distruttori endocrini: alcuni di essi sono in grado di aumentare la contrattilità della tuba uterina, rendendo inefficiente il trasporto dell’oocita o impedendo l’impianto dell’embrione. Nei vitelli è stata osservata depressione dell’attività tiroidea con scarso accrescimento in seguito a infezione protozoaria, a causa della ridotta assunzione di alimento.
Nei bovini un THI (temperature-humidity index) di circa 70 è considerato il limite superiore della zona di termoneutralità. L’esposizione a calore eccessivo ha noti effetti negativi sulla fisiologia riproduttiva: ad esempio si può osservare aumento dei livelli di progesterone, anche nelle bovine vuote, con diminuzione dei tassi di concepimento per mancata rilevazione del calore. Bovine stabulate in stalle raffrescate mostrano livelli di cortisolo inferiore rispetto ai controlli; lo stress da caldo è in grado di inibire il rilascio di LH ipofisario, con effetto negativo sulla dinamica follicolare. Temperature elevate possono inibire i centri della fame e diminuire l’ingestione di alimento, con ben noti effetti negativi sulla fertilità e sulle produzioni. L’effetto delle alte temperature sull’assunzione di alimento è probabilmente mediato da una diminuzione dei livelli circolanti di GH e dall’aumento delle concentrazioni di IGF II.
Infine, è stata osservata maggiore produzione di latte (dal 6 al 13% in più),nei capi esposti ad un fotoperiodo maggiore (16 ore di luce) durante i mesi freddi dell’anno.
I fattori finora menzionati sono in grado di influenzare negativamente il benessere, la fertilità e le produzioni dei bovini allevati; tuttavia, essi non esercitano alcun effetto sull’equilibrio ormonale e sul metabolismo dell’animale, se questo non li percepisce come stressanti. Occorre quindi adeguare le strutture dove gli animali sono ospitati e le pratiche di conduzione al fine di permettere il mantenimento dell’omeostasi, indispensabile per ottimizzare la produttività dell’allevamento.
Environmental stressors influencing hormones and systems physiology in cattle
Bova TL et al.
Reproductive Biology and Endocrinology 2014, 12:58
DOI http://www.rbrj.com/content/12/1/58