INTRODUZIONE

La mortalità delle vacche da latte è un problema crescente e che ha un significativo impatto sulla loro redditività. Può causare perdite economiche a causa della diminuzione della produzione di latte, per la mancata vendita di animali, per i costi dei trattamenti durante il periodo di malattia prima della morte e per un aumento dei costi di rimonta. In più va considerato il costo del lavoro e il costo di smaltimento degli animali morti (Thomsenet al., 2006a). Inoltre, un aumento della mortalità in allevamento indica uno stato di salute e di benessere compromesso (Thomsen e Houe, 2006). La mortalità è un’importante variabile di mandria, se raccolto di routine, e di valutazione del benessere animale. Tale informazione è stata inclusa nel recente protocollo di valutazione del benessere delle vacche da latte dell’EFSA (EFSA, 2012). Non è noto quello che dovrebbe essere considerato un normale livello di mortalità per vacca da latte in azienda. Thomsen e Houe (2006) in una recensione di 19 studi sulla mortalità della bovina da latte effettuati nel periodo 1965-2006 hanno evidenziato che la mortalità media era compresa tra 1% e 5%. Negli Stati Uniti la mortalità delle vacche da latte è di circa l’1-2% nel periodo compreso tra il 1930e il 1990 (Shahid, 2013). Studi più recenti hanno indicato tassi di mortalità relativamente più elevati. Pinedo et al. (2010) hanno studiato i dati raccolti dal DHIA in 2.054 allevamenti in 38 Stati degli Stati Uniti e hanno trovato un tasso di mortalità del 6,6% per vacche che hanno partorito dal 2001 al 2006. Allo stesso modo, Alvåsen et al. (2012) hanno documentato che la mortalità negli allevamenti da latte in Svezia è gradualmente aumentata dal 5,1%, nel periodo 2002-2003, al 6,6% tra il 2009 e il 2010. La mortalità è diventata il motivo principale di rimonta negli allevamenti rappresentando il 20,6% delle cause di eliminazione (Pinedo et al., 2010), aumentando così le preoccupazioni per il benessere delle vacche da latte. Studi recenti che hanno indagato sui fattori di rischio per la mortalità si sono principalmente focalizzati sulle caratteristiche e i metodi di gestione degli allevamenti. Pochissimi studi hanno esaminato la relazione tra fattori individuali e rischio di mortalità. La mortalità aumenta negli allevamenti di maggiori dimensioni, in quelli con un interparto più lungo, in quelli che utilizzano l’unifeed e dove le cellule somatiche sono più alte (Alvåsen et al., 2012). Un tasso di rimonta più basso è stato riscontrato in allevamenti con vacche eliminate precocemente e in quelle dove maggiormente si acquistano animali dall’esterno (Raboisson et al., 2011). Una minore mortalità è stata riscontrata in aziende con una maggiore produzione di latte e con accesso al pascolo per il pascolamento (Alvåsen et al., 2012). A livello di singola bovina, una maggiore mortalità è stata associata con una produzione di latte inferiore (Pinedo et al.,2010) e con l’aumento del numero di parti (Raboisson et al., 2011). Viceversa, Miller et al. (2008) hanno riferito che la frequenza di morte aumenta con una maggiore produzione di latte. Considerando l’effetto della mortalità sul benessere delle vacche e la redditività, sono necessarie ulteriori ricerche per esplorare quelle caratteristiche individuali associate al rischio mortalità tenendo anche conto delle caratteristiche dell’allevamento. Gli obiettivi di questo studio sono quelli di descrivere le recenti tendenze della mortalità negli allevamenti che aderiscono al DHIA nel Midwest degli Stati Uniti dove individuare i fattori di rischio individuale e collettivo associato con la mortalità in azienda.

ABSTRACT

Gli obiettivi di questo studio sono quelli di descrivere la mortalità in azienda e di indagare i fattori di rischio individuale e di allevamento in aziende del Midwest USA utilizzando le analisi di sopravvivenza lattazione. Sono stati utilizzati un totale di circa 5,9 milioni di record del DHIA provenienti da 10 stati americani del Midwest da Gennaio 2006 a Dicembre 2010. Le variabili utilizzate nel modello sono: la produzione di latte al primo controllo (test-day 9), il grasso percentuale del latte individuale, le proteine percentuali del latte individuale​, il rapporto grasso- proteina, l’azoto ureico individuale, le cellule somatiche, la durata del precedente periodo d’asciutta, il precedente interparto, i nati morti, il sesso del vitello, la gemellarità, la difficoltà di parto, la stagione del parto, il numero di parti e la razza. Le variabili utilizzate a livello d’allevamento sono state invece le sue dimensioni, l’interparto medio, il punteggio delle cellule somatiche, la produzione di latte in età matura (EVM) e la percentuale di nati morti. L’analisi descrittiva ha mostrato nel complesso un tasso di mortalità individuale del 6,4%, in aumento dal 5,9% del 2006 al 6,8% nel 2010 a livello allevamenti. La mortalità è stato il motivo principale di uscita dagli allevamenti (19,4% del tasso totale di rimonta) seguito da riproduzione (14,6%), lesioni e altro (14,0%), bassa produzione (12,3%), e mastite (10,5%). L’analisi dei fattori di rischio ha mostrato che l’aumento di rischio per la mortalità è stato associato con un maggiore rapporto grasso/proteine ​​(> 1,6 vs 1-1,6), una più alta percentuale di grasso del latte, una minore percentuale di proteine, in vacche che hanno partorito un vitello maschio, con più vitelli, con un più alto azoto ureico nel latte, con più parti, con un più lungo interparto nella lattazione precedente, un maggiore punteggio di cellule somatiche al primo controllo, con difficoltà al parto e nella razza Holstein. Una diminuzione del rischio mortalità è stata associata con una maggiore produzione di latte al primo controllo, con una maggiore concentrazione di proteine ​​del latte e un periodo di asciutta più breve. Per i fattori collettivi, ossia a livello d’allevamento, un aumento del rischio di mortalità è stato associato ad un aumento delle dimensioni dell’allevamento, all’aumento della percentuale di nati morti, ad un maggiore livello di cellule somatiche e ad un maggiore interparto. Le bovine di mandrie con una maggiore produzione di latte hanno un rischio di mortalità più basso. I risultati dello studio hanno indicato che le informazioni raccolte nel primo controllo funzionale (test-day), specialmente quelle indicative di bilancio energetico negativo, potrebbe essere utili per identificare gli animali ad alto rischio di mortalità. La maggiore produttività di latte non ha evidenziato un’associazione negativa con la mortalità. Inoltre, l’associazione tra fattori a livello di allevamento e mortalità ha indicato che la qualità del management potrebbe essere un fattore importante nel ridurre la mortalità in azienda, migliorando così il benessere delle vacche.

Autori: Shahid ed altri. Cow- and herd- level risk factors for on-farm mortality in Midwest US dairy herds. J.Dairy Sci. ( 2015 ) 98:4401-4413