Questo è un momento di difficoltà per tutti quanti. La situazione ci chiede di mettere avanti la razionalità, e fare squadra per evitare ulteriormente la diffusione del virus, che proprio ieri l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato pandemia. La risposta del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha annunciato la chiusura delle attività commerciali non di prima necessità, è poi arrivata ieri sera,
Dobbiamo mantenere la calma, non farci prendere dal panico, tirare un sospiro profondo ed attenerci alle regole. Avremo riflessi economici, che non staremo qui a discutere, e forse ci saranno logiche ed abitudini da rivedere e ripensare.
Per capire come organizzarci e come vivere la situazione, abbiamo raccolto la testimonianza di un allevatore di Codogno (LO) che ha vissuto nel vivo il focolaio di Coronavirus delle scorse settimane, Paolo Ciceri. Le parole che Paolo ha espresso dovrebbero aiutarci ad avere fiducia nelle nostre possibilità di riuscire a risolvere le situazioni anche più complesse.
“Quel venerdì 21 febbraio ci è piombato il mondo addosso. La prima preoccupazione è andata alla salute della famiglia, soprattutto ai bambini e ai ragazzi, anche perché qui a Codogno l’istituto agrario è proprio di fronte al Pronto Soccorso: lì c’è un bar, dove vanno professori, studenti e infermieri, quindi il rischio era elevato. Poi non capivamo bene la situazione, così improvvisa. In quel momento mi sono venute in mente le parole di Papa Wojtyla: non abbiate paura! Sono parole che vengono utili sempre, soprattutto in queste situazioni”. Paolo ci racconta di come hanno cercato di trasmettere ai ragazzi queste parole, per poi mettersi all’opera e fronteggiare la situazione. Le difficoltà nel lavoro sono arrivate subito: “Avevo necessità di gasolio, ma l’azienda dalla quale mi rifornisco non consentiva ai dipendenti di andare in zona rossa: era necessario un processo lungo per ottenere le autorizzazioni dalla prefettura, ed in quel caso era proprio l’azienda a non mandare personale a consegnare. Capivamo comunque anche la scelta dell’azienda: anche i nostri dipendenti, non ancora in possesso dei permessi della prefettura, hanno avuto difficoltà perché venivano fermati ai posti di blocco”. Un altro punto critico è arrivato con la rottura della pompa della mungitrice, che richiedeva l’intervento di tecnici specializzati: anche in questo caso, la ditta fornitrice non entrava in zona rossa, e l’azienda di Paolo ha dovuto mungere con una fila in meno. La fortuna di Paolo sta nell’avere una manodopera numerosa in famiglia a disposizione, quindi ha coinvolti i ragazzi che si sono messi di buona volontà all’opera. Va considerato che le vacche da mungere sono 500, quindi non un gioco facile. Solo dopo una settimana le aziende sono riuscite ad entrare di nuovo in quell’area. La raccolta del latte è stata sempre garantita.
“Noi adulti siamo abituati a passare periodi difficili, e con impegno e fiducia ne veniamo fuori sempre. Per i più giovani è stato diverso, perché, di fronte a questa crisi, sono cresciuti mentalmente: forse questo toglierà loro un po’ di spensieratezza”, commenta Paolo. “La cosa brutta è stata vedere le ambulanze continuamente. Tra Codogno e Casalpusterlengo gli abitanti si conoscono tutti: le persone che se ne sono andate rimarranno sempre nel nostro cuore, e fa un effetto strano non poterle più salutare.”
Quello che ci trasmette questo allevatore è che di fronte ad una situazione di crisi l’ansia a ruota libera, la paura e, soprattutto, le polemiche sono come dei grossi vampiri che ci risucchiano energia. Quell’energia va impiegata per usare razionalità ed intelligenza, per comunicare nel modo giusto e per poter trovare delle soluzioni tampone a probabili effetti collaterali ben più gravi. Ognuno dovrà fare la sua parte, e la fine arriverà prima di quanto crediamo.