Da qualche anno ormai si sta manifestando il fenomeno della riduzione dei consumi dei prodotti di origine animale. In particolare del latte e dei suoi derivati. Le ragioni sono complesse ma riconducibili principalmente alle perplessità etiche e salutistiche dei consumatori. Ormai buona parte della popolazione occidentale è “urbanizzata”, ossia vive nelle città ed ha perso ogni contatto con l’ambiente rurale, e quindi con l’agricoltura e l’allevamento. Solo in Italia essa rappresenta il 65% della popolazione. La gente ha una percezione “naif” dell’allevamento degli animali. E’ convinta che le “mucche”, così le chiamano, vivano al pascolo. Negli ultimi anni  inchieste giornalistiche, onlus internazionali come la CIWF e i social media stanno rappresentando la verità, anche se spesso esasperata, di come realmente vengono allevate le vacche da latte. Stanno facendo vedere alla gente semplicemente quella realtà che per gli allevatori e i professionisti rappresenta quello che è giusto fare. Molta gente ha rapporti costanti con i molti animali che vivono nelle nostre case e che per semplificazione chiamiamo “da compagnia”. Di questi animali la gente ha una visione antropomorfizzata e pensa che anche i così detti animali “da reddito” percepiscano felicità e benessere nello stesso modo degli esseri umani. Questo cortocircuito culturale e d’informazione sta portando alla maturazione, in fasce crescenti della popolazione agiata e nei giovani, di un senso di inganno e della sensazione di essere co-responsabili delle sofferenze degli animali da reddito costringendoli a fare una vita molto diversa da quella che avrebbero fatto in natura. Questo senso di colpa è probabilmente la prima causa della riduzione dei consumi del latte e dei suoi derivati, riduzione che può sfociare nel comportamento più radicale del veganesimo. Il latte è sempre stato un alimento importante per la salute e il benessere dell’uomo. In fondo noi discendiamo da antenati in grado di digerirlo fino all’età adulta e che per questo hanno avuto un sensibile vantaggio evolutivo. Inoltre, l’esclusione del latte dalla dieta delle donne gestanti e dei bambini sta creando seri problemi alla loro salute.

Le agenzie di comunicazione alle quali si rivolge abitualmente l’industria lattiero-casearia spesso non hanno a loro volta contatti con l’ambiente rurale, per cui optano generalmente per campagne pubblicitarie che rappresentano le bovine al pascolo, alimentando inconsapevolmente l’equivoco che c’è tra consumatori ed allevatori.

Ruminantia intende incontrare i giovani per comprendere approfonditamente le motivazioni che sono alla base dell’esclusione del latte dalle loro abitudini alimentari. Vuole ascoltare dalla loro voce, con il loro modo di esprimersi, quale percezione hanno dell’allevamento delle bovine da latte. Vuole capire esattamente cosa intendono per benessere animale e secondo loro cosa si dovrebbe fare per garantire alle bovine una vita più vicina al loro naturale comportamento e dignitosa.

Ruminantia vuole anche provare a capire quale effetto può avere su di loro lo spiegare il perché le bovine vengono allevate come oggi si fa e che la negligenza di alcuni allevatori non è rappresentativa di un’intera categoria

Il 15 Novembre 2017 alle ore 18.00, presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria di Perugia, Ruminantia incontrerà un gruppo di giovani scelti con il criterio della casualità nei Dipartimenti dell’Università degli Studi di Perugia e nella Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia per discutere questo argomento, con il supporto scientifico del Prof. Alberto Giulio Cianci di Istituzioni di Diritto Privato e Comunicazione Pubblicitaria e Tutela dei Consumatori dell’Università degli Studi di Perugia.

Il focus group si svolgerà con il patrocinio dell’Università degli Studi di Perugia, del Dipartimento di Medicina Veterinaria e del Centro Italiano di Studi Superiori per la Formazione e l’Aggiornamento in Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.