Lo studio fornisce una prova sostanziale dei progressi che si verificano a livello globale nel ravvicinamento normativo. La cooperazione scientifica, la cooperazione tra gli organismi di valutazione del rischio, l’armonizzazione delle procedure di controllo e i sistemi di allarme rapido per i rischi emergenti possono facilitare i progressi in questa direzione, riducendo i costi di transazione e le asimmetrie informative nel commercio agroalimentare.

Su richiesta della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo, è stato elaborato uno studio dal titolo “Agricultural trade: assessing reciprocity of standards”.

L’espansione del commercio agroalimentare degli ultimi decenni è avvenuta grazie alla riduzione delle tariffe attraverso accordi commerciali multilaterali e regionali, ma, per operare sui mercati internazionali, gli operatori del settore alimentare devono soddisfare gli standard di produzione internazionali, i quali contribuiscono a scambi più trasparenti ed efficienti in tutto il mondo, oltre a concorrere alla salute pubblica, alla protezione dell’ambiente o al benessere degli animali. Oltre agli standard stabiliti dalle istituzioni pubbliche, una varietà di entità private utilizza standard volontari, che sono una parte importante del quadro commerciale internazionale. Tuttavia, gli standard obbligatori rimangono la forma predominante di governance europea in materia di sicurezza alimentare, benessere degli animali e protezione dell’ambiente.

Al di fuori dell’Unione Europea, esistono norme in materia alimentare diverse da quelle vigenti in UE. Questa frammentazione normativa crea problemi per il commercio, anche a livello competitivo per agricoltori o industrie alimentari. Tutto questo si traduce in costi aggiuntivi per gli operatori, con un certo peso per gli agricoltori e le PMI anche in termini di accesso al mercato.

Le differenze normative possono essere utilizzate per influenzare il commercio. Gli strumenti normativi, così come gli standard, sono stati oggetto di importanti dibattiti durante la negoziazione dei vari accordi commerciali, e, parallelamente, anche la reciprocità degli standard di prodotto e di processo hanno avuto peso nella determinazione degli accordi. Va evidenziato che i paesi con standard basso possono produrre a costi inferiori, risultando così più competitivi rispetto agli agricoltori UE, i quali si trovano ad affrontare costi aggiuntivi nel rispetto della legislazione europea. D’altro canto, i paesi potrebbero utilizzare le differenze normative come meccanismo per proteggere i mercati interni dalle importazioni, approccio che sembra essere stato utilizzato negli ultimi anni come alternativa ai tradizionali meccanismi di protezione (uso delle tariffe e delle quotazioni all’importazione).

L’UE è il più grande blocco commerciale del mondo e ha il maggior numero di accordi di libero scambio (ALS) nel mondo. Nel suo approccio agli standard nei nuovi accordi commerciali, l’UE ha cercato di raggiungere due obiettivi. Da un lato, la politica commerciale europea mira a contribuire alla liberalizzazione del commercio mondiale riducendo le barriere doganali e commerciali (come all’articolo 206 del TFUE). D’altra parte, vuole garantire standard di consumo europei in materia di sicurezza alimentare, benessere degli animali, protezione ambientale e standard sociali minimi – e quindi prevenire la corsa al ribasso sugli standard.

Nel 2015, la Commissione europea ha definito una nuova strategia commerciale per l’Unione europea attraverso una comunicazione denominata “Trade for all“. Questa nuova strategia commerciale prevede l’apertura reciproca ed effettiva degli scambi, rafforzando al contempo la governance globale su questioni come la sicurezza alimentare, la salute pubblica, la protezione dell’ambiente e il benessere degli animali.

Risultati chiave

È interessante notare che, mentre l’uso di standard è stato considerato un ostacolo al commercio, la nascita e la diffusione di standard in tutto il mondo ha coinciso con la crescita del commercio mondiale di prodotti agricoli. Inoltre, la crescita è stata più pronunciata per quei prodotti dove gli standard sono più importanti, come ad esempio frutta, verdura, pesce, carne e prodotti lattiero-caseari. Gli standard hanno anche trasformato la struttura e l’organizzazione delle catene del valore globali e locali. La conformità con standard alimentari sempre più complessi e rigorosi richiede un coordinamento verticale sempre più stretto all’interno delle catene di valore. L’impatto delle norme sul commercio può essere positivo o negativo a seconda della natura della norma, del prodotto, del mercato e delle istituzioni, etc. Gli standard, come discusso sopra, possono essere utilizzati anche come strumenti di protezione degli operatori nazionali contro le importazioni.

Armonizzazione internazionale e coordinamento delle norme sono diventati sempre più importanti in questi ultimi anni durante i quali il commercio agroalimentare ha continuato a crescere ed è sempre più interessato da standard di vario tipo. Tuttavia, va notato che se le differenze di norme tra paesi o blocchi commerciali sono grandi, l’armonizzazione e il ravvicinamento normativo non necessariamente hanno solo benefici. L’armonizzazione completa può essere costosa in termini di deviazione dall’ottimo sociale di un paese. Il ruolo storico fondamentale nel perseguire il coordinamento internazionale dei regolamenti e delle norme è stato svolto dal WTO (World Trade Organization). Sebbene ci siano stati notevoli progressi (come gli accordi TBT e SPS), le normative continuano a variare da paese a paese.

Oltre a prendere in esame e documentare i cosiddetti “specific trade concerns” (STC), che vede l’UE prima tra i membri WTO per maggior numero di reclami ricevuti (20%) e sollevati (20%) (peraltro, più della metà risolti in tempi ragionevoli), lo studio documenta anche:

  • i progressi nell’armonizzazione e nella rimozione delle pratiche vincolanti il ​​commercio;
  • i problemi (non necessari) persistenti delle norme e la loro attuazione per gli scambi.

La relazione fornisce prove sui progressi e sui problemi nel ravvicinamento normativo delle norme sia sotto forma di armonizzazione (come nel caso degli LMR) sia sotto forma di riconoscimento reciproco (come, ad esempio, nelle IG) per l’UE e i suoi partner commerciali. Inoltre, lo studio discute dell’importanza dei negoziati commerciali più recenti, come il CETA e l’accordo con la Corea del Sud in quanto esempi d’integrazione degli standard nei nuovi accordi commerciali bilaterali. A livello pratico, un esempio di integrazione è quella riguardante le indicazioni geografiche discussa con il CETA.

Ulteriori criticità ed azioni per il futuro

Infine, la relazione mette in luce le ulteriori criticità, nonostante i progressi raggiunti su alcuni aspetti dell’armonizzazione delle norme e sulla risoluzione degli STC. Questo è particolarmente vero in virtù della mancanza di accordo sulle prove scientifiche di potenziali impatti e sul processo per affrontare i rischi connessi (particolarmente vero nei settori della salute delle piante, della salute degli animali e della sicurezza alimentare). La risoluzione dei conflitti potrebbe derivare da una migliore collaborazione tra gli organismi di valutazione del rischio, l’armonizzazione dei controlli ufficiali, una migliore tracciabilità e il miglioramento dei sistemi di allarme rapido per i rischi emergenti. Gli organismi internazionali stanno cercando di stimolarlo e svolgono un ruolo attivo in questo. Inoltre, si rende necessaria una modernizzazione del Codex Alimentarius, anche attraverso l’armonizzazione delle metodologie e dei dati. Questa modernizzazione del codice potrebbe anche aiutare gli agricoltori e le altre parti interessate nelle catene di approvvigionamento dei paesi in via di sviluppo ad attuare le modifiche necessarie per soddisfare gli standard dell’UE. L’UE può svolgere un ruolo contribuendo alla capacità istituzionale e alle conoscenze tecniche nei paesi in via di sviluppo per quanto riguarda la definizione, l’attuazione e l’applicazione delle norme.

 

Riferimenti

A. Zezza, F. De Maria, M. R. Pupo D’Andrea, Council for Agricultural Research and Economics, Centro di Ricerca Politiche e Bio-economia (CREA-PB). J. Swinnen, G. Meloni, S. Vandevelde, Center for European Policy Studies (CEPS). A. Olper, D. Curzi, V. Raimondi, Department of Environmental Science and Policy, University of Milan. S. Droquè, INRA, UMR MOISA, 2018, Research for AGRI Committee – Agricultural trade: assessing reciprocity of standards, European Parliament, Policy Department for Structural and Cohesion Policies, Brussels