La produzione di alimenti di origine animale contribuisce a garantire la sicurezza alimentare globale. Lo sostiene uno studio pubblicato sulla rivista Global Food Security da un team di ricercatori dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite (Fao), che evidenziano due punti chiave: gli animali consumano principalmente alimenti non adatti per il consumo umano, per cui non sottraggono cibo alle persone; il bestiame produce nutrienti più preziosi per gli esseri umani (come le proteine) di quelli che consuma.

“Come Livestock Policy Officer che lavora per l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) delle Nazioni Unite, mi è stato chiesto molte volte dalla stampa di fornire informazioni sugli impatti negativi del bestiame sull’ambiente – afferma Anne Mottet, che ha diretto lo studio -. Questo mi ha permesso di rendermi conto del fatto che le persone sono costantemente esposte a informazioni scorrette che vengono ripetute senza essere contestate, in particolare in relazione all’alimentazione degli animali. Il nostro studio contribuisce a colmare queste lacune e a offrire prove scientifiche dirette a informare meglio i responsabili politici e la popolazione”.

Gli autori intendono smentire la convinzione che l’allevamento di animali comporti uno spreco di risorse, perché richiederebbe una grande quantità di cibo – che potrebbe anche essere utilizzato dagli esseri umani – per produrre dosi relativamente piccole di carne. In realtà, il bestiame consuma per lo più alimenti non adatti per il consumo umano e la produzione di carne richiede meno cereali di quanto si ritenga. Oltretutto, gli alimenti di origine animale contribuiscono in modo fondamentale all’alimentazione della popolazione mondiale e rappresentano un’ottima fonte di macro e micronutrienti. La carne fornisce il 18% delle calorie e il 25% delle proteine consumate a livello globale, e fornisce sostanze essenziali come la vitamina B12, il ferro e il calcio.

I ricercatori sottolineano, inoltre, che il bestiame sfrutta grandi aree di pascoli dove non è possibile produrre altro. Evidenziano, poi, che gli animali contribuiscono al rendimento della produzione agricola attraverso la produzione di letame. Infine, osservano che l’allevamento del bestiame rappresenta una fonte sicura di reddito per le persone che risiedono in molte zone rurali.

Nonostante questi vantaggi, l’allevamento del bestiame è spesso stato indicato come un “sistema inefficiente” perché si sostiene che gli animali consumino cibo che potenzialmente potrebbe essere consumato dalle persone. Alcuni studi precedenti, spesso citati, hanno calcolato che per produrre 1 kg di carne bovina è necessario utilizzare tra 6 e 20 kg di grano. Ma gli studiosi della Fao precisano che queste stime sono troppo elevate, e che in realtà sono necessari solo 3 kg di cereali per produrre 1 kg di carne. L’analisi dimostra, inoltre, che esistono differenze rilevanti tra i sistemi di produzione e le specie: per esempio, grazie all’impiego di pascoli e foraggi, i bovini hanno bisogno solo di 0,6 kg di proteine derivanti da cibo adatto anche agli umani per produrre 1 kg di proteine di latte e carne, che sono di qualità nutrizionale superiore. Inoltre, lo studio ha rilevato che l’86% degli alimenti usati per nutrire gli animali, che comprendono residui e sottoprodotti, non sono adatti per il consumo umano. Gli scienziati precisano che se non venissero consumati dal bestiame, questi “residui” potrebbero rapidamente diventare un onere ambientale, dato che la popolazione umana consuma una quantità sempre maggiore di cibo trasformato.

“La produzione animale, nelle sue molteplici forme, svolge un ruolo fondamentale nel sistema alimentare, facendo uso di terre non coltivabili, trasformando i co-prodotti in beni commestibili, contribuendo alla produttività dei raccolti e trasformando le colture commestibili in alimenti ricchi di proteine altamente nutrienti – conclude Mottet -. Quantificare le risorse in termini di territorio e di biomassa impegnate nella produzione di bestiame e nella produzione alimentare che ne deriva, ma anche migliorare la nostra capacità di analisi includendo le tendenze delle preferenze dei consumatori, gli spostamenti delle specie animali, gli impatti del cambiamento climatico e i processi industriali impiegati per migliorare la commestibilità umana di alcuni ingredienti alimentari rappresentano probabilmente la base di informazioni necessarie per comprendere come nutrire in modo sostenibile 9,6 miliardi di persone entro il 2050”.

Fonte: Mangimi&Alimenti