Il colostro rappresenta la prima secrezione mammaria e si compone di diversi elementi, tra cui immunoglobuline, leucociti e citochine, fondamentali per supportare l’immunità del vitello nel primo periodo di vita. La permeabilità intestinale alle IgG decresce molto rapidamente dopo la nascita, per cui somministrare un colostro di buona qualità (con contenuto di IgG > 50 g/L) è il primo passo per assicurare la sopravvivenza del vitello. Fattori quali la contaminazione del colostro, la quantità somministrata ed il momento di vita in cui il vitello assume il colostro possono influenzare le modalità di assorbimento delle immunoglobuline.
Generalmente si indica come di buona qualità un colostro che contenga almeno 50 g/L di immunoglobuline; questo limite arbitrario si basa sulla necessità per i vitelli di ricevere tra i 100 ed i 200 g di IgG per un efficace trasferimento dell’immunità passiva (definita come un titolo di IgG sieriche superiore a 10 g/L tra 1 e 7 giorni di vita). La scelta di un cutoff arbitrario non è attualmente supportata da evidenze scientifiche che attestino la reale distinzione tra colostro di buona e scarsa qualità: oltre alla concentrazione di immunoglobuline, anche la presenza di cellule vive di origine materna, citochine, fattori di crescita, composizione nutrizionale e contaminazione batterica del colostro concorrono a definirne il valore per la sopravvivenza del vitello. Ad ogni modo, la misurazione del contenuto di immunoglobuline è attualmente il metodo più diffuso per la selezione del colostro da destinare ai vitelli.
I metodi di misurazione del contenuto in immunoglobuline nel colostro più diffusi sono rappresentati da tecniche RID (saggio ad immunodiffusione radiale) e NIRS (spettrometria nel vicino infrarosso) e sono caratterizzati da alta affidabilità. Purtroppo, sono di difficile applicazione in campo ed in un contesto aziendale. Le procedure normalmente impiegate in stalla includono la valutazione del colore e della densità. La sola valutazione del colore è considerata poco affidabile mentre per la valutazione della densità, il colostrometro è poco apprezzato in quanto fragile, facilmente influenzabile dalla temperatura di misurazione e dalla necessità di lavaggio tra un campione e l’altro. Di recente è stato introdotto il metodo refrattometrico convertito in scala Brix, tramite l’impiego di dispositivi ottici o digitali. Questa tecnica è considerata di facile esecuzione ed affidabile ai fini della distinzione di un colostro di buona o scarsa qualità (cutoff: IgG > 50 g/L). In questo caso, sono necessarie solo poche gocce di colostro ed il risultato è immediatamente disponibile. La scala Brix misura la quantità di zuccheri contenuta in una soluzione ed un punto corrisponde ad 1 g di sucrosio per 100 g di soluzione. La conversione permette di rapportare la densità del liquido misurato, in questo caso il colostro, con il contenuto in immunoglobuline.
Ad oggi vi sono diverse pubblicazioni che riportano differenti livelli di specificità e sensibilità del metodo refrattometrico circa la distinzione tra colostri di buona o scarsa qualità. Lo scopo di questo lavoro è stato eseguire una revisione delle letteratura disponibile e procedere poi con meta-analisi dei risultati ottenuti per valutare l’affidabilità del metodo refrattometrico, confrontato con i gold standard RID e NIRS. Come obiettivo secondario, si è identificato un valore cutoff sulla scala Brix per la distinzione di colostro di buona qualità.
In tutto sono stati selezionati 11 lavori, per un totale di 4251 campioni di colostro analizzati. Nove lavori hanno comparato valutazione Brix e RID, i restanti hanno impiegato la tecnica NIRS come gold standard. In ogni studio, i campioni di colostro che presentavano contaminazione ematica erano esclusi. La prevalenza di colostro di buona qualità (IgG > 50 g/L) variava tra il 67.3 ed il 92.3% all’interno delle aziende campionate, con media del 78.8%. Nell’analisi della specificità e sensibilità del metodo Brix confrontato con metodiche RID e NIRS erano inserite alcune covariate ritenute in grado di influenzare il risultato (studio caso-controllo vs. studio di coorte, refrattometria ottica o digitale), successivamente non più considerate per l’ampia variabilità degli strumenti impiegati o per mancanza di studi caso-controllo/di coorte. Il test di Deeks per l’identificazione di bias di pubblicazione restituiva risultato negativo, per cui si escludevano distorsioni dei risultati di questo tipo.
La meta-analisi confermava che la valutazione con metodo Brix permetteva di classificare correttamente un colostro come di buona qualità quando la prevalenza complessiva nella stalla di colostri con tenore IgG > 50 g/L era concorde con quanto riportato mediamente in bibliografia (attorno all’80%). In questo caso, solo il 10% dei campioni classificati come di scarsa qualità, era un falso negativo (ossia aveva comunque tenore in IgG > 50 g/L).
Se la prevalenza in stalla di colostro di buona qualità era superiore, ossia oltre l’80%, la probabilità di considerare scarso con metodo Brix (punteggio < 22%) un colostro invece buono secondo metodo RID/NIRS saliva al 47.2%. In questo caso, l’impiego di un cutoff Brix < 18% per scartare colostro di cattiva qualità comportava la riduzione dei falsi negativi al 22.7%.
Dai risultati emerge che un punteggio di 22% sulla scala Brix può essere impiegato per la selezione di colostro di buona qualità; tuttavia, se la qualità media dei campioni di colostro dell’azienda è buona oltre l’80% dei casi, una parte considerevole di colostro di buona qualità rischia di essere scartato per errore (nel 47.2% dei casi). Di conseguenza, in queste aziende sarebbe opportuno impiegare un cutoff del 18% su scala Brix per ridurre la probabilità di scartare colostro di buona qualità al 20-25%.
Un protocollo razionale di gestione del colostro potrebbe essere rappresentato dal seguente:
- Punteggio < 18% su scala Brix: scarsa qualità
- Punteggio ≥ 22% su scala Brix: ottima qualità
- Punteggio compreso tra 18 e 22% su scala Brix: somministrabile insieme a supplementi o sostitutivi (colostro congelato, prodotti da ricostituire…)
Aumentare la quantità somministrata al vitello potrebbe rappresentare una seconda strategia per assicurare comunque l’assorbimento di 200 g di immunoglobuline; tuttavia, il calcolo del volume esatto sarebbe difficile data la difficoltà di misurare con precisione, in campo, il tenore di IgG del campione.
A causa del numero di studi insufficiente non è stato possibile analizzare l’influenza di fattori quali razza, ordine di parto, trattamento termico, tipo di refrattometro impiegato, colore del colostro ecc. sulla classificazione del campione, per cui sarebbero necessari ulteriori studi che forniscano anche questo tipo di dati. Ciò permetterebbe una stima più accurata della sensibilità e della specificità del metodo refrattometrico nella valutazione di un campione di colostro.
Diagnostic accuracy of refractometry for assessing bovine colostrum quality: a systematic review and meta-analysis.
Buczinski S and Vandeweerd JM.
Dairy Sci. 99:7381-7394