Ruolo di foraggi e concentrati nello sviluppo del tratto gastroenterico e del comportamento ruminativo
La capacità di stimolazione degli AGV (acidi grassi volatili) sulla crescita dell’epitelio ruminale (butirrato > acetato > propionato) segue l’ordine in cui gli stessi sono preferenzialmente metabolizzati dalla parete dell’organo. Il butirrato è considerato il principale AGV per lo sviluppo dell’epitelio del rumine e di conseguenza i mangimi starter a base di granelle sono le tipologie di alimento maggiormente raccomandate per l’alimentazione dei vitelli. Nel tempo sono state sviluppate tecnologie in grado di migliorare la digeribilità dell’amido nelle granelle (macinazione, fioccatura…), ma a ciò fa seguito l’incremento delle concentrazioni di acido lattico con diminuzione del pH, riduzione della popolazione microbica (Greenwood et al., 1997) ed inibizione dello sviluppo della mucosa ruminale (Suarex et al., 2006b). Castell et al. (2013) hanno osservato aumento dell’espressione genica per l’isoforma 1 della proteina trasportatrice dei mono-carbossilati (MCT1, coinvolta nell’assorbimento ruminale di lattato, acetato e protoni) in vitelli alimentati con foraggio. Di conseguenza, sembrerebbe che lo sviluppo ruminale siano influenzati sia dalla somministrazione di concentrati sia di foraggi; questi ultimi avrebbero effetti benefici sull’adattamento fisico e strutturale del rumine e la capacità di mitigare le conseguenze dell’assunzione dei concentrati quali acidosi, depressione dell’ingestione, paracheratosi delle papille, enterite( Laarman e Oba, 2011; Penner et al., 2011).
La ruminazione è definita come il processo di rigurgito di cibo ingerito dal rumine-reticolo al cavo orale dove il bolo è masticato, mescolato con saliva e di nuovo deglutito. Lo sviluppo del comportamento ruminativo nei vitelli è influenzato dall’età e dall’ingestione di cibo solido. I giovani ruminanti possono mostrare i primi segni di ruminazione anche a 3 settimane di vita (Khan et al., 2008), mentre lo sviluppo di contrazioni bifasiche nel rumine è stato individuato da Asai (1973) in vitelli di 6-8 settimane. Il tempo trascorso a ruminare sembra raggiungere le 5ore/giorno (Hepola et al., 2008), con ruminazione più frequente e persistente nei vitelli allevati in gruppo che in quelli isolati (Phillips, 2004).
Porter et al. (2007) hanno dimostrato che con la somministrazione di alimento starter “texturizzato” (costituito da un mix di granella intera, macinata grossolanamente, spezzata e pellet) le vitelle trascorrevano il 21% del loro tempo a ruminare, iniziando a 4 settimane mentre quelle cui era offerto mangime starter pellettato impiegavano solo il 9% della giornata e dopo le 6 settimane di età. Sfortunatamente in letteratura la descrizione di mangime “texturizzato” è insufficiente a chiarire quali caratteristiche di tale tipologia di alimento abbiano effetto positivo. Ackeren et al. (2009) hanno comparato la risposta ruminativa di due gruppi di vitelle alimentate con TMR (total mixed ration) a basso (26.2% NDF) o alto (31.3% NDF) contenuto di fibra; il secondo gruppo trascorreva ruminando 7.5 ore/giorno contro le 2 ore/giorno del primo.
Accrescimento e performance delle vitelle
Differenze delle proprietà fisico-chimiche di mais, orzo, avena e grano potrebbero influire sulla digestione enzimatica degli amidi. Hill et al. (2008b) hanno riscontrato una riduzione di circa il 10-14% dell’accrescimento post-svezzamento in vitelle alimentate con mangimi starter nei quali il mais era sostituito con melasso, saccarosio o buccette di soia. Per quanto riguarda la quota proteica, è generalmente raccomandato (NRC, 2001) un tenore di proteina grezza del 18% nei mangimi starter per vitelli. Ma la sostituzione della farina di soia quale fonte proteica comporta un accrescimento minore per la presenza di fattori anti-nutrizionali, profilo amminoacidico di qualità inferiore e diminuzione dell’appetibilità. Il contenuto lipidico dei mangimi più diffusi si attesta attorno al 3-4%; tenori più elevati sono associati a minore assunzione e crescita insoddisfacente. Tuttavia Hill et al. (2009) hanno riportato aumentato accrescimento e migliore efficienza alimentare quando a mangimi a base di farina di soia e di mais era aggiunta una quota di lipidi rumino-protetti. Anche la dimensione dei componenti del mangime sembra influenzare le preferenze dei vitelli. Bateman et al. (2009) hanno osservato minore assunzione quando l’alimento si presentava in forma molto fine; Porter et al. (2007) e Hill et al. (2008a) suggeriscono una dimensione minima di 1190 µm per almeno il 75% delle particelle componenti gli starter.
Nel ventennio passato non era raccomandato somministrare foraggio alle vitelle durante il periodo di svezzamento. Nella maggior parte delle aziende da latte si fornisce mangime starter ad libitum ma con scarso o nullo accesso ai foraggi; dopo lo svezzamento gli animali devono abituarsi all’opposto, ossia a foraggio in abbondanza e accesso limitato ai concentrati. Khan et al. (2012) hanno osservato riluttanza a consumare foraggio in manze alimentate, prima dello svezzamento, con soli mangimi, in confronto a manze cui erano offerti sia foraggi sia concentrati. Anche vitelle allevate individualmente tendono ad ingerire quantità minori di foraggi. La “neofobia” per il cibo (avversione ad assaggiare un alimento sconosciuto) è un fenomeno ben noto nei ruminanti (Chapple and Lynch, 1986). L’allevamento in gruppo e la facilitazione sociale possono avere effetto positivo sul consumo di foraggio e di alimento solido in generale (de Paula Vieira et al. 2010, 2012). Khan et al. (2012) riportano maggiori accrescimento, altezza, capacità di ingestione e minore volume dell’addome in manze alimentate con mangime starter e fieno prima dello svezzamento. Castells et al. (2012) affermano che fornire alle vitelle fieno d’erba tagliato o insilato d’erba aumentava accrescimento ed ingestione ma senza inficiare la digeribilità dei nutrienti o la capacità di conversione dell’alimento. Al tempo stesso, foraggi poco digeribili o eccessivamente appetibili potrebbero deprimere la capacità di ingestione e indirettamente anche il tasso di accrescimento giornaliero. Infine, l’accesso al foraggio riduce la frequenza di comportamenti anomali e stereotipie, come leccamento dei secchi, dei box o le vocalizzazioni (Phillips, 2004).
Conclusioni
Sebbene negli anni passati fosse sconsigliato somministrare foraggio alle vitelle a causa della minore densità energetica e della convinzione che quest’ultimo inducesse minore assunzione di concentrato, le attuali conoscenze sembrano suggerire che l’accesso al foraggio non necessariamente deprime il consumo di mangime. La supplementazione di foraggio permette di tamponare il pH prestomacale e di stimolare la ruminazione e la salivazione.
Offrire maggiori quantità di latte (esempio: 20% del peso vivo o circa 8 litri al giorno in vitelle Holstein) e adottare un protocollo di svezzamento graduale potrebbe migliorare l’efficienza alimentare, ridurre l’incidenza di alcune malattie (alterazioni della parete ruminale e predisposizione a dismetabolismi) nonché migliorare il benessere degli animali tramite l’espressione di comportamenti naturali. Tutto ciò potrebbe tradursi in performance migliore negli animali adulti, con indubbio beneficio economico nel lungo termine.
Invited review. Transitioning from milk to solid feed in dairy heifers
Khan M.A. et al.
J Dairy Sci. 99:885-902
Doi: http://dx.doi.org/10.3168/jds.2015-9975