Da una indagine condotta in UK risulta che la “distocia” è percepita come uno tra gli eventi più dolorosi per la bovina da latte (Huxley and Whay, 2006).  Nella trasformazione da un sistema di allevamento tradizionale ad uno intensivo e di precisione si tende a prestare minore attenzione allo stress ed al dolore che conseguono alla distocia nel singolo animale. Garry (2004) afferma che nelle stalle da latte in USA il benessere delle bovine che hanno presentato distocia è quasi del tutto trascurato. Alcuni Paesi scandinavi hanno proibito l’utilizzo di razze “a doppia groppa” e ristretto l’impiego dei mezzi meccanici per la trazione del vitello ai soli Medici Veterinari (H. Gustafsson e O. Reksen, comunicazione personale). Sebbene gli allevatori considerino come distocici i parti che richiedono assistenza, anche quelli che necessitano di una trazione lieve e di breve durata sono associati a produzione e fertilità ridotti.

Questa review intende fornire una definizione di “distocia”, puntualizzandone la prevalenza attuale, i trend temporali e i fattori di rischio.

Definizione di distocia

Dal momento della presentazione dell’amnios, la seconda fase del parto eutocico ha una durata compresa tra 30 minuti e 4 ore con una media di 70 minuti; le primipare generalmente impiegano un tempo maggiore. Può essere definita come distocia la difficoltà che risulta da un parto spontaneo ma prolungato oppure assistito. Nel tentativo di categorizzare i gradi di distocia sono state create diverse scale di punteggio ma in alcuni paesi viene misurata la “facilità”, in altri la “difficoltà” del parto stesso.

Le scale di punteggio variano da zero a due punti (Bar-Anan et al., 1987) o ad un massimo di sette (McClintock, 2004); quelle maggiormente utilizzate considerano come “parto assistito” l’evento cui sono attribuiti più di due punti e “parto difficoltoso” quello oltre i tre. In Irlanda sono impiegati quattro gradi: nessuna assistenza, assistenza moderata, assistenza intensa e assistenza veterinaria. Questo sistema mostra una buona correlazione con la forza necessaria per la trazione del vitello (Colburn et al., 1997).

Nell’allevamento ovino è stata posta grande attenzione alla selezione di razze con ottima facilità al parto attraverso l’eliminazione dei soggetti che richiedevano assistenza. Nell’allevamento bovino sarebbe prima necessario uniformare il sistema di punteggio degli eventi distocici.

Conseguenze della distocia

Dobson et al. (2001) hanno osservato ritardata involuzione uterina ed irregolare attività luteale nel postparto di bovine che avevano presentato distocia. Sono riportati ulteriori effetti sull’intervallo parto-primo estro, parto-prima inseminazione e numero di inseminazioni per gravidanza (Fourichon et al., 2000). Alcuni Autori (McClintock, 2004; Lombard et al., 2007) correlano la distocia con la necessità di riforma, con l’occorrenza di ritenzione delle membrane fetali, metrite, mastite e  patologie respiratorie o digestive sia nella madre sia nel vitello. Se nel costo del singolo evento distocico sono incluse anche le sue conseguenze, le perdite totali sono quattro volte maggiori rispetto al costo della sola terapia (Oltenacu et al., 1988).

Prevalenza attuale

Eccetto che per gli USA, la prevalenza attuale della distocia tra allevamenti con genetica simile varia tra 2 e 7%. Nel 2005 in Irlanda il 5.5% dei parti è stato considerato distocico (3.6%: difficoltà severa; 1.9% assistenza veterinaria) mentre il 21.6% ha richiesto una assistenza moderata. Nonostante la prevalenza di distocia sembri essere esigua a livello internazionale, la richiesta di  una assistenza moderata può variare dal 10% al 50% (Hansen et al., 2004; Heringstad et al., 2007). La distribuzione degli aventi distocici non è uniforme tra gli allevamenti: generalmente si osserva bassa prevalenza nella maggioranza di questi ultimi mentre una minoranza riporta prevalenza maggiore. Di conseguenza la ricerca ed i programmi di controllo delle distocie dovrebbero prestare maggiore attenzione ai fattori di rischio quantitativi nelle aziende appartenenti al quartile superiore.

Trend temporali

In base ai dati attualmente disponibili si può affermare che il trend fenotipico (risultato della combinazione di fattori genetici ed ambientali) è in aumento in Canada, Svezia ed USA, è costante in Australia e Norvegia (McClintock, comunicazione personale; Heringstad et al., 2007) ed in diminuzione in Irlanda. Fatehi et al. (2006) riportano un andamento costante per il trend genotipico (influenzato solo da fattori genetici o desunto dal breeding value dell’animale) nelle vacche ed una sua diminuzione nelle manze.

L’ereditabilità diretta e materna della facilità di parto varia tra lo 0.02 e lo 0.09 e tra 0.02 e 0.06, rispettivamente. In Irlanda l’indice che stima il valore economico del riproduttore è composto per il 7% dal “calving sub-index” (grado di distocia diretto e di origine materna, gestazione e mortalità neonatale nelle prime 24 ore). Ciò dimostra che è possibile ridurre il trend genetico per la distocia tramite la selezione.

Tipi di distocia

La distocia si verifica quando uno o più dei tre fattori che influenzano il parto sono anomali (forze espulsive, canale del parto, dimensioni e posizionamento del feto). Tra le cause primarie ritroviamo la disproporzione feto-pelvica (FPD: feto-pelvic disproportion), posizionamenti anomali del feto, inerzia uterina, stenosi cervicale o vulvare e torsione uterina. Le secondarie includono la durata della gestazione, le dimensioni eccessive del feto o insufficienti del canale del parto, ipocalcemia, ipomagnesiemia e stress della madre; tra le terziarie si considerano il sesso del feto, feti multipli, anomalie fetali, il toro utilizzato ed infine la razza, l’ordine di parto, pregresse distocie della madre, l’età, la stagione, il tipo di alimentazione, la possibilità di movimento, patologie intercorrenti e interazioni tra questi fattori.

Nelle primipare le cause più frequenti di distocia comprendono FPD, posizionamento anomalo del feto e stenosi vulvare. Nelle pluripare è più frequente riscontrare anomalie di posizionamento, FPD, feti multipli, inerzia uterina, torsione dell’utero e stenosi della cervice. Generalmente le primipare sono tre volte più a rischio rispetto alle pluripare (Meyer et al., 2001)

Fattori di rischio

Le dimensioni del feto e i diametri pelvici della madre sono responsabili del 50% e del 5-10% rispettivamente della variabilità fenotipica di distocia. Una durata della gestazione al di sotto dei 265 giorni, come oltre i 285, è associata a distocia e mortalità neonatale nelle primipare. Il rischio aumenta del 13% per ogni Kg di peso alla nascita del vitello oltre la norma (Johanson e Berger, 2003). Per la Holstein il limite viene stimato tra i 42 ed i 45Kg (Menissier e Foulley, 1979). La genetica può influenzare fino al 60% il peso del vitello alla nascita, sebbene l’ereditabilità del rischio di distocia sia basso (2-10%). Alcuni Autori imputano l’incremento degli eventi distocici nelle popolazioni europee di bovine da latte all’introduzioni di genetica Holstein USA, sebbene non sia provato che le bovine più produttive siano maggiormente a rischio. L’incrocio con altre razze da latte come la Rossa Norvegese (Buckley e Dillon, 2004), la Brown Swiss e la Rossa Scandinava (Heins et al., 2006) sembra diminuire la frequenza delle distocie nella Frisona. Al contrario, Adamec er al. (2006) ha riscontrato un incremento di 0.30 – 0.42% del rischio di distocia per ogni punto percentuale in più nell’indice di inbreeding nelle primipare Holstein USA.

Un BCS (body condition score) eccessivo o insufficiente può essere un fattore di rischio per la distocia nelle primipare Holstein. Nel primo caso si assiste a deposizione di adipe nel canale del parto ed incremento del peso del feto; nel secondo si osservano riduzione di peso sia nelle membrane fetali sia nel feto stesso, inerzia uterina e ritardato rilassamento dei legamenti pelvici. Il BCS raccomandato dal Ministero Irlandese dell’Agricoltura per le primipare al parto è di 2.75-3.00 su una scala da 0 a 5 ed una età di circa 24 mesi, per un peso compreso tra i 540 ed i 570 Kg. Manze Holstein al di sotto dei 260 Kg di peso al primo servizio, così come oltre i 360 Kg sono maggiormente a rischio di distocia al parto successivo: il Ministero Irlandese dell’Agricoltura raccomanda di inseminare per la prima volta le manze Holstein a 325-350 Kg di peso ad una età di 15 mesi, quando si suppone abbiano raggiunto il 55-65% del peso da adulte.

McClintock (2004) riporta un incremento del peso del feto e del rischio di distocia quando le madri erano sottoposte a clima rigido (da -5 a -10°C) nell’ultimo trimestre di gravidanza: le basse temperature favorirebbero l’ingestione di sostanza secca con aumento del flusso ematico tiroideo ed uterino, maggiori concentrazioni di ormoni tiroidei e diminuzione degli estrogeni circolanti.

Tra le anomalie di presentazione, posizione ed atteggiamento del feto le più frequenti sono la presentazione posteriore con atteggiamento scorretto, le anomalie nell’atteggiamento degli arti anteriori, ed  infine anomalie nell’atteggiamento in presentazione craniale, in questo ordine. La maggior parte delle distocie nelle primipare è dovuta a posizionamenti scorretti del feto (20-40% di tutti i casi di distocia). L’ereditabilità  e la ripetibilità del malposizionamento del feto sono scarse, se non nulle (Holland et al., 1993).

I fattori di rischio più importanti per le ovulazioni multiple sono parto gemellare pregresso, ordine di parto (rischio tre volte maggiore nelle pluripare), stagione, mandria, ingestione di sostanza secca ed alta produttività. La gemellarità, soprattutto se unicornuale, favorisce posizioni ed atteggiamenti scorretti nei feti.

L’inerzia uterina, che si verifica quando la cervice è adeguatamente dilatata ma le contrazioni del miometrio sono insufficienti per espellere il feto, è responsabile del 10% delle distocie soprattutto nelle pluripare (Sloss e Dufty, 1980). La lipomobilizzazione può ridurre la disponibilità di calcio e magnesio prolungando la fase seconda del parto. Anche l’età, la mancanza di esercizio, la debilitazione, l’iposelenemia (Mee, 2004b), il malposizionamento e la gemellarità possono condizionare l’insorgenza di inerzia uterina. La movimentazione delle partorienti durante la fase uno del parto si associa a maggior rischio di distocia: la liberazione di adrenalina e cortisolo ostacola il rilassamento e la dilatazione del canale del parto e le successive contrazioni uterine (Carrier et al., 2006).

La dilatazione incompleta della cervice è più frequente nelle pluripare mentre la stenosi vulvare è più comune nelle primipare. Queste condizioni sono associate a ridotto spazio a disposizione nella sala parto, stress della partoriente, assistenza troppo precoce, asincronia ormonale e parto prematuro. Una assistenza troppo tempestiva, dopo meno di un’ora dalla comparsa degli unghioni del vitello dalla rima vulvare, è associata a sindrome della vacca a terra e a diminuita vitalità del neonato. Al contrario, se l’intervento tarda oltre le due ore il rischio di iperlattatemia nel vitello è aumentato. Una buona strategia per migliorare la vitalità neonatale consiste nel monitorare la progressione del parto ed adottare la regola del “due piedi, due ore” secondo la quale l’assistenza è consigliata se gli arti del feto sono visibili da due ore, specialmente nelle primipare.

Soprattutto nelle pluripare, la torsione dell’utero è responsabile del 5% delle distocie (Frazer et al., 1996). I fattori di rischio sono rappresentati da eccessivi movimenti del feto, lassità dei legamenti uterini, addome profondo in alcune razze, sesso e dimensioni del feto e debilitazione della madre.

 Conclusioni

La riduzione delle distocie può essere ottenuta tramite selezione genetica, controllo dell’accrescimento delle manze, gestione del periparto e prevenzione nelle stalle con alta prevalenza. Le ricerche future dovrebbero tendere ad individuare marcatori genetici per la facilità di parto ed allo sviluppo di sistemi di allarme parto/distocia, nonché di protocolli per la gestione del dolore nelle vacche in periparto. La standardizzazione del sistema di valutazione della distocia potrebbe essere di supporto nella comparazione dei dati di mandrie differenti.

 

Prevalence and risk factors for dystocia in dairy cattle: A review.

  1. F. Mee

The Veterinary Journal 176 (2008) 93-101

doi:10.1016/j.tvjl.2007.12.032