La metrite acuta puerperale nelle bovine è caratterizzata da perdite vaginali rosso-brunastre maleodoranti e temperatura rettale superiore a 39.5° C entro i primi 21 giorni dal parto. A queste manifestazioni si associano segni di malattia sistemica, peggioramento della performance riproduttiva ed incremento del rischio di riforma ad inizio lattazione. Non va dimenticato che la metrite puerperale è una patologia dolorosa: le manifestazioni algiche sono particolarmente evidenti durante la visita ginecologica e la palpazione transrettale dell’utero per cui è necessario affrontare anche questo aspetto per il rispetto del benessere animale.
Nell’utero delle bovine con metrite puerperale acuta si rinvengono batteri aerobi ed anerobi quali escherichia coli, Trueperella pyogenes, Prevotella spp., Fusobacterium necrophorum, Fusobacterium nucleatum, Mannheimia haemolytica, Staphylococcus spp., Streptococcus spp. Vista la popolazione disomogenea, si comprende la necessità di antimicrobici ad ampio spettro: la classe più impiegata è rappresentata da cefalosporine, anche in ragione del tempo di sospensione assente per il latte. Al tempo stesso, le cefalosporine di terza generazione rappresentano un presidio terapeutico fondamentale per il trattamento di alcune infezioni in campo umano, per cui l’uso ripetuto in animali produttori di alimenti è sospettato di indurre aumento delle resistenze. La valutazione di protocolli terapeutici alternativi è quindi auspicata.
In un trial clinico condotto su 1023 vacche, McLaughlin et al. (2012) ha dimostrato che il 55.3% delle bovine con metrite acuta puerperale che non ricevevano alcun trattamento, andavano comunque incontro a guarigione, rispetto al gruppo di controllo normalmente trattato (due dosi di ceftiofur long acting) che mostrava una percentuale di risoluzione del 74.3%. Questi risultati indicano che più della metà delle bovine affette nel gruppo controllo sarebbero comunque guarite spontaneamente. Sannmann et al. (2013) non hanno riscontrato differenze nel tasso di guarigione, nella produzione lattea, nelle concentrazioni sieriche di aptoglobina e involuzione dell’utero quando le bovine con metrite acuta puerperale non erano trattate per i primi 5 giorni dopo il parto. In ogni caso, il benessere animale deve essere considerato quando si decide di non trattare gli animali affetti, in relazione al dolore viscerale e ai segni di malattia sistemica. I farmaci antinfiammatori non steroidei possiedono attività analgesica, antinfiammatoria, antipiretica ed antiendotossica, per cui potrebbero essere di supporto nel migliorare le condizioni generali delle bovine affette. Il ketoprofene in particolare è caratterizzato da tempo di sospensione nullo per il latte, per cui potrebbe rappresentare un presidio interessante nel trattamento delle bovine da latte.
L’obiettivo di questo studio è stato valutare l’efficacia di un trattamento con solo ketoprofene in bovine da latte affette da metrite puerperale acuta, rispetto al trattamento con ceftiofur. I parametri impiegati per valutare i risultati della terapia sono stati rappresentati da: scolo vaginale purulento tra 21 e 40 giorni dopo il parto, produzione lattea nei primi 3 controlli funzionali mensili, indicatori di fertilità (parto-prima inseminazione, rischio di gravidanza alla prima inseminazione, parto-concepimento). Lo studio multicentrico randomizzato è stato condotto in 6 stalle commerciali ed ha coinvolto 610 bovine. Nelle diverse aziende era osservato un periodo di attesa volontario di 40 giorni, dopodiché le bovine viste in estro erano inseminate tramite FA oppure erano inserite in un programma di sincronizzazione Presynch-Ovsynch. Gli animali erano sottoposti a misurazione della temperatura quotidianamente. I criteri di inclusione nello studio erano rappresentati da temperature rettale superiore a 39-5°C e scolo vaginale rosso-brunastro maleodorante. Degli animali individuati, 300 erano assegnati casualmente al gruppo ketoprofene (3 mg/kg di peso vivo) e 310 al gruppo controllo (ceftiofur, 1 mg/kg di peso vivo) per 3 giorni dopo l’individuazione della patologia (considerato giorno 1). Le bovine che dopo questo trattamento iniziale mostravano ancora segni di metrite puerperale erano sottoposte ad ulteriore terapia: 2 giorni addizionali di ceftiofur per il gruppo controllo e 3 giorni di ceftiofur per il gruppo ketoprofene. La mancata necessità di ricevere il trattamento addizionale era considerata indicativa di guarigione. Infine, tra 21 e 40 giorni di lattazione le bovine erano esaminate per l’individuazione di ulteriori perdite vaginali purulente, indicative di endometrite. Il follow-up era registrato per almeno 200 giorni dopo il parto.
L’incidenza della metrite puerperale nelle stalle aderenti allo studio era in media del 16.6%, con un range da 7.2% a 38.1%. Le bovine trattate con ketoprofene erano 3.43 volte più a rischio di avere bisogno del trattamento addizionale con ceftiofur rispetto al gruppo controllo. Le multipare avevano un rischio di minore (odds ratio: 0.60) di necessitare della terapia addizionale, rispetto alle primipare.
L’appartenenza ad un gruppo di trattamento piuttosto che all’altro non influenzava la produzione lattea, né l’intervallo parto-prima fecondazione e parto-concepimento o la comparsa di endometrite, ma gli animali che necessitavano di terapia addizionale erano 2.13 volte più a rischio di contrarre endometrite. Infine, partorire nella stagione calda incrementava il rischio di endometrite di 1.66 volte. L’appartenenza al gruppo di trattamento non influenzava il rischio di gravidanza alla prima FA. L‘ordine di parto, invece, era associato a tale parametro: le bovine multipare erano 0.54 volte meno a rischio di divenire gravide alla prima FA rispetto alle primipare. Gli animali trattati con ketoprofene ricevevano in media 4.83 ± 1.47 trattamenti (ossia 3 iniziali con ketoprofene ed eventualmente 3 dosi addizionali di ceftiofur), mentre quelle trattate fin dall’inizio con ceftiofur erano sottoposte in media a 3.63 ± 0.93 interventi (ossia 3 dosi iniziali di ceftiofur e, se necessarie, altre 2 con lo stesso farmaco). Analizzando il dato tenendo conto solamente delle somministrazioni di antibiotico, però, risultava che le bovine trattate con ketoprofene e poi eventualmente con ceftiofur ricevevano in media 1.83 ± 1.47 dosi di antimicrobico, rispetto alle 3.63 ± 0.93 dosi di ceftiofur del gruppo controllo e tale differenza era statisticamente significativa (P < 0.001).
Le bovine trattate con ketoprofene, quindi, erano sì più a rischio di avere bisogno di una terapia addizionale con antimicrobico, ma nel complesso questo gruppo necessitava di una minore quantità di prodotto antibiotico. Il dato è interessante, vista la necessità di ridurre l’impiego di molecole antimicrobiche negli animali produttori di alimenti per l’uomo. Inoltre, se da un lato è vero che le bovine trattate con solo ketoprofene erano poi più rischio di endometrite, i dati complessivi sulla fertilità dei due gruppi non evidenziavano differenze circa l’intervallo parto-prima fecondazione, parto concepimento o produzione lattea. Ciò indicherebbe che la terapia con solo ketoprofene non ha impatto negativo sulla fertilità degli animali, così come sulla performance produttiva.
Nessuno studio, comunque, ha analizzato l’efficacia del trattamento con soli farmaci antinfiammatori non steroidei nell’attenuare il dolore viscerale in corso di metrite puerperale e per ora si può solo ipotizzare che il ketoprofene sia in grado di dare sollievo all’animale.
In conclusione, le bovine del gruppo ketoprofene erano inizialmente più a rischio di contrarre endometrite ma le performance produttiva e riproduttiva non differivano tra gruppi. Inoltre, la necessità di una quantità minore di antimicrobici in questo gruppo indica la potenzialità di questo protocollo nel ridurre l’impiego di antibiotici in animali produttori di alimenti per l’uomo. Tuttavia, questo protocollo richiede più interventi per singolo animale.
Randomized, controlled clinical trial on the efficacy of nonsteroidal antiinflammatory drugs for the treatment of acute puerperal metritis in dairy cows.
Pohl A. et al.
Dairy Sci. 99:8241–8249
http://dx.doi.org/10.3168/jds.2015-10775