Endotossine e malattie del periparto
Mastite
La mastite, definita come una infezione della mammella causata sia da batteri gram-positivi sia gram-negativi, è una delle patologie che maggiormente colpiscono le bovine da latte causando perdite economiche enormi. A differenza di molti altri epiteli (epitelio del tratto gastroenterico, ad esempio), l’epitelio mammario non è normalmente esposto a componenti di origine batterica. Le cellule epiteliali mammarie ad ogni modo esprimono recettori toll-like (TLR) di tipo 2 e 4 che possono legare sia i lipopolisaccaridi (LPS) che gli acidi lipoteicoici (LTA); l’espressione di questi recettori è aumentata in corso di mastite. L’attivazione dei TLR induce la produzione e la liberazione di chemochine quali la interleuchina di tipo 8 (IL-8), responsabile della migrazione in sede dei neutrofili. Se trattate con LPS di Staphylococcus aureus, le cellule epiteliali mammarie possono anche fattore di necrosi tumorale TNF-α, mediatore dell’infiammazione.
In corso di endotossiemia sistemica la capacità di migrazione leucocitaria può essere danneggiata o ritardata per effetti negativi delle endotossine sulle cellule immunitarie; ciò potrebbe rendere le bovine più suscettibili alle infezioni mammarie in caso di contaminazione della ghiandola. L’endotossiemia è associata a rilascio di neutrofili dalle riserve presenti nel midollo osseo; tuttavia è stato riportato che tale condizione si accompagna anche a inibizione della capacità dei neutrofili di migrare dalla circolazione ematica ai tessuti. Appunto questo fenomeno potrebbe rendere inefficace la risposta immunitaria in corso di infezione della mammella.
Va considerato, poi, che la maggior parte delle perdite associate a mastite sono causate dalla distruzione del tessuto secernente. Il danno tissutale può essere indotto dalle popolazioni batteriche in maniera diretta, ad esempio da enzimi proteolitici prodotti da E. coli, oppure da tossine liberate da S. aureus, in grado di portare a necrosi il parenchima mammario.
Ritenzione delle membrane fetali
L’eziologia della ritenzione delle membrane fetali (RFM), definita come la mancata espulsione degli invogli a 24 ore dal parto, è comunemente associata a disfunzione della risposta immunitaria. La reazione immune alle membrane fetali è di fondamentale importanza per ila distruzione delle connessioni tra cotiledoni e caruncole a livello dell’unità feto-materna. E’ stata riportata una minore concentrazione di IL-8 nel plasma di bovine che sviluppavano RFM, probabilmente a significare una riduzione delle capacità di reclutamento dei neutrofili nei placentomi. Nelle bovine con RFM si è anche osservato che i neutrofili prelevati ex vivo presentavano ridotta attività ossidativa.
In uno studio è stata riportata un significativa maggiore incidenza di RFM in bovine che erano trattate per 3 settimane prima del parto previsto con somministrazione parenterale di LPS. Probabilmente l’esposizione ai LPS prima del parto può aver indotto tolleranza nei confronti delle endotossine. Da un lato, ciò può rappresentare un vantaggio in quanto il passaggio da una risposta immune di tipo innato ad una di tipo adattativo potrebbe favorire una più rapida rimozione dal circolo delle endotossine, senza esitare in una sindrome da insufficienza multiorgano. Dall’altro, la presenza di neutrofili tolleranti potrebbe prevenire la risposta necessaria per la distruzione delle connessioni tra caruncole e cotiledoni, inducendo RFM. Tale ipotesi è supportata da studi sull’espressione genica nell’unità utero-placentare: è stata identificata una ridotta produzione di molecole per l’adesione leucocitaria e di citochine pro-infiammatorie associate alla risposta verso LPS (IL-1, Il-6, IL-8, TNF-α), negli animali con RFM.
Infine, la RFM contribuisce a sua volta allo sviluppo di infiammazioni e infezioni in ambiente uterino, in quanto le membrane ritenute rappresentano un ottimo terreno per lo sviluppo di popolazioni batteriche.
Metrite, endometrite ed infertilità
La metrite è definita come l’infiammazione di tutti gli strati che compongono la parete uterina, che compare entro i 21 giorni dal parto, con periodo di incidenza massima attorno ai 10 giorni dopo il termine della gravidanza. L’endometrite coinvolge solo l’endometrio ed è caratterizzata dalla perdita di materiale mucopurulento a partire da 21 giorni dopo il parto, con un’incidenza che può raggiungere anche il 20% nelle bovine da latte.
La presenza batterica e la flogosi prolungano la fase luteale del ciclo, e danneggiano la funzionalità ipotalamo-ipofisaria e la steroidogenesi ovarica. Le evidenze scientifiche dimostrano come l’effetto dei LPS o di altri tipi di endotossine sull’asse riproduttivo è sia locale sia sistemico. Alcuni Autori hanno riscontrato concentrazioni di LPS nel fluido follicolare di bovine con endometrite circa 2900 volte superiori rispetto ai controlli (176 ng/mL vs 0.06 ng/mL); si ipotizza quindi che le endotossine possano essere traslocate dall’utero al follicolo/corpo luteo e che qui possano esercitare effetti negativi. E’ stato successivamente dimostrato che i LPS possono inibire la produzione di estradiolo e progesterone nelle cellule della granulosa bovine. Le cellule endometriali della granulosa e del corpo luteo esprimono recettori TLR-2, TLR-4, CD-14 e MD-2, in grado di legare LPS e LTA; si suppone che l’attivazione di questi recettori possa mediare gli effetti negativi delle endotossine ed indurre l’espressione di citochine quali IL-6, IL-1β, IL-10, TNF-α, IL-8 ed altri mediatori della flogosi. Altro effetto dei LPS consiste nel prolungamento della fase luteale del ciclo tramite l’inibizione della produzione di prostaglandina PFG2α in favore della PGE2, con effetto antiluteolitico. Alle endotossine si attribuisce anche effetto antiovulatorio: in vitro è stata osservata inibizione della produzione di endrostenedione, uno dei precursori degli estrogeni, da parte del TNF-α. L’interruzione della sintesi di estrogeni inibisce il picco dell’LH necessario per l’ovulazione, favorendo così l’insorgenza di cisti ovariche. In uno studio in vivo, invece, è stata osservata attivazione dei follicoli primordiali nelle ovaie di bovine trattate con una infusione di LPS: gli Autori dell’esperimento ipotizzano che la presenza di endotossine circolanti possa ridurre la riserva follicolare ovarica, con conseguenze negative nel lungo termine sulla performance riproduttiva delle bovine.
Anche infezioni in siti diversi da quello uterino possono comportare l’ingresso di tossine nel circolo ematico ed avere effetti negativi in ambiente ovarico. L’induzione di mastite con componenti batteriche e tossine di E. coli e S. aureus è stata associata a diminuzione della produzione di estrogeni, androstenedione e progesterone del 40%, 13% e 35%, rispettivamente; è stata osservata anche diminuzione della percentuale di oociti che raggiungeva lo stadio embrionale di 2 e 4 cellule e di blastocisti dopo fecondazione e coltivazione in vitro, nel gruppo di oociti trattati con endotossine. Allo stesso modo, le bovine affette da laminite entro i 30 giorni dopo il parto erano 2.63 volte più a rischio di sviluppare anche cisti ovariche rispetto ai controlli sani e la presenza di laminite era correlata negativamente con il conception rate, in uno studio in vivo. Sebbene il legame tra laminite e le patologie ovariche non sia ben chiaro, si suppone che anche in questo caso le endotossine di origine batterica possano alterare l’asse ipotalamo-ipofisario ed avere effetti negativi sul tratto riproduttivo.
Invited review: role of bacterial endotoxins in the etiopathogenesis of periparturient diseases of transition dairy cows
Eckel E.F. and Ametaj B.N.
Dairy Sci. 99:5967-5990, 2016
DOI: http://dx.doi. Org/10.3168/jds.2015-10727